Per non Dimenticare -24 Maggio
La Prima Guerra -1915
La notizia si divulgò in un soffio di vento. Si diceva “..ca la brutta ‘nova la porta ‘lu viantu “. E così fu.
A cummà scoppiàu la guerra ! E lo seppero ,presto ,tutte le mamme con figli maschi perché la mala nova entrò e uscì da tutte le case . Risparmiò solo di poche ore i tanti che dimoravano in montagna.
Poi si partì dalla stazione di San Pietro Lametino,immaginiamo con quale stato d’animo ,senza conoscere dove si andava e perché si andava.
A Salerno la tradotta doveva fermarsi .Qualcuno non resse agli attacchi di panico, alla nostalgia, all’abitudinarietà della vita contadina o forse alla paura di non sapere affatto cos’era la guerra ….e avvenne qualcosa che rimarrà nei ricordi di quelle tante vicende oscure…
Tornarono in pochi. Qualcuno, ma solo qualcuno, in discreta salute. Altri afflitti per lo più da malattie polmonari, non ebbero vita lunga...
I nomi dei nostri ragazzi, trascritte sulla lapide ,si riferiscono ai soldati caduti i combattimento.
E’ doveroso ricordare anche quei ragazzi che , straziati dalle bombe morirono negli ospedaletti da campo ,quelli presi prigionieri e morti per malattia, quelli internati nei campi di detenzione e quelli deceduti a causa delle malattie contratte.
Lapide di Piazza San Giovanni
Serratore Giovambattista
Serratore Domenico
Serratore Giuseppe di Antonio
Serratore Giuseppe di Domenico
Soverati Antonio
Conidi Antonio
Ciliberto Domenico
Dastoli Pietro
Parisi Umberto
Zirillo Francesco
il Monte Piana o Plana
il Monte Mrzili
San Vito al Torre - Torre era un piccolo fiume - Dastoli Pietro
Altre notizie sui nostri ragazzi morti in guerra
Dastoli Pietro
16 agosto 1916 San Vito al Torre -scheggia al petto
Soverati Antonio di Elia
24 novembre 1919 Monte S. Michele ferita di pallottola
Soverati Sebastiano di Giuseppe
19 maggio 1917 Monte S. Michele disperso
Trino Leonardo di Leonardo
19 luglio 1916 Jacurso tisi di guerra
Zirillo Francesco Michele di Michele
30 agosto 1917 quota 219 pallottola mitragliatrice inguine
De Vito Domenico di Domenico
11 agosto 1919 Monte Piana scheggia alla testa
Derro Giuseppe di Giuseppe
9 luglio 1922 Jacurso tisi di guerra
Parisi Antonio di antonio
4 novembre 1918 Capua pleura polmonite
Parisi Umberto di Antonio
8 ottobre 1918 Francia ferite da granata
Pujia Giuseppe di Domenico
27 ottobre 1920 Jacurso tisi contratta in guerra
Scalfaro Marcantonio di Domenico
20 aprile 1917 Trapani pleurapolmonite
Serratore Domenico di Antonio
26 marzo 1916 Val Popena Bassa pallottola di fucile
Serratore Giovambattista di Antonio
11 agosto 1919 Monte Piana scheggia alla testa
Il merito a Serratore Giovanbattista
Qualche nostro soldato morì in ospedale per pleuropolmonite .
Altri morirono a Jacurso e il loro ritorno fu anche drammatico. Per paura di contagiare i familiari fu “ isolato “ in campagna vivendo una prigionia ancora più triste.
Quanto alla popolazione :
L'esercito aveva bisogno di sussistenza: derrate alimentari, farina ,fieno per i muli dell'esercito e altro..
" avvisare le persone di presentarsi con carro e buoi "
morire a vent'anni
Quanto alla guerra :
I generali che avrebbero dovuto portare i soldati italiani a «piantare il tricolore sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra» erano in genere vecchi avanzi della burocrazia militare alla cui cruenza vennero affidate m i g l i a i a d i v i t e.
Uno di questi fu certamente il Gen. Cadorna che , testardo a combattere ben undici battaglie all’Isonzo, subì la disfatta di Caporetto che forse segnò la svolta della guerra con l’Austria.
