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Per non Dimenticare La Brigata Catanzaro

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La Brigata Catanzaro

Un Reggimento di calabresi alla Grande Guerra

 

“Ricorrendo i cento anni da un drammatico episodio della Grande Guerra, una pagina dolorosa della storia nazionale e della storia calabrese nel Novecento. Esattamente un secolo fa, sedici soldati della Brigata Catanzaro furono decimati per l’ammutinamento di cui si resero protagonisti nelle ore precedenti, e fucilati davanti al cimitero di Santa Maria La Longa (Udine). Un atto di rivolta nelle fila del Regio Esercito Italiano, stremato da anni di logoramento e sacrifici nelle trincee sul fronte tra Italia e Impero Austro-ungarico. Non spetta a noi il giudizio semmai agli storici di professione, seppure va rilevato che sia acceso il ricordo per i giovani di Jacurso che mai erano saliti su un treno, che mai avevano conosciuto le montagne che andavano a difendere, che mai avevano imbracato un fucile , che non sapevano cosa fosse la guerra e chi andavano ad ammazzare e perché.

Qualcuno di quei ragazzi di jacurso pose fine a quel viaggio in modo traumatico nella stazione di Salerno, altri finirono in campo di concentramento ,tanti non tornarono. Altri si arruolarono nell’esercito americano come il nostro soldato Ciliberto e tanti altri .  Non potendo diversamente ,riportiamo le  tante iniziative e tra queste quelle , a caso del  Comune di Aiello Calabro.

Della Prima Guerra Mondiale, per la quale la Calabria sacrificò oltre 20 mila morti su un totale di quasi 700 mila vittime, delle decimazioni della brigata, ma anche delle altre vicende della “Catanzaro” che ottenne anche due medaglie al valor militare (oro alla bandiera per il 141 e argento per il 142 per il comportamento valoroso che i soldati avevano tenuto tra il luglio 1915 e l’agosto 1916, per aver, per esempio, riconquistato monte Mosciagh, con le sole baionette contro il cannone, si parlerà ad Aiello Calabro il 24 agosto (piazza del Popolo, ore 18).

Saranno presenti gli storici dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea (Icsaic): Pantaleone Sergi, attuale presidente Icsaic, oltre che storico e giornalista, Vittorio Cappelli, direttore dell’Istituto e già docente di storia contemporanea, e Giuseppe Ferraro, ricercatore e membro della commissione scientifica del detto istituto. L’incontro, coordinato dal giornalista Bruno Pino, sarà aperto dai saluti del sindaco del comune, Franco Iacucci.

Qualche cenno storico

La Brigata Catanzaro, con i suoi reggimenti, 141 e 142, per lo più composta da soldati meridionali e calabresi in particolare, fu certamente una delle protagoniste del primo conflitto mondiale. La sua è una storia di grandi imprese e di fatti eroici, ma anche di episodi come l’ammutinamento di metà luglio del 1917, cagionato dalle estreme condizioni di continua trincea a cui furono sottoposti per lungo tempo i militi dai loro generali, episodio a cui seguì la fucilazione di diversi soldati.

 

Sarà l’occasione non solo per approfondire la storia della brigata, ma anche per accennare brevemente ai Caduti del luogo nel corso della Grande Guerra“.


Jacurso ai suoi caduti

il ricordo della Brigata Catanzaro e dei Ragazzi-Soldato di Jacurso nella Grande Guerra.

Incontro su centenario

La situazione politica europea precedente la guerra vedeva contrapposti due grandi blocchi, la “Triplice Alleanza” (con Germania, Austria-Ungheria e Italia) e la “Triplice Intesa” (con Francia, Inghilterra e Russia), ognuno formato da nazioni che covavano sentimenti di odio e di voglia di egemonia verso gli avversari dell’altro blocco.

La situazione era ormai pronta ad esplodere da un momento all’altro e l’occasione fu offerta dall’uccisione avvenuta il 28 giugno 1914 a Sarajevo del principe ereditario austriaco Francesco Ferdinando e della moglie per mano dello studente serbo Princip.

L’Austria accusò la Serbia di complicità nell’omicidio e le inviò un’ultimatum con condizioni inaccettabili, dopodichè il 28 luglio le dichiarò guerra. In aiuto della Serbia accorsero la Russia e la Francia , mentre la Germania si schierò a fianco dell’alleata Austria. Aveva così inizio il grande incendio che avrebbe divampato in Europa e nel mondo.

