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Mulini e territorio

Mille anni di Storia e Mulini

a Jacurso

NOTIZIE SUL TERRITORIO

Il territorio del comune di Jacurso si estende per 21,44 kmq e in gran misura nella  zona montana. Per tal motivo fa parte della Comunità “Fossa del Lupo” di Chiaravalle Centrale .

Jacurso - tra Jonio e Tirreno è " L'ombelico della Calabria " nel punto più stretto della Penisola


La cima più alta e più significativa è il Monte Contessa con 889 metri ,sebbene ,in progressione verso Sud ,a qualche Km è la cima “Timpone del Monaco “ a superare con 912 m gli 889 del Monte Contessa. Alle falde di quest’ultimo si formano i confini comunali con Polia , Filadelfia, Curinga ,San Pietro a Maida e Cortale.Degradando verso sud in direzione delle Serre si incontrano le località - variegate di boschi – strade mulattiere e carrabili - il Piano delle Anguille , Madama Laura ( o Madonna Laura) Serralta San Vito,Serratura . ..

La Via dell’acqua inizia da qui con tante piccole sorgive di acqua freschissima.

Adiacenti a queste sono il Passo di Catanzaro e il Passo della Rutta mentre in anfossi inconfondibili si distendono la Fossa del Gelo e la Fossa della Neve.

Il Passo della Rutta – selciato in pietra per i carri - quota 900 m slm

Il Passo di Catanzaro – nella zona alta del Monte Contessa e Timpone del Monaco

Mimmo -la guida -parla ai ragazzi di questa felce -la woodwardia

Verso Sud –Est ,al limite con il territorio di Cortale, si apre la Fossa del Lupo che interessa anche i comuni limitrofi di San Vito e Polia .Ad ovest verso Filadelfia e Curinga ,passando sulle Crete Rosse - a ridosso del Timpone del Monaco – Serra Pelata ,La Serra , Le Grotte e a quota basse sui 600 m il Vallone di Canello e Valle Foca.


una strada in terra battuta vicino al Passo della Rutta

Sul versante Sud- Est – verso il limite territoriale con Cortale – la Contrada Cefaly ,il Passo della Rutta e la località Pitta fanno da cornice a Testa di Pilla che segna l’inizio dell’omonimo corso d’acqua che finirà con la confluenza nel fiume Pesipe.

Le sorgive nella depressione della zona Salinelli e il torrente Capona fanno già confluire consistente acqua al Pesipe che sarà via via alimentato dalle sorgive che si riversano nei valloni .

Alle falde del Monte Contessa ha inizio l’altro corso d’acqua ,il Cottola ,che alimentato da tante sorgive e scoli in pendio si porta verso Maida attraverso il contrafforte Rodio.

In altri valloni confluiranno le acque da rigagnoli e sorgive utilizzati in agricoltura

.

La parte radicale di questo faggio è comune osservarla in molte altre piante

In tutto il territorio la presenza disseminata di pietre -variegate per la pezzatura , forma e composizione –si accompagna a zone sempre umide ,vegetazione sempreverde,boschi di abetaie ,pini ,querce ,castagni ,faggi ,douglas oltre alla solita macchia mediterranea di sugheri ,elci ,corbezzoli,prugnoli,meli selvatici ed arbusti dai colori tipici della macchia.

Strade , sentieri e rivoli d’acqua dal percorso difforme ,tortuoso e ondeggiante penetrano nella boscaglia e scendono nei valloni offrendo percorsi naturalistici di particolare gradimento.

Scendendo dal Monte Contessa e degradando verso il Piano della Croce ,ad ovest ,il sole sta per tramontare nelle acque del Tirreno. Alla sua sinistra ,aggirato questo contrafforte,ci appariranno le Eolie mentre già il Golfo di S.Eufemia mostra il suo profilo. Sulla destra “parte” il Vallone nel quale scorre il Cottola tra Rodia e Vallini.

una " briglia " sul Pilla.

il fiume Pilla

Un arbusto.Le bianche e profumatissime infiorescenza dell’erica selvatica

il mulino Buccafurni-a sinistra la galleria con la ruota e a destra la stalla e deposito  e sul piano rialzato una stanza per il "mulinaio "

la sajitta -un'opera d'arte composta  da anelli in pietra sovrapposti ,opera degli scalpellini locali

la mangiatoia dell'asino-era il solo mezzo di trasporto e conosceva tutte le strade montane. Poteva partire e arrivare a destinazione da "solo "


Mulino 1

Il Mulino Buccafurni

a Valle di Camicia

La via dei Mulini si diparte in direzione Sud-Nord essendo questa la conformazione geomorfologica del territorio scendendo dai quasi mille metri delle alture ai trecento metri del basso territorio sul Pesipe.