Quando si saliva in montagna ci si diceva addio perché era difficile ridiscendere con le proprie gambe.
Scrive il cappellano alla famiglia di un nostro soldato che non riceveva più notizie:
….Lo abbiamo visto salire sulla montagna….…ma non lo abbiamo visto scendere
Lager di Lectfeld - Buccafurni Giovanni
Tra le pagine di eroica partecipazione va ricordata quella della Brigata Catanzaro che subì anche una decimazione per insubordinazione.
Da quel che scrisse il tenente Zamboni, fu una Brigata votata solo al macello e venne sciolta alla fine del conflitto. Oggi si parla di una rivalutazione storica per questa Brigata.
Da parte sua il generale Cadorna affermava «che l'Italia ,entrando in guerra , poteva essere certa di essere dopo “un mese” a Trieste» .Non fu così.
BRIGATA CATANZARO
Costituita nel Marzo 1915, disciolta Giugno 1920 141° Reggimento: 142° Reggimento –
Deposito : Catanzaro Marina
Impiego Zone di Guerra :
Isonzo , Castelnuovo del Carso, Monte Plana , Bosco Cappuccio, Carso, S.Martino, Monte S.Michele Oslavia, M.Mosciagh,M.Cengio, Monte Civarone , Monte Nero, Monte Mrzlj,, Nad Logem, Nova Vas, San Vito al Torre ,Nad Bregom,Hudi Log, Val Popena Lukatic,S.Giovanni
" Per l'altissimo valore spiegato nei molti combattimenti intorno al San Michele, ad Oslavia, sull'Altopiano di Asiago, al Nad Logem, per l'audacia mai smentita, per l'impeto aggressivo senza pari, sempre e ovunque fu di esempio ai valorosi (luglio 1915-agosto 1916)" - (Boll. Uff. anno 1917, disp. 1^).
L’Italia dunque a t t a c c ò l’ A us t r i a.
Per portare a termine il processo di unità nazionale, per Trento e Trieste e contro il militarismo degli Imperi Centrali , come asseriva la minoranza degli interventisti , nazionalisti , democratici o di sinistra…
........per « un tradimento di cui la storia non conosce l’esempio »,come invece dichiarava l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe d’Asburgo.
Ma al ragazzo di J a c u r s o, asssoldato come fante, strappato dai suoi campi, dalle sue greggi, dalla sua gioventù , dal suo paese , dalla famiglia o dai figli…
Il “ f a n te “ giovane di jacurso, analfabeta o istruito cui la Patria non aveva ancora dato il diritto di voto ,di assistenza e il diritto ad una vita dignitosa , tutto questo non interessava e non voleva capire ciò che gli avevano detto … che se non andava al fronte l’aspettava il c a r c e r e o peggio la fucilazione ...
Tra qualcuno dei n o s t r i r a g a z z i , in treno verso il Nord-Est ,certamente ebbe il sopravvento la paura , l'andare verso l'ignoto, la nostalgia della casa …e accadde infatti che …nella stazione di Salerno …
Episodi che resteranno nel ricordo dei familiari e nell'oblio delle tante vicende nascoste...
Al fronte
I nostri soldati e quelli austriaci fraternizzarono tra loro in particolari circostanze.
Si ritrovarono spesso alla stessa fontanella per riempire la borraccia. Si mostrarono le foto delle loro famiglie…e si guardarono negli occhi.
.........Dalla testimonianza di un sopravvissuto
seguito
Lo schieramento della Grande Guerra 1914-1918
Imperi Centrali:
Tedesco, Austro-Ungarico, Ottomano, Bulgaria, Libia
Alleati o Intesa
Francia, Gran Bretagna, Belgio, Portogallo, Russia, Romania, Serbia, Grecia,Italia, Giappone, Cina, Montenegro, Usa, Brasile, Perù, Bolivia, Panama, Cuba, Guatemala, Nicaragua, Costa Rica, Haiti, Honduras, Equador, Liberia.
Le forze in campo all'inizio del conflitto.