Allo scoppio della guerra, l’Italia si dichiarò neutrale e non prese parte al conflitto a fianco delle potenze della Triplice Alleanza. Nel paese si andarono formando due correnti: la “neutralista” e quella “interventista”; in tutte, però, era alto il desiderio di poter unire all’Italia i territori irredenti di Trento e di Trieste posseduti dall’atavico nemico che era l’Austria. La maggioranza degli italiani era più propensa alla neutralità perché riteneva che la pace era necessaria al paese per progredire ed inoltre si poteva arrivare ad ottenere il Trentino dall’Austria attraverso trattative diplomatiche. Gli interventisti, invece, sostenevano che soltanto partecipando attivamente avremmo potuto riscattarci ed avere ciò che ci spettava.

Antonio Salandra (Capo del Governo) e Sidney Sonnino (Ministro degli Esteri), mentre si preparava l’intervento, iniziarono degli approcci diplomatici sia con gli Imperi Centrali che con la Francia e l’Inghilterra allo scopo di ottenere promesse soddisfacenti per il completamento dei confini nazionali. Le trattative si conclusero nell’aprile 1915 con il Patto di Londra che impegnava l’Italia a dichiarare guerra all’Austria in cambio, a guerra finita, di notevoli compensi. Ma il Parlamento italiano era per la maggior parte neutralista tanto da costringere il Salandra, favorevole all’intervento, alle dimissioni. Gli interventisti, allora, organizzarono ovunque incandescenti dimostrazioni di piazza tanto che il Re, nella fiducia di interpretare la volontà della nazione, richiamò al governo il Salandra e dichiarò guerra all’Austria  (24 maggio 1915).

Tra le 25 brigate di nuova formazione ci fu appunto la Brigata Catanzaro , costituita dal 141° Reggimento di Fanteria e dal 142°. Il 14 gennaio 1915, presso il deposito del 48° Rgt. Fanteria, a Catanzaro Marina nasceva il 141° Reggimento Fanteria  Milizia Mobile, mentre il 142° si formò dal deposito del 19° Rgt. Fanteria, a Monteleone di Calabria (attuale Vibo Valentia).

Il 1° marzo 1915, la Brigata prese vita a Catanzaro Marina e da «Catanzaro» ne prese il nome. Ebbe assegnate come mostrine i colori rosso e nero, colori che stanno ad indicare “sangue e morte” e da essi sorse il motto, mai smentito, «Sanguinis mortisque colores gestamus: ubique victores» e cioè «Portiamo i colori del sangue e della morte: ovunque vincitori».

Il 141° Rgt. ebbe una prevalente fisionomia calabrese poiché calabresi erano la maggior parte degli elementi che lo costituivano. Questo reggimento, nato nell’imminenza della guerra, fu impegnato per oltre due anni sul fronte più duro, quello del Carso La sua vicenda di guerra, che ne vide la bandiera decorata di medaglia d’oro al valor militare già nella primavera del 1917, è segnata dalla drammatica pagina della rivolta di luglio di quell’anno, chiusa la quale i suoi fanti tornarono a battersi con il valore di sempre, al punto di meritare la citazione sul bollettino di guerra.

Adolfo Zamboni, glorioso ufficiale del 141° di origine ferrarese, nei suoi scritti decantò le doti umane e di combattenti dei calabresi per come egli stesso ebbe modo di conoscerli, ma non mancò di sottolineare le difficoltà che gli stessi riscontravano nei rapporti interpersonali.  Ne dipinse un profilo molto attento e preciso con frasi accorate che soprattutto oggi, che ancora si assiste ad una forma di razzismo strisciante e si sente parlare di “Repubbliche del Nord”, dovrebbero essere incise a lettere d’oro nelle menti di tutti gli italiani.


Piccoli, bruni, curvi sotto il peso del grave fardello, scesero alle stazioni delle retrovie e si incamminarono verso le colline Carsiche gli umili fantaccini della remota Calabria, la forte terra dalle montagne boscose e dai clivi fioriti dove pascolano a mille i placidi armenti. Chiamati lontano dalla Patria in armi, questi poveri figli di una regione abbandonata lasciarono le loro casette sperdute tra i monti, abbandonarono i campicelli e le famiglie quasi prive di risorse e vennero su nelle ricche contrade che il nemico mirava dall'alto, bramoso di conquista e di strage. Percorsero tutta la penisola verdeggiante e sostarono nelle trincee scavate nella roccia e bagnate di sangue.