Partiremo dalle piccole sorgive che formano questo fiume e lo accompagneremo in tutto il suo tragitto tortuoso prima che confluisca nel Pesipe e quest’ultimo nel fiume nel fiume Amato .

Dopo il Piano della Croce ,a quota 600 metri ,gli acquari sono abbastanza grossi per azionare le macchine idrauliche dei Mulini e sul primo declivo naturale si incontra il primo dei mulini.

Il sito indicato è “valle di Camicia “poi meglio conosciuto come “ la salita del Mulino” .Il mulino di proprietà della famiglia Buccafurni a pochi metri sotto la strada mulattiera e a cinque metri dal corso d’acqua nel quale viene restituita l’acqua già utilizzata come forza idraulica.

Si possono ancora vedere i due livelli della struttura con una parte destinata all’abitazione del proprietario la parte bassa destinata a stalla per l’asino mentre la zona a sinistra interessa il mulino sui due livelli.

Nella parte superiore -dove finisce il corso naturale in terra battuta –inizia l’arcata in pietra arenaria che porta alla sajitta alta almeno dieci metri .Al mulino è affiancata l’abitazione a due piani. Al terrano la stalla dell’asino ,due stanze al piano superiore.

Il tetto è crollato ma la struttura è ancora buona e la parte inferiore si mantiene bene

Il mulino e la galleria – a destra l’abitazione la mangiatoia nella stalla

La Sajitta dalla caratteristica forma piramidale. E’ crollata l’ultima parte dell’arcata

Mulino 2

Mulino De Vito Giuseppe

località “ Scannizzi “

Risalendo - per pochi metri -il viottolo privato ci porta sulla strada comunale e imboccando un lungo rettilinio si arriva al bivio del piano Morici. Qui l’area attrezzata del Struttura Mediabet si colloca armoniosamente nel paesaggio discreto della pineta e l’area aperta e luminosa del campo di calcio dal tappeto erboso tutto naturale. Ampio parcheggio in spazi aperti o nelle viuzze della pineta offrono frescura e tranquillità tra le panche e i tavoli in mezzo agli alberi.

Imboccando a destra ,la strada comunale porta verso la zona “Pilla “ed a qualche chilometro del primo incontriamo il secondo Mulino.

Il mulino DeVito si scorge circondato da vegetazione sul corso dell’acquaro comunale nel quale riversa l’acqua proveniente dalla galleria dove è alloggiata la ruota idraulica.

Nella parte superiore una condotta in terra battuta porta sino all’arcata in pietra collegata alla sajitta che non si alza eccessivamente dal suolo

La struttura del mulino è sviluppata su due livelli e interessa esclusivamente gli spazi destinati alla lavorazione dei cereali con uno spazio limitato ad altro uso.

Alla mastra si accede percorrendo il canale in terra battuta derivato sul canale d’acqua comunale .

Probabilmente era uno dei tre mulini con la maggiore lavorazione del grano .

Gli altri due appartenevano alla Famiglia Buccafurni a Valle di Camicia e ai De Vito al Piano di Maria

L’interno della galleria Una veduta esterna

Località Macchia Chidone

L’acqua ,percorrendo il canale comunale in terra battuta ,arriva in questa “macchia” dove era impiantata una notevole attività di trasformazione dei prodotti locali (dell’agricoltura e delle boscaie).

Una notevole costruzione era adibita a macina delle olive e praticamente assorbiva gran parte delle olive prodotte negli uliveti della zona sud del territorio .Ha smesso di lavorare negli anni 70 dopo avere utilizzato nell’ultimo breve periodo un sistema più moderno di spremitura della pasta molita .Questo ammodernamento riguardava solo le presse perché il processo di spremitura era continuato col vecchio sistema .

Ma dell’antico sistema non si era detto ancora nulla e perciò si rende necessario almeno qualche informazione.

Dietro al fabbricato ,che aveva da questa parte un’altezza attorno ai dieci metri,ad un terzo dell’altezza (sei metri dal basso) nella parte centrale del muro a sud era lasciato un foro opportunamente modellato dentro il quale era sistemata una boccola capace di contenere l’albero di trasmissione vincolata alla ruota “purziana”-così la chiamavano “li macchinisti” - addetti alla lavorazione delle olive. La ruota purziana era grande ed aveva all’estremità i “ pennelli” –una sorta di gradini –sui quali cadeva l’acqua precipitata da una canaletta in legno. All’interno del fabbricato all’asse della ruota purziana era ingranata la ruota principale che trasformava da orizzontale a verticale,la rotazione anche a due altre ruote disposte lateralmente ad essa .