Gli imperi centrali, ad esclusione dell'Italia, potevano contare su una popolazione di 120 milioni di uomini contro i 238 dei paesi dell'Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia), divisi però linguisticamente e geograficamente.
Gli austro-tedeschi schieravano, all'inizio del conflitto, 147 divisioni di fanteria e 22 di cavalleria, mentre l'Intesa faceva affidamento, per un pronto impiego, su 167 divisioni di fanteria e 36 di cavalleria. La notevole differenza demografica tra i due blocchi fece sentire i suoi effetti con il prolungarsi delle ostilità.
Inizialmente, infatti, solo la Francia fu costretta a reggere quasi del tutto il peso dell'attacco tedesco, schierando tutte le sue 72 divisioni di fanteria e le 10 di cavalleria per fronteggiare le 87 divisioni di fanteria e le 11 di cavalleria dell'esercito tedesco, peraltro di gran lunga superiore per artiglieria. La Russia, pur dando il suo contributo, non aveva ancora portato tutte le sue truppe sul fronte polacco per esercitare la necessaria pressione ad est.
Così, già nel1916, Francia e Germania furono obbligate ad attingere alle proprie riserve demografiche. La Francia, ad esempio, fu costretta a rivedere i suoi parametri di reclutamento chiamando alle armi anche gli ausiliari, i riformati, gli esentati, con la conseguenza di un abbattimento della qualità delle proprie forze armate. Nei mesi successivi, la Gran Bretagna riuscì a schierare ben 70 divisioni e la Russia, aiutata da Stati Uniti e Giappone, fu finalmente in grado di mobilitare gli uomini e i mezzi finora bloccati in Caucaso, in Siberia e in Turchestan.
La schiacciante superiorità in mare da parte dell'Intesa permetteva il trasferimento delle truppe e lo spostamento dei mezzi nei vari teatri di operazione, compensando così la divisione geografica del blocco anti tedesco. La Gran Bretagna, da sola, poteva schierare 64 corazzate contro le appena 40 navi da battaglia tedesche. La Francia, invece, aveva concentrato la sua flotta di 21 corazzate e 30 incrociatori nel Mediterraneo per contrastare la marina austriaca, anch'essa inferiore per numero di oltre la metà. Quasi ininfluente la flotta russa, che pur possedendo 8 corazzate e 22 incrociatori, è bloccata nel Mar Nero e nel Baltico.
Le ragioni della guerra
La crisi del 1914 può definirsi l'esplicazione militare di una lunga tensione politica tra le grandi potenze europee che si trascinava da almeno un decennio: una prima crisi risale al 1905, in occasione delle iniziative tedesche per arginare l'espansione francese in Marocco; nel febbraio-marzo del 1909, poi, con l'annessione della Bosnia Erzegovina da parte austriaca, si riaccende la rivalità austro-russa nei Balcani; nell'agosto del 1911, una nuova crisi marocchina porta ad un nuovo confronto diplomatico tra Francia e Germania.
Nel 1912-13, infine, abbiamo le due guerre balcaniche, che mettono nuovamente in pericolo la pace tra Russia e Austria. Queste tensioni hanno tenuto in costante stato di allerta le maggiori potenze europee e di conseguenza portato ad una inarrestabile corsa agli armamenti terrestri e navali. Contemporaneamente, il vento nazionalista aveva tenuto sotto pressione l'opinione pubblica alimentando un certo odio tra i popoli, sia in virtù del desiderio di potenza della propria nazione siaotto forma di rivendicazioni etniche, come appunto il confronto tra Serbia e Austria.
La propaganda nazionalista, inoltre, aiutò molto i governi nel giustificare dinnanzi all'opinione pubblica le ingenti spese per il riarmo e per le spedizioni coloniali. Alla base delle tensioni internazionali vi erano comunque importanti interessi economici e territoriali per il controllo degli scambi internazionali, soprattutto alla luce delle ripetute crisi economiche avutosi tra il 1907 e il 1914.