Fieri e indomiti, cresciuti nella religione del dovere e del lavoro, i Calabresi non conobbero la viltà, non coltivarono nell’animo gagliardo il germe della fiacchezza: alla Patria in pericolo consacrarono tutta l’energia dei loro rudi cuori, tutto il vigore delle floride vite. Apparivano selvaggi, ed erano pieni d’affetti nobilissimi; sembravano diffidenti, ed aprivano tutto il loro animo a chi sapeva guadagnarsi il loro amore; all’ingenuità ed al candore quasi puerili univano il coraggio e la risolutezza dei forti. Un piccolo servigio, una cortesia usata loro, ve li rendeva fedeli fino ad affrontare per voi con indifferenza il pericolo.

I compagni d’arme delle regioni del Nord, dividendo un vecchio pregiudizio, per il quale i fratelli dell’Italia inferiore erano considerati alquanto retrogradi e selvaggi, guardarono da principio con una certa noncuranza sdegnosa quei soldatini dalla parlata tanto diversa e così schivi di convenzioni; «terra mata» e «terra da pipe» erano gli appellativi che talvolta scherzosamente venivano indirizzati ai modesti gregari nati e cresciuti nelle terre del meridione. Però, quando la fama incominciò a diffondersi e a divulgare il loro valore e la loro audacia; quando si videro quei forti campioni muovere decisamente e costantemente all’assalto sanguinoso di posizioni inespugnabili; quando infine seppe l’ecatombe offerta dal popolo dell’Italia negletta, allora in tutto il Paese nostro si levò una voce concorde di ammirazione e di plauso e si benedirono quelle coorti di giovani dalla salda fede e dal fervido entusiasmo”.


Numerosissime furono le località che videro in azione i Reggimenti della Brigata “Catanzaro”, ma, sicuramente, una menzione particolare la merita il Monte Mosciagh. Questo monte fu scenario di aspre lotte nelle quali la Brigata fu decimata, e legò indissolubilmente il proprio al nome del 141° dopo l’operazione del 27 maggio 1916. La stessa si svolse in un momento molto difficile del conflitto e  portò il 141° Fanteria agli onori della cronaca ed ebbe eco in tutta la nazione.

I nostri fanti recuperarono alcuni pezzi d’artiglieria da una posizione ancora tenuta dagli Austriaci sulla vetta della montagna, e dopo circa due ore di attacchi alla baionetta, riuscirono a cacciare definitivamente il nemico dalle posizioni iniziali conquistandone in definitiva anche l’armamento.

L’episodio meritò la seguente citazione sul Bollettino di Guerra del 29 maggio 1916 n.369  a firma del Gen. Cadorna:

“Sull’altopiano di Asiago, le nostre truppe occupano attualmente, affermandovisi, le postazioni a dominio della conca di Asiago. Un brillante contrattacco delle valorose fanterie del 141° reggimento (Brigata Catanzaro) liberò due batterie rimaste circondate sul M. Mosciagh, portandone completamente in salvo i pezzi”.

La cosa fu ripresa dalla stampa nazionale dell’epoca tanto da meritare la prima pagina sulla Domenica del Corriere che con una bella illustrazione di A. Beltrame fece conoscere all’Italia intera come “Un brillante contrattacco dei valorosi calabresi del 141° fanteria libera due batterie rimaste circondate sul monte Mosciagh”.

Da questo glorioso fatto d’arme il 141° ne trasse quello che da allora fu il suo motto: «Su Monte  Mosciagh la baionetta ricuperò il cannone».

Diversi mesi dopo, i soldati dei due reggimenti della Catanzaro furono protagonisti della più grave rivolta nell’esercito italiano durante il conflitto. Questo triste episodio si svolse a Santa Maria La Longa dove la brigata era stata acquartierata a partire dal 25 giugno 1917 per un periodo di riposo. La notizia di un nuovo reimpiego nelle trincee della prima linea fece, pian piano, montare quella che in poche ore sarebbe diventata una vera e propria rivolta. I comandi, avendo avuto notizia da informatori di quanto doveva accadere fecero infiltrare nei reparti alcuni carabinieri travestiti da fanti e si era disposta la dislocazione di più di cento carabinieri nelle immediate vicinanze. Alle ore 22 del 16 luglio 1917 iniziò il fuoco che durò tutta la notte. I caporioni di ogni reggimento assaltarono i militari dell’altro inducendo gli stessi ad ammutinarsi  e ad unirsi a loro. Molti caddero morti sotto il fuoco dei rivoltosi, altri ne rimasero feriti.