Sui tre assi verticali erano disposte le macine in pietra di granito che con vari compiti svolgevano il lavoro di frantumazione delle olive. In basso una grossa trave ,sostenuta alle estremità da due colonne in legno , permetteva la “pressa” delle “coffe” colme della pasta delle olive spremute. L’olio veniva “cresciuto “dalle abili mani dei macchinisti e raccolto in recipienti. L’avanzo della lavorazione era “catripolo” che prima di essere riversato nell’acquaro veniva “lavorato” nella vasca destra all’albero principale per separare gli ultimi residui oleosi. Nella vasca di sinistra veniva ,invece, depositata la pasta della spremitura che ,addizionata con acqua calda ,cedeva gli ultimi residui oleosi in essa imprigionati .

Sommariamente era questo il ciclo dell’olio prodotto in questa “ machina “.

A lato del fabbricato un modesto mulino utilizzava l’energia cinetica dell’acqua già utilizzata sulla “ruota purziana”

Mulino 3

Mulino Chidone

Non sono sicuro delle notizie avendo trovato la consistenza del manufatto priva della solita galleria dove necessariamente era sistemata la ruota idraulica.

Non risultano tuttavia segni di cedimento del terreno o demolizione della struttura . Dai rilievi si deduce pertanto che l’azionamento idraulico delle macine, doveva essere prodotto dalla forza idrica ,dovuta alla pressione della sajitta . Conseguentemente l’azionamento avveniva nella parte sottostante del mulino come negli altri mulini . Da un sopralluogo sul retro del muro perimetrale si intuisce ,infatti,la presenza di una ruota idraulica montata orizzontalmente ed azionata dalla forza cinetica dell’acqua. La stessa che alternativamente o contemporaneamente , secondo la disponibilità d’acqua o esigenze di lavoro si rendeva utile sfruttando al massimo il passaggio dell’acqua.

Tale motivazione scaturisce anche dal fatto che la macina delle olive utilizzava tale sistema dovuto principalmente alla morfologia del luogo che meglio si prestava a tale sistema senza ricorrere alla costruzione di una costosa torre sostituita con una semplice ma robusta canaletta in materiale legnoso. Il pavimento,sebbene interrato è ancora visibile e la pietra fissa è ben conservata.

Di sotto al pavimento ormai tutt’uno con il piano del terreno circostante ,scorre ancora l’acqua come al tempo della piena attività.

Il tetto è crollato in parte seppellendo in modo confuso alcuni attrezzi del mestiere ma il piccolo locale si mantiene con “dignità

località Macchia Chidone -una gande struttura per la macina delle olive ed annesso un mulino ad acqua

 


Macchina Idraulica 4

Località Macchia Chidone

Stavolta non è la solita costruzione destinata a Mulino a suscitare un sopralluogo più accurato.

L’aspetto esteriore del manufatto appare senza particolari costruttivi tipici dei mulini. Per averne fatta , prima dei sopralluoghi ,una ricognizione sul lavoro da fare ,le carte ed alcune concessioni comunali del tempo ,mi segnano in questo posto la presenza di un locale autorizzato all’edificazione e destinato alla lavorazione del legno. In poche parole una segheria autorizzata a certo Sig. Sacco di Jacurso che chiede l’utilizzo dell’acqua ,a modo di forza idraulica ,per l’azionamento di una sega utile a squadrare il legname.

I boschi fornivano tronchi di pezzatura varia e di buona qualità e l’utilizzo del legname era d’altronde molto di frequente utilizzata dagli otto falegnami del luogo .Ognuno di questi,poi, aveva una specializzazione su cui poter fidare il lavoro. Maestri d’ascia , intagliatori , mobilieri … “consumavano “ legni di diversa qualità. La provvista della legna da ardere era disponibile nella “campagna “ privata o in luoghi comunali destinati allo scopo dall’autorità locale e controllata dal Guardaboschi Sig. Maiolo Michele prima e DeVito in seguito.

A parte questo cenno che giustifica la presenza dell’opificio ,come di altri ,l’azionamento della “serra “ , all’interno della segheria , avveniva utilizzando la forza cinetica dell’acqua proveniente dal Mulino e dalla “Machina Chidone “ già azionate col medesimo principio. La segheria dista trenta metri dai due manufatti precedenti e segna un piccolo nucleo produttivo ben insediato e servito perché stiamo già sul ciglio della strada in bocca alle prime case del paese. Una parte di quest’acqua proseguirà nella cunetta comunale , attraverserà l’intero abitato dopo aver consentito alle donne di sciacquare i panni di giorno e finirà con l’essere utilizzata ancora da altri manufatti che incontreremo seguendo il suo corso per finire nei campi o nei burroni e valloni verso il Pesipe.

Sul lato destro, la via dell’acqua ci porta verso il Piano di Maria dove sorge il Mulino De Vito sul declino della omonima proprietà. Il Piano di Maria era e resta uno spazio molto grazioso nel contesto del centro storico.