La dichiarazione di guerra
L'attentato di Sarajevo Il 28 giugno del 1914 era stato ucciso a Sarajevo il principe ereditario Francesco Ferdinando. L'omicidio ebbe subito dei risvolti politici inaspettati, e in breve le cose precipitarono. Il dispiacere dell'Imperatore Francesco Giuseppe si trasformò in un semplice espediente per permettere all'Austria di coronare il grande sogno di estendere il suo Impero nei Balcani. L'ultimatum del 23 luglio alla Serbia non fu altro che l'ennesima scena teatrale da parte dell'Austria per giustificare la propria buona fede di fronte alle diplomazie europee.
Il governo austro-ungarico accusava la Serbia di una complicità indiretta nell'organizzazione dell'attentato, poiché l'arma usata dall'omicida era risultata di fabbricazione nazionale ( arsenale di Belgrado ). Come garanzia si chiedeva che alle relative indagini fossero rese partecipi anche le autorità austriache.
In caso contrario il Governo serbo sarebbe stato ritenuto complice e di conseguenza l'Austria avrebbe considerato l'attentato come un atto di ostilità nei suoi confronti. L'ultimatum aveva messo in guardia la Russia che aveva schierato le proprie truppe sul confine Carinziano, minacciando di intervenire in caso di aggressione alla Serbia.
Trascorsa appena una settimana, il 29 luglio, giungeva puntuale la dichiarazione di guerra alla Serbia che faceva precipitare il mondo nel terrore. Il 30 luglio, i primi proiettili di artiglieria colpivano la capitale Serba. Alla notizia del bombardamento, la Russia dichiarò la mobilitazione parziale contro l'Austria.
Da quel momento, tutti gli Stati Maggiori europei iniziarono i loro preparativi per la guerra. I tedeschi, per primi, avevano proclamato il Kriegsgefahrzustand ( stato di pericolo di guerra ). Si trattò, in realtà, di una sorta di paravento diplomatico che durò solo due giorni.
Il 31 luglio, di fatti, la stessa Germania inviava un ultimatum alla Russia per costringerla a sospendere i provvedimenti militari contro l'Austria e intimava alla Francia di non intervenire in caso di conflitto russo-tedesco. Allo scontato Niet dello zar, la Germania opponeva, il 1° di agosto, la sua dichiarazione di guerra, il giorno dopo, chiedeva al governo belga il libero passaggio delle proprie truppe in caso di guerra contro la Francia; il 3 di agosto dichiarava guerra anche a quest'ultima.
Pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia, il 3 agosto 1914, il governo presieduto da Salandra dichiarò la neutralità dell'Italia. Sul piano formale si era richiamato a una delle clausole del trattato della Triplice alleanza, firmato nel maggio 1882 con Germania e Austria-Ungheria e più volte rinnovato, che prevedeva l'intervento militare solo in caso di aggressione a una delle tre monarchie.
In realtà, il paese era diviso tra neutralisti e interventisti. Fra i primi, in maggioranza, i cattolici, i liberali di Giolitti e i socialisti; fra i secondi, gli irredentisti, i liberali conservatori, i socialisti riformisti, poi i repubblicani e l'ala defezionista socialista guidata da Mussolini. Antonio Salandra A conferma di uno stato di instabilità e incertezza politica, all'interno di questi schieramenti le posizioni subirono profondi mutamenti tra l’estate del 1914 e la primavera del 1915. I nazionalisti, ad esempio, sostenevano l'intervento, ma inizialmente a fianco della Triplice e solo dopo a fianco dell'Intesa. A sfavore dell'alleanza con gli Imperi Centrali pesavano le sconfitte subite nel 1866 nella terza guerra d'indipendenza contro l'Austria, al termine della quale era comunque stato acquisito il Veneto, ma non il Trentino e parte della Venezia Giulia, rimaste sotto il controllo del governo di Vienna. Seguendo ancora una volta, e non sarà l'ultima, l'ambigua politica del doppio binario, Roma intavolò trattative con Vienna per ottenere in via pacifica le terre irredente, senza però raggiungere nessun risultato tangibile.
