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Bruno e Anna

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Jacurso era appena un luogo con   una “ decina di fuochi”. Divenne casale ma alle dipendenze del feudo di Maida che lo governava soprattutto per l’acqua del territorio e per i prodotti dell’agricoltura.

 

 

Bruno e Anna ...volavano con la fantasia

E a Jacurso , infatti, non si realizzò mai una proprietà terriera consistente tale da elevare ad alto rango  qualcuno del luogo . Mancarono casati , nobili e palazzi e bisognerà aspettare l’ottocento per dare qualche considerazione ai Bilotta che, di fatto, non solo amministravano bene  i loro averi ma seppero proporsi  efficacemente anche come amministratori per quasi tutto il secolo '800 e inizio '900.

I matrimoni  avvenivano immancabilmente tra gente normale anche se nella scala sociale    “ arrampicando…arrampicando “ c’era chi tentava di posizionarsi  meglio. I maschietti  della famiglia agiata erano ufficialmente riveriti nel loro stato di  “Civili “ mentre  alle donne veniva relegato  il poco simpatico  “ Attendente a casa “. E da …attendente aspettava  un signorino  per una sistemazione matrimoniale e patrimoniale . Che spesso non si concretizzava e dopo un certo tempo l’attendente speranzosa si trasformava in monaca di casa. Le ragazze di "buona Famiglia "non seguivano un percorso scolastico come i maschi e socialmente subivano i ruoli appena famigliari . Sino al '46 del Novecento non ebbero ,neanche , diritto al voto.

Conducevano ,al contrario, vita socialmente "agiata ", nei sentimenti,  le giovani della società contadina e artigianale alle quali , pur coi  rigidi condizionamenti , si creavano tante occasioni di promiscuità durante la mietitura, la vendemmia o nel periodo in cui si andava alla fiumara o alle fontane. Bruno e Anna arrivano da questa promiscuità " controllata " a vista ma indenni per scoprire l'interesse nei  loro sguardi.

Proprietari senza infamia e massari stavano un gradino in più nella scala sociale …molto piccola e , a volte , solo presunta. Non difettarono i Laureati, Medici , Magistrati, Impiegati o Insegnanti , sempre maschi,  che  il più delle volte furono indotti a combinare  unioni con donne o uomini di “ fuori “ ma non sempre gratificati da unioni felici.

Il matrimonio tra un civile e una “massara” non era normalmente possibile; quest'ultima al massimo poteva divenire l'amante ufficiale. Il massaro benestante poteva , magari , salire i gradini della scala sociale acquistando “titolo” nel momento in cui fosse riuscito a dare ai figli, di riflesso, un titolo di studio elevato (medico, avvocato, farmacista, etc.).


La casa dei ceti bassi era generalmente priva di pavimentazione; essa si componeva di un unico ambiente con qualche finestra; la porta era divisa in due metà orizzontali, delle quali la superiore, apribile, lasciava passare la luce; non c'era soffitto; il tetto, composto da assi di legno e ricoperto di “ciaramidi”, tegole di creta seccate al sole, era di solito dotato di una tegola scorrevole che veniva aperta per fare uscire il fumo. E dentro e addosso restava appiccicato quell'acre essenza , tampo ....lasciata dal fumo prodotta dalla legna.

 

Il locale veniva imbiancato a calce ma prevaleva, dopo pochi giorni, il colore " naturale " dell'ambiente

Non c'era cucina ma il focolare che assolveva, in modo unico e naturale, sia alle necessità culinarie che a quelle del riscaldamento. Il letto era solo quello dei coniugi, i figli dormivano su tavolacci o su cassapanche disposte attorno al focolare, senza cuscini, protetti da qualche coperta ottenuta artigianalmente con lana di pecora; i giovani conquistavano il letto solo col matrimonio, ed esso consisteva di due piedistalli con sovrapposte delle tavole, e sopra di esse due rudimentali materassi riempiti di foglie di pannocchia. A volte anche lana di pecora quando si disponeva di questi animali.

C'era poi un tavolino o “buffetta”, alcune panche di tavola e ceppi di legno; c'erano delle lucerne ad olio o lanterne e la “teda”, una fiaccola naturale che , accesa,  veniva posta accanto al focolare onde poterne smaltire il fumo intenso e l'odore agrodolce.

Nel normale arredo della casa proletaria erano presenti gli arredi necessari che spesso trovavano posto appesi alle pareti o appena nei “ Tiraturi “.. In queste condizioni generali di vita, parlare di amore, corteggiamento ed altri usi connessi al matrimonio, specie per le classi subalterne, riesce abbastanza arduo, trattandosi di modalità estremamente semplificate per non dire irte di difficoltà.

Spesso il luogo di incontro o di conoscenza dei popolani era sotto l'albero di ulivo o sul sagrato della chiesa alla messa domenicale; la miseria più nera costringeva talvolta i genitori a venir meno a quelle che erano le norme, le “regole” di vita, le stesse a cui, col senno e gli occhi del poi, diamo inopinatamente il nome di tabù.

Due tripodi , una fhressura e la " Gavetta "

I campi e gli uliveti, nei periodi di raccolta erano popolati soprattutto da donne, per lo più da ragazze, perchè più agili nel lavoro, perchè sottopagate, perchè più appetitose agli occhi del proprietario terriero. Il sottrarsi a delle regole di vita rappresenta un po' la costante di tutto il ciclo vitale dei popolani. L'innamoramento e il corteggiamento non erano determinanti ai fini del matrimonio: Tra i ricchi infatti, come già sottolineato, il matrimonio ratificava spesso un contratto economico dotale dai molti significati; tra i poveri, se vogliamo, c'era anche maggiore libertà di innamorarsi ma venivano meno i mezzi e le occasioni per una conduzione serena della vita famigliare.

Mezzi che portavano alla pratica diffusa  del Matrimonio Riparatore.

La Chiesa di San Sebastiano ...alle cinque del mattino. In fondo sulla destra,inginocchiati, Bruno e Anna

Bruno e Anna si innamorano e si amano tra le fascine di grano e nulla a loro importerà dello sguardo assente del Prete e di quel … quell'augurio mancato ....Che vi devo dire ? Che sapeva  più di rimprovero . Chi catinazzu si ride ‘sta sbirgognata ! è la reazione della madre di Anna che aspettava, magari , “ nu Signurinu “ e non la tranquillità che solo un contadino, pari a Lei , poteva darle.

Quelle che non ebbero la “fortuna “ che ebbe Anna finirono la vita in solitudine con un figlio da crescere . A volte abbandonato alle porte della Chiesa , sui gradini di un  portone o in un viottolo di campagna . Nella buona sorte consegnato ad una ruota  e poi alla vicessitudini della vita.

 

Anna aveva il cielo nei suoi occhi e Bruno nella sua vita. E sognava il velo bianco ! Ma stava solo sognando !


 

 

 

 

francocasalinuovo  Jacursoonline

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