MULINO 4

Mulino De Vito Giovambattista

la pietra per la macina dei cereali

Località Piano di Maria- è riportato il mulino e l'ultima arcata

Riconoscibilissimo ed apparentemente in buona salute , questo mulino è l’unico che incontriamo nel tessuto urbano .Gli altri due furono demoliti negli anni ‘20 per ragioni di igiene. Domina la piazzetta “ Piano di Maria “ dove confluiscono alcune stradine di particolare brevità . Attorno ad esso il tessuto urbano si espandeva a qualche centinaia di metri verso Est ,molti di più verso Nord e Ovest nuove direzioni di ampliamento dell’abitato.

La facciata , l’arco della ruota,l’ingresso verso le arcate e la chioma di rampicanti.

Alle spalle ,cioè a Sud ,domina la campagna .

Davanti , in una viuzza ripida ,allora ,si apriva l’unica farmacia di Jacurso. Sollievo dei poveri e dei malati ,il farmacista Panzarella di nome e di fatto preparava i farmaci di propria mano .

Il Piano di Maria sarà per lungo tempo il luogo di incontro e di socializzazione dell’intera comunità di Jacurso che qui non mancava di incontrarsi per bisogno,dunque ,di farina o medicine.

L’acquedotto che porta alla sajitta si sviluppa su più arcate per quasi cinquanta metri . Sostenute su bastioni di pietra a secco e malta calcarea dal poderoso basamento incutono un senso di importanza e di rispetto.

Le pietre ,incastonate da mani capaci , segnano la “mastria “ di chi l’ha tagliate e dell’artigiano che poi ha saputo incastrate con accuratezza dopo averle scelte scrutandone,tra tante ,la forma e la pezzatura.

Un sistema di archi ,su cui scorre ancora la “ prisa” ,degrada verso il mulino con l’ultima maestosa arcata ,molto ampia ,mentre il primo arco si appoggia sulla dura zolla di terra iniziando la prima incurvatura verso il bastione .

Da questa zolla la “ prisa “doveva allungarsi per almeno duecento metri sino alla “Macchia Chidone” ove venivano riversate le acque già utilizzate.

La particolarità di questo mulino non sono , tuttavia , solo lo sviluppo delle arcate , molto larghe e importanti,quanto la struttura della “sajitta “ che si differenzia dalle altre per la forma circolare ,il diametro e l’altezza.

La ruota idraulica è a sviluppo orizzontale e l’arcata della galleria murata per comprensibili motivi di sicurezza e di igiene.

Il piano strada confina pertanto con la struttura muraria del mulino essendo la galleria in posizione sottomessa allo slargo prospiciente il locale .

Una botola di legno consentiva l’accesso al sottostante locale della galleria dove trovava posto e movimento la ruota idraulica .

Oggi non sono visibili perché murata l’una e ricoperta l’altra dal calcestruzzo della piazzetta .

Il mulino è stato certamente utilizzato sino al 1949 , epoca in cui il Sig. De Vito cessava l’attività per motivi di salute e sicuramente fu uno dei tre mulini , se non il mulino , con la maggiore produzione di farina di grano.

Le farine prodotte erano ,in verità, più d’una.

Si molivano anche ceci ,lupini , avena, orzo ed altri cereali poveri.

Ipotesi di recupero

Descrizione dell’immobile

La struttura non si presenta in condizioni di degrado preoccupante anche se il tetto ha prodotto lentamente nel tempo infiltrazioni d’acqua e successivamente il cedimento dei listoni e di tutte la travature che unitamente alle tegole si sono riversate sul pavimento.

La parte superiore sopra l’ingresso Interno e locale di lavoro

La serratura originale con la mandata inserita Il maniglione forgiato a mano

Resistono le due finestre e la porta anche se i segni degli eventi meteorologici sono visibili.

Le murature interne mantengono la geometria originale con caratteristici incavi murari ormai privi degli arnesi del mestieri forse trasferiti altrove. Le macine ,in granito ,restano al loro posto “in posizione di lavoro “ pur se coperte da tegole ed altro rifiuto soprattutto legnoso .

La macina superiore – quella mobile La pietra inferiore – quella fissa

La sommità della struttura muraria interna non è affatto compromessa ma gli effetti degli eventi meteorologici sono visibili al primo strato dell’intonaco .

L’ingresso – murato- della galleria L’ingresso e la muratura ancora in buono stato

I muri non presentano fessure importanti e l’assenza di lesioni incoraggiano l’immediato recupero del locale interno con la ricostruzione del tetto che interessa una superficie di appena 20 mq.

All’interno del locale non si nota ,al momento,la crescita di alcun arbusto e neanche le forme erbacee hanno “messo radici.

La parte esterna si mantiene integra ma è avvinta da una folta essenza di rampicanti che di buono mantengono coesa la forma della Sajitta o

“ Capucuarnu “ mentre potrebbero diventare preoccupanti le possibili infiltrazioni radicali tra il pietrame che tuttora si è difeso alla grande.