Il passo decisivo per il mutamento delle alleanze fu rappresentato dal patto firmato segretamente a Londra il 26 aprile 1915 con i rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Russia, in base al quale l'Italia si impegnava a scendere in guerra a fianco dell'Intesa entro un mese. In cambio, in caso di vittoria avrebbe ottenuto, fra l'altro, il Trentino e l'Alto Adige fino al Brennero, Trieste, Gorizia, Gradisca, parte dell'Istria e della Dalmazia, diritti sull'Albania.
Dopo la denuncia della Triplice alleanza il 3 maggio, il governo Salandra, sulla spinta anche degli interventisti che avevano dalla loro parte un propagandista come Gabriele D'Annunzio, presentò al governo di Vienna la dichiarazione di guerra il 23 maggio 1915 , fissando l'inizio delle ostilità al giorno successivo.
La preparazione degli eserciti Italiano e Austro-Ungarico
Luigi Cadorna
Sul piano strettamente militare, l'esercito italiano, guidato dal capo di stato maggiore Alberto Pollio dal giugno 1908 al luglio 1914, aveva rafforzato le linee di difesa soprattutto sul fronte nord-orientale, avviando la modernizzazione degli armamenti e riorganizzando le forze dopo la campagna di Libia del 1911-1912.
Luigi Cadorna, succeduto a Pollio, pur nell'incertezza della situazione politica interna ed estera, diede inizio alla mobilitazione e poco dopo lo scoppio delle ostilità si trovò ad avere a disposizione 4 armate, suddivise in 14 corpi d'armata e 40 divisioni per un totale di 1.090.000 uomini, 216.000 quadrupedi, 3.300 automezzi, 930.000 fucili, 620 mitragliatrici e oltre 2.150 pezzi d'artiglieria.
Sui circa 650 km di confine tra Italia e Austria le forze italiane furono così distribuite:
la armata, dallo Stelvio alla val Cismon (passando per il Cevedale, Tonale, Adamello, alto Garda, altipiani di Tonezza e Asiago);
4a armata in Cadore e Carnia. Dal Monte Canin lungo il fiume Isonzo fino al mare la 2a e la 3a armata.
Gli austriaci misero in campo 221 battaglioni divisi fra comando del Tirolo, gruppo d'armata della Carinzia e 5a armata sul fronte isontino.
La parziale inferiorità numerica delle loro forze era compensata da uno schieramento piu’ favorevole perche’ appoggiato a postazioni dominanti e ben protette, servite da un'efficiente rete stradale.
Da notare che dallo Stelvio al Cadore gli opposti schieramenti si fronteggiarono quasi sempre in zone d'alta montagna dove i combattimenti si svolsero molto spesso in condizioni climatiche proibitive, con colpi di mano, azioni di mina e contromina durate mesi e avvalendosi dell'opera instancabile dei genieri per far giungere ogni tipo di rifornimento fino a postazioni isolate anche oltre i 3.000 metri. Postazione Austriaca tra i ghiacci
Il piano d'attacco del comando supremo italiano prevedeva in Trentino azioni locali miranti a impadronirsi di postazioni più favorevoli alla difesa, cercando di diminuire l'estensione del pericoloso saliente a sud di Trento. Nella zona del Cadore era previsto un attacco verso la piana di Dobbiaco e di Sesto mentre lo sforzo principale doveva essere esercitato a est, oltre l'Isonzo, verso Gorizia e Trieste e poi verso Lubiana e Zagabria, in coordinamento con le azioni di russi e serbi.
Poco dopo l'inizio delle ostilità, a nord sul fronte alpino fu occupata Cortina d'Ampezzo, il Monte Altissimo, il Coni Zugna e il Pasubio, mentre il caposaldo del Col di Lana fu attaccato senza risultato.
A est fu raggiunta Monfalcone, Plava e a metà giugno fu conquistato il Monte Nero. Subito dopo iniziò la lunga serie di battaglie che presero il nome dal fiume Isonzo perché combattute in gran parte sulle sue rive e nelle zone circostanti.
A fronte di qualche chilometro di terreno conquistato le perdite globali in questa porzione del fronte, assommarono a oltre 300.000 uomini: 131.000 austriaci e 173.000 italiani, tragico risultato della cosiddetta guerra di logoramento o di materiali.
seguito
La dichiarazione di guerra dell’Italia