Appena il Comando d’Armata ebbe notizia di quanto stava avvenendo dispose le opportune contromisure inviando sul posto altri carabinieri su autocarri, quattro mitragliatrici, due autocannoni e con il preciso ordine di intervenire in modo fulmineo e con estremo rigore. La lotta durò tutta la notte e cessò all’alba dopo l’intervento degli ufficiali della brigata e dei carabinieri con mitragliatrici ma, soprattutto, dopo l’arrivo ed il posizionamento degli autocannoni. Sedici militari presi ancora con l’arma scottante furono immediatamente condannati alla fucilazione. A questi avrebbero dovuto aggiungersi altri 120 uomini, ma per limitare le fucilazioni si dispose di procedere al sorteggio del decimo di essi e, quindi, altri 12 si andarono ad aggiungersi alla lista. I 28 militari furono fucilati immediatamente nel cimitero di Santa Maria, alla presenza di due compagnie, una per ciascun reggimento.

Dopo questo spiacevole fatto, i fanti della Catanzaro intrapresero la loro marcia verso il fronte dove continuarono a battersi per il resto del conflitto con la grinta e la disciplina che avevano sempre dimostrato, tanto da ottenere una seconda citazione sul Bollettino di Guerra del 25 agosto 1917 nel quale si riportava che: “Sul Carso la lotta perdura intorno alle posizioni da noi conquistate, che il nemico tenta invano di ritoglierci. Negl’incessanti combattimenti si distinsero per arditezza e tenacia le Brigate Salerno (89° - 90°), Catanzaro (141° -142°) e Murge (259° e 260°)”.

Per oltre un anno il 141° ne rimase a presidiare la città, ospitato nella caserma “Oberdan”, fino a quando venne disciolto. Il 21 giugno 1920, nella caserma “Cernaia” di Torino, il cappellano militare Can. Chelli salutò con un appassionato discorso l’amata bandiera che i fanti baciarono ad uno ad uno, con le lacrime agli occhi. Il glorioso vessillo, adorno del più alto segno al valor militare, si inchinò l’ultima volta davanti alla tomba del Milite Ignoto e fu collocato “là dove si conservano le più fulgide reliquie della Patria”.

Lo scioglimento del Reggimento, però non cancellò il ricordo delle gesta dei suoi uomini, e lo stesso Duca d’Aosta ebbe modo qualche anno più tardi di dire: “… ho sempre nel cuore questa magnifica legione di prodi che dalla terra di Calabria trasse la tenacia e l’anima pugnace”.

A conclusione, è doveroso rivolgere l’ultimo ricordo all’impegno di tutti i calabresi di ogni arma e specialità che contribuirono in modo determinante alla vittoria finale. Nell’immane tragedia della Grande Guerra ne perirono 20.046. Fino all’anno 1923, le medaglie al valore militare individuali concesse ai calabresi ammontavano a 2.884, così distinte: 12 M .O., 980 M .A., 1.565 M .B., 8 croci militari di Savoia, 319 croci di guerra al valore; delle quali 1.711 a ufficiali e 1.173 a sottufficiali, graduati e militari di truppa.

Siamo i fanti rossi e neri, veterani nell'ardire che sui campi della Morte, conoscemmo ogni soffrire'. Così recita la prima strofa dell'inno della Catanzaro la Brigata dell'esercito italiano composta dai molti militari calabresi che valorosamente combattè la Prima Guerra Mondiale. Il Musmi, museo militare che si trova all'interno del Parco delle Biodiversità Mediterranea da oggi onora questi versi che sono incisi su un pannello commemorativo

Fonte  :Pubblicato su “Calabria Sconosciuta”, a cura di Giovanni Quaranta

 

 

 

 

 

Sergente  Serratore Giovambattista (Jacurso )-partecipò sul monte  Mosciagh all'attacco con la sola baionetta

Il più giovane dei nostri Ragazzi-Soldato aveva appena 17 anni. Morì in combattimento e la guerra cessò dopo appena trenta giorni.
Serratore Giuseppe non riuscì a continuare il viaggio verso quelle montagne che non erano le sue. La sua giovane vita finì drammaticamente a Salerno .
Buccafurni D. fini i suoi giorni nel campo di concentramento di Lockfield. Per malattia…. in verità stremato e morto per incidente d’arma.. Abitualmente i prigionieri dopo i lavori forzati venivano eliminati.
Ciliberto D. ,insieme ad altri tentò l’espatrio. Morì nell'esercito americano. E’ suo il borsello con la stella di quell'’esercito. Trapassato con l’azione di una baionetta che lacerò il borsello..
Il Sergente Giovambattista Serratore contribuì al recupero del cannone con attacco alla baionetta .E gli altri non furono da meno...
Provare l'atmosfera che si viveva in trincea .... viene da impazzire .Al MUSMI di Catanzaro si può capire l'inferno di quella guerra..

 

 

franco casalinuovo  per www.Jacursoonlin.it     ass. cult. Kalokrio

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