Queste ,principalmente radicate al suolo,possono essere divelte o estirpate con facilità.

Per mia conoscenza diretta e per la testimonianza di chi tuttora abita le case della piazzetta,il percorso dell’acqua si svolgeva nella “gambitta “ a cielo aperto sul “Piano di Maria” e in trincea ,nelle case , entro il pavimento delle stesse. Una ricerca e testimonianze varie confermano la funzionalità della condotta ,il tracciato originale e lo stato di conservazione.

Perché il recupero

A Jacurso è ancora percorribile la via dei Mulini o la via dell’acqua.

L’acqua ,abbondante nel territorio montano,inizia il suo percorso di vita già a quasi mille metri. Si riversa in tanti rivoli che spesso si accompagnano per lunghi tratti,poi si lasciano ,confluiscono l’uno nell’altro o si separano percorrendo canali,anfratti e valloni impenetrabili.

Ma è al “Piano della Croce “ che iniziano un percorso ben definito .

Qui è come mettersi docilmente al servizio e alla volontà di un padrone che dinnanzi ignoravano vagabondando per discese e camminamenti solitari.

Gli agricoltori ,insieme ai “Mulinari” , qui li hanno irretiti e condotti sin verso la parte più bassa (duecento metri ) del territorio facendone uso nei campi o come forza motrice per le macchine idrauliche.

Questo progetto nasce proprio per non consentire ancora di più alla perdita delle radici del passato e tende al recupero delle identità culturali dei nostri contadini .

Attraverso la rivisitazione dei luoghi e dei mulini si propone di consegnare a tutti il testimone della saggezza contadina e l’operosità dei nostri artigiani.

Il programma ha come obiettivi ,pertanto, la conoscenza storica del territorio e la promozione delle tradizioni popolari attraverso il ciclo dell’acqua , il ciclo del pane e il ciclo del lavoro contadino.

Il programma si articola in varie fasi alcune delle quali già ultimate ed altre in una fase finale molto avanzata.

La individuazione dei manufatti e la loro catalogazione,inesistente come documentazione,è stata la fase più laboriosa e impegnativa.

A questa seguirà la proposta per il restauro di almeno due manufatti (mulini) di cui uno in montagna (il primo ) e l’altro nel centro storico dell’abitato .

Proposte di restauro saranno possibili per la presenza di artigiani ancora con la capacità di lavorare bene il legno e soprattutto di conoscerlo.

Non esistono purtroppo le maestranze in grado di lavorare la pietra che sarebbero state molto utili per trasmettere il loro sapere .

Per fortuna alcune macine ,da loro scalpellate ,hanno saputo resistere alla ruberia verso cui i nostri mulini sono stati oggetto.

L’esistenza di cave e pietre di arenaria saranno ,inoltre,motivo per insegnare e imparare le tecniche di lavorazione.

La parte interessante riguarderà il riutilizzo delle strutture sia attraverso la promozione del turismo rurale, che molto si presta nel nostro territorio, sia per la produzione di farine integrali come in un passato non lontano avveniva.

I percorsi montani faranno della bellezza del paesaggio anche il motivo per la riscoperta di suoni ,rumori, luce , colori ,profumi ,specie vegetali e animali sconosciute.

Concludere il percorso a “Piano di Maria” servirà per far rivivere la storia dei mulini che equivale a ridar vita ad un passato etnografico indubbiamente oggi sconosciuto ma fatto di lavoro, abilità,ingegno e che nell’insieme rappresentano un pezzo di vita dei nostri padri.

v Descrizione dell’immobile

La struttura non si presenta in condizioni di degrado preoccupante anche se il tetto ha prodotto lentamente nel tempo infiltrazioni d’acqua e successivamente il cedimento dei listoni e di tutte la travature che unitamente alle tegole sono riversate sul pavimento.

Resistono le due finestre e la porta anche se i segni degli eventi meteorologici sono visibili.

Le murature interne mantengono la geometria originale con caratteristici incavi murari ,ormai privi degli arnesi del mestieri ,forse trasferiti altrove.

Le macine ,in granito ,restano al loro posto “in posizione di lavoro “ pur se coperte da tegole ed altro rifiuto del tetto .

La sommità della struttura muraria interna non è affatto compromessa ma gli effetti degli eventi meteorologici sono visibili al primo strato dell’intonaco .

I muri non presentano fessure importanti e l’assenza di lesioni incoraggiano l’immediato recupero del locale con la ricostruzione del tetto che interessa una superficie di quasi appena 20 mq.

La misura dei muri perimetrali si può scrivere in 4,50 x 4,50 m mentre l’altezza ha un minimo di 2,70 m all’ingresso e circa 6 metri sulla parete opposta adiacente alla “ Sajitta “

All’interno del locale non si nota , al momento ,la crescita di alcun arbusto e neanche le forme erbacee hanno “messo radici “.

La parte esterna si mantiene integra ma è avvinta da una folta essenza di rampicanti che di buono mantengono coesa e protetta la forma della Sajitta o

“Capucuarnu“ mentre potrebbero diventare preoccupanti le possibili infiltrazioni radicali tra il pietrame che tuttora si è difeso “alla grande”. Queste essenze di edera rampicante sono principalmente radicate al suolo esterno , al locale , ma possono essere divelte o estirpate con facilità.

Per mia conoscenza diretta e per la testimonianza di chi tuttora abita le case della piazzetta,il percorso dell’acqua si svolgeva nella “gambitta “ a cielo aperto sul “Piano di Maria” e in trincea ,nelle case , entro il pavimento delle stesse.

Perché la via dell’acqua ,nella corsa verso il prossimo “Mulino del Principe “ doveva seguire ragionevolmente un percorso rettilineo per mantenere la velocità.

Poi ,il nascente abitato si allungò verso il “ Piano di Maria “ e le case furono costruite inglobando questa “gambitta “ .

Una ricerca personale e testimonianze varie ,acquisite presso i proprietari nel timore di ostruzioni durante lavori di manutenzione alle case ,hanno per fortuna fugato qualche dubbio e mi confermano la funzionalità della condotta, il tracciato originale e lo stato di buona conservazione.

La scalinata verso le arcate La consistente larghezza delle arcate

Un particolare dell’arcata evidenzia la buona salute della struttura e la coesione delle pietre

Un suggestivo particolare dell’ultimo tratto delle arcate

Vista allungata delle arcate e della condotta d’acqua verso l’acquaro

Le pietre di arenaria mostrano alcune conchiglie ed un arco perfetto

Davanti al Mulino si apre il “piano di Maria “ e due delle tre stradine

Le due stradine si aprono verso tipiche costruzioni con le scale esterne

Il Piano di Maria visto dal mulino,una tipica casetta e il muro di pietra a secco

Il Piano di Maria

Il Piano di Maria. Oggi come ieri ,così lo vedevano uomini ed asini infila per molire

Le stradine di accesso e le caratteristiche scale esterne. Particolari dopo il terremoto

Particolari di un Palazzo adiacente L’arte degli scalpellini è sul portale

Particolari e accorgimenti dopo il terremoto Un angolo caratteristico in fondo alla stradina

Ipotetico progetto di recupero

La copertura rimane la prima esigenza in assoluto onde preservare il locale da ulteriori esposizioni agli agenti meteorologici.

I coppi sono ancora reperibili in loco ,recuperandoli senza eccessiva difficoltà , in modo da inserirli e renderli compatibili con le coperture degli edifici vicini al fine di ricreare l’armonia e la conformità col paesaggio originario.

Le travature e i listelli del tetto saranno sostituiti come gli originali , reperibili ancora in loco e della stessa consistenza legnosa (castagno).

La porta e le finestre non sono in pessimo stato ma il segno del tempo ,la inoperosità sono evidenti .

Potrebbero essere riparate/sostituite con materiali legnosi uguali agli originali.

I motivi architettonici ,non eccessivi, potrebbero trovare una buona soluzione riutilizzando gli stessi materiali originali e per la muratura e l’intonaco occorrerebbe procedere al ripristino con malte e inerti del luogo.

La cunetta di adduzione per l’acqua verso la “Sajitta “va svuotata dai detriti e dal fogliame , ripulita dal terriccio e ricomposta in qualche punto.

Alle arcate vanno estirpate le essenze rampicanti di edere e le fughe tra le pietre ripulite e ricomposte con malta di arenaria e calce .

La realizzazione del sistema di rotazione delle macine potrebbe rappresentare qualche difficoltà .

Evento possibile nella ipotesi che qualche artigiano del posto manifestasse l’indisponibilità. Si ritiene che tale circostanza non sussista.

Sarebbe opportuno , infine , completare l’arredo del Piano di Maria con un selciato in pietra dello spazio antistante.

Mulino 5

Mulino del Principe

Lasciato il mulino DeVito la via dei mulini ci porta al “Mulino del Principe”. Il percorso è breve con un tragitto interamente in trincea sotto la pavimentazione delle case costruite nel tempo sopra la condotta. Questa ,realizzata interamente in pietra ,si ferma sul bordo di via Belvedere che segna il punto più alto del “Timpone”.

Era di fatto un “timpone “ che un degrado ripido e scosceso verso il basso.

Da qui ,l’acqua,dopo un salto di almeno venti metri, scendeva al “Piano dell’Acquaro” nella nuda terra .L’osservazione del luogo la dicono tutta sulla morfologia del terreno ,visibilmente un dirupo scosceso ,che accelerava con irruenza lo scorrere dell’acqua portandola dapprima nel Piano dell’Acquaro e quindi alle tre arcate del Mulino edificato in questo luogo.

Oggi il mulino non esiste più perché abbandonato dal proprietario che trasferì a Roma anche i suoi interessi e demolito negli anni trenta per motivi di sicurezza ed igiene.

Della presenza resta praticamente niente e solo “per chi sa “ l’intuito aiuta a scoprire qualche traccia.solo per chi sa della sua L’edificazione resta comunque segnata sulle carte dell’epoca.

Il timpone ,successivamente , fu ridotto a due sbalzi e costruiti due imponenti muri di contenimento.

Mulino 6

Mulino Dattilo

Al “Piano dell’Acquaro “ la condotta attraversa l’odierna strada sotto un ponticello e si porta in una grossa vasca di accumulo da dove l’acqua veniva ripartita per l’irrigazione e contemporaneamente era di transito per le esigenze del Mulino.

Un dislivello improvviso ,ancora visibile,costituiva il sito giusto per l’edificazione di questo mulino che con tre arcate sorreggeva la condotta sino alla “Sajitta “.Di questo mulino oggi è rimasto praticamente la forma , le fondamenta e la parte laterale di Nord-Est.

Non è “crollato “ ma trasformato in Garage. Le pietre delle arcate sono servite per l’utilizzo in opere murarie nella stessa zona mentre gli anelli in granito sono per fortuna ancora a far mostra delle abilità dello scalpellino.Le macine non sono state portate altrove a far bella mostra ma disposte nei pressi di una grande abitazione che il proprietario ha utilizzato come arredo. Il locale che “ospitava “ la ruota idraulica è ancora esistente ma sotterrata sotto il pavimento del Garage.

Mulino –Frantoio 7

località Cantone

Dattilo F oggi proprietà Serratore

Macchina frantoio oleareo Dattilo e - sullo sfondo – la “sajitta “ del mulino

Una imponente costruzione per la macina delle olive sovrasta il piccolo mulino chiamato “Mulinello”.La tipologia dell’area ricorda la “Macchia Chidone”.

Anche qui la grande macina delle olive veniva azionata da una grande ruota purziana sistemata alla struttura esterna del fabbricato che guarda ad Ovest.

Imponente la disposizione esterna della ruota e ancor di più il locale interno,molto grande e con una architettura classicheggiante che ostenta con sofferenza l’opulenza del proprietario e l’importanza dell’opificio.

Potrebbe essere recuperato ,mantenendo ancora intatte buone parti della struttura muraria ,e delle zone destinate alla lavorazione delle olive per la produzione di olio.

Mulino 8

Dattilo F.

Come accennato ,la presenza del mulino è segnata solo attraverso i ruderi che si intravedono. Per essere piccolo era certamente di supporto alla grande macina delle olive alla quale era affiancato sul lato Nord ed utilizzato in virtù di soddisfare le esigenze agricole di quest’area molto popolata e coltivata a frumento nonché mantenere l’utenza contadina come fonte di rendita. Circondato da arbusti a vegetazione impraticabile è posto a qualche metro sul fosso “Orto Fontana” al quale restituisce l’acqua ,ora non più utilizzata.

Siamo a quota 330 metri slm

In questo luogo la “Via dei Mulini” cede il passo al naturale scorrere delle acque che senza alcuna meta da qui in avanti corrono alla ricerca del Pilla e in compagnia di altri scoli incontrano il Pesipe per finire ,con questo,definitivamente nel Fiume Amato.

Siamo a quota 250 metri slm e qui finisce la nostra lunga passeggiata sul crinale Est.

La via dei mulini proseguirà verso altri mulini “solitari “ dislocati sul territorio comunale di Jacurso che utilizzeranno la presa d’acqua direttamente dai fiumi.

Il Mulino " Del Duca " riportato nelle  carte sulla strada per Cortale

Mulino 9

Mulino del Duca

Località “Gajianti” sul fiume Pilla

Proprietà Maiolo Angela

Località “Gajianti” sul fiume Pilla

L’arcata del Mulino del Duca L’interno del Mulino

Fa parte di uno dei quattro mulini “solitari” perché utilizzava direttamente l’acqua di un fiume.

Per non essere allineato con altri non fa parte della Via dei Mulini.

E’ posizionato sul versante opposto rispetto ai luoghi che abbiamo sinora incontrato .

E sul limite con il territorio di Cortale sulla sponda Jacurzana nel punto ove la strada carrabile , oggi SS181 , consentiva il trasporto del grano e altro tipo di cereale.

Si mantiene in discrete condizioni naturalmente protetto dalle intemperie anche se il tetto è , purtroppo, caduto.

La galleria ,dove si trova la ruota idraulica, è quasi chiusa per impedire che , durante l’inverno ,la piena portasse dentro ogni sorte di detriti.

Grosse pietre perciò sono state posizionate all’ingresso dell’arcata.

La sajitta e le arcate sono integre ma il locale di lavoro è crollato su due fiancate.

La via che porta al Mulino del Duca … quasi sul Fiume Pilla

Le arcate del Mulino del Duca

Mulino 10

Mulino DeVito Pasquale

località Greciuji

Scendendo dal Piano della Croce e imboccando la strada “Zingara” si arriva in questo luogo di nome “Vallini”.

L’interno della galleria è in buono stato ma invaso da erbacce

Dall’abitato il percorso per accedervi è , però, diverso.Si percorre la via per “Rodio” ,iniziando dalla zona S.Maria .Si oltrepassa “Agnello”e lasciando alle spalle “Coreca” bisogna scendere nella vallata per incontrare il “Cottola”. Qui a poca distanza dalle briglie il mulino DeVito sembra dormire circondato da una pace accarezzata dallo scorrere dell’acqua.

Il Mulino c’è e si mantiene discretamente anche se , come in tutti altri, il tetto è crollato e copre tra tegole e travature l’intero locale. La tipologia ripete il modo costruttivo degli altri mulini con arcate per la condotta d’acqua e la sajitta a mò di torre.

Penalizzato per la posizione un po’ appartata ,merita almeno la considerazione del recupero non essendo ancora un rudere .

Mulino 11

Località Vallini

Mulino Buccafurni Mariano

Nella stessa località e solo a 200 metri dall’altro ,sul bordo del Cottola si intravede questo mulino.

E’ difficoltoso avvicinarsi perché la vegetazione si è contrapposta ad ogni tentativo intrapreso. Arbusti prima ,alberelli ,spine ed essenze rampicanti dopo ,lo hanno completamente avvinghiato.

Visitarlo sarebbe scoprire solo un rudere ed è l’unico mulino incontrato in questa condizione.

Il Cottola che sorge alle falde del Monte Contessa scende rumoreggiando verso il territorio di Maida e più avanti renderà ancora utile le sue acque ad altri mulini e all’agricoltura.

Siamo , però , quasi nel territorio di Maida ed a qualche chilometro si avverte ,anche se non si vede,il ponte di Maida .

il mulino Dattilo è l'ultimo della fila sulla via dei mulini. Degradando sin quota 300 m si incontra la tipica macchia fatta di sugheri , corbezzoli e castagni...

Mulino 12

Mulino Giliberti

Localita “Machinella”

In questo luogo sulla cartografia indicato come ,abitualmente viene chiamato Machinella proprio per la presenza di una piccola macchina idraulica utilizzata per la trasformazione di cereali e altro.

Sorgeva su lato Nord-Est del Vallone Rodio dal quale prelevava le acque che azionavano le macine.

La strada consortile ,negli anni 1872 ,gli passò quasi sopra essendo stato costruito un ponte tra le due sponde.

Successivamente il ponte fu allargato tale che le tegole del mulino quasi si toccavano da sopra il ponticello.

Cadde in disuso e le sterpaglie oggi nascondono il rudere.

FINE

Mulino del Duca

Proprietà Maiolo Angela

Località “Gajianti” sul fiume Pilla

L’arcata del Mulino del Duca L’interno del Mulino

Fa parte di uno dei quattro mulini “solitari” perché utilizzava direttamente l’acqua di un fiume.

Per non essere allineato con altri non fa parte della Via dei Mulini.

E’ posizionato sul versante opposto rispetto ai luoghi che abbiamo sinora incontrato .

E sul limite con il territorio di Cortale sulla sponda Jacurzana nel punto ove la strada carrabile , oggi SS181 , consentiva il trasporto del grano e altro tipo di cereale.

Si mantiene in discrete condizioni essendo protetto dalle intemperie anche se il tetto è ,purtroppo, caduto.

La galleria dove si trova la ruota idraulica è quasi chiusa per impedire che la piena ,durante l’inverno,portasse dentro ogni sorte di detriti.Grosse pietre perciò sono state posizionate all’ingresso dell’arcata.

La sajitta e le arcate sono integre ma il locale di lavoro è crollato su due fiancate.

La via che porta al Mulino del Duca .. quasi sul Fiume Pilla

Atre attrezzata nei boschi lungo la via dei Mulini

Dentro una baita in territorio montano – tavola e caminetto

La vallata tra i costoni Vallini e Rodio – qui scorre il Cottola

Il territorio di Jacurso è alle spalle. Il Cottola continuerà ad azionare i mulini in territorio di Maida

La ruota di granito – al centro il foro per l’asse della macina superiore

Il Passo della Rutta – selciato in pietra per i carri -quota 900 m slm

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