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IL TERRITORIO

a cura del Dott. Gaetano  Del Giudice - Geologo

Molte volte ,durante una passeggiata nella zona montana del nostro territorio o nel corso di un'escursione in quella parte bassa, dove la viabilità è ridotta per l’asperità di quel territorio  , si ha avuto il desiderio di saper riconoscere gli alberi, gli arbusti e la struttura di pietre e rocce con particolari venature, colore e composizione.

 


Non è semplice; per gli esperti l'identificazione delle piante diventa semplice e si basa su classificazioni particolari.

Per la geomorfologia risulta praticamente impossibile senza la conoscenza di tantissime nozioni che richiedono un'osservazione analitica di

determinati particolari che alla persona inesperta capiterà facilmente di trascurare. La parte montana ,che si erge sino a quasi 1000 metri, offre pertanto un aspetto diverso da quello che si riscontra nella zona collocata sui 250 metri s.l.m.

A parte le precedenti pubblicazioni *,questa nuova documentazione crediamo possa essere utile a chi non conosce o conosce poco il territorio con la considerazione che di questo pianeta siamo semplicemente ospiti e non riusciamo ad accettare i continui mutamenti che , se pur lenti, continuano quotidianamente

.

Scopo del presente lavoro è ,pertanto ,quello di dare un contributo sugli studi riguardanti l’evoluzione morfologica del nostro luogo condotto da Giacinto Del Giudice ,giovane geologo ,appassionato della sua professione e di fruttuose escursioni alla scoperta anche della conformazione geomorfologica del nostro territorio molto interessante sotto questo aspetto.

Inizieremo a pubblicare alcune pagine che il Dott. Giacinto Lo Giudice ha scritto per Jacursoonline e che consentirà ai nostri lettori interessanti conoscenze.

* Il Territorio Antropizzato dell'Arch. Mimmo Mazza

* Il nostro territorio - a cura di jacursoonline

redazione jacursoonline


 

Ambiente  e  Territorio - Geologia   e  Aspetti  Geomorfologici a cura del dott. Gaetano Del Giudice - Geologo

Introduzione

 

Maestose montagne che nascono dal mare e disegnano all’orizzonte profili immutabili nei secoli, scorci così cari a noi come ai nostri avi… Non tutto sembra mutare, alcuni punti fermi sembrano non subire le leggi del tempo, eppure non è così.

La terra intera è in continua evoluzione, semplicemente ha dei tempi differenti dai nostri, tempi ben più lunghi! Ed è con questi tempi che la terra su cui viviamo cambia forma, si trasforma e condiziona nel bene e nel male la vita degli esseri viventi che ospita.

Il nostro Monte Contessa, sembrerebbe essere sempre stato lì. Nei secoli ha cambiato un po’ il suo aspetto, alternando rigogliosi boschi di pini, utili a costruire velieri, a tecnologici impianti che trasformano la forza del vento in energia elettrica. Ai nostri occhi appare da sempre immutato, il fatto è che stiamo sbagliando il modo di osservarlo! Qui non si parla di cento anni e neanche mille, ma di ordini di grandezza ben più grandi, dell’ordine dei milioni di anni, i tempi geologici appunto.

L’Arco Calabro Peloritano

Il monte Contessa si muove, ma non da solo. Fa parte di un sistema più ampio: l’arco calabro, che non corrisponde esattamente con i confini della nostra regione, ma è compreso tra due linee: a sud la linea Longi-Taormina (comprende quindi i monti Peloritani in Sicilia) e a nord la linea di Sangineto, nei pressi del confine con la Basilicata. Il nome per esteso dell’arco calabro è “Arco Calabro Peloritano” (per i motivi di cui sopra), ma da questo momento lo chiamerem “ACP” . Dal punto di vista geologico L’ACP si distingue dal resto del territorio nazionale per un semplice motivo: non ha niente in comune col resto dell’Italia (se non per una porzione della regione Ligure, con la quale la Calabria condivide la sua tribolata storia geologica, della quale ben presto sarete a conoscenza). In pratica la Calabria viaggia da sola, ma come viaggia? Dove Va? E soprattutto da dove viene?

Ebbene, da sempre l’area del mediterraneo in cui viviamo ha rappresentato per i geologi un intrigato puzzle da risolvere e i più esimi colleghi geologi hanno formulato le più disparate teorie per spiegare l’origine dei terreni cristallini calabresi. Sono state formulate le teorie più disparate, ma gli ultimi studi sembrano convergere verso la teoria della “Placca Mesomediterranea”. In pratica, tanti anni fa (geologicamente parlando) in un oceano chiamato Tetide esisteva un piccolo continente costituito da rocce paleozoiche (ovvero formatesi tra i 360 e i 250 milioni di anni fa) proveniente dall’attuale penisola Iberica. Questo continente, chiamato “placca mesomediterranea”, un giorno di oltre 100 milioni di anni fa decise di cominciare a frantumarsi in tanti pezzi che iniziarono ad allontanarsi tra di loro galleggiando come enormi zattere sul mantello terrestre. Queste “zattere alla deriva” intrapresero un lungo viaggio che sarebbe durato milioni di anni e che tuttora continua. Alcune collisero con l’attuale Spagna creando l’arco Betico, altre collisero col Marocco creando le catene montuose del Tell e del Riff, alcune si diressero in direzione sud-est andando ad incunearsi, circa 3 milioni di anni fa, tra la placca Africana e quella adriatica e andando a collidere con la placca oceanica dell’attuale mar ionio (o più correttamente “oceano Ionio” in quanto altro non è che ciò che resta dell’oceano Tetide ormai quasi completamente richiuso) arrampicandocisi sopra. La roccia iniziò così ad accavallarsi, rompersi, corrugarsi e piegarsi più volte su se stessa in condizioni di altissima pressione ed elevata temperatura mutando così la sua natura originaria e trasformandosi in roccia metamorfica. Il risultato di tale collisione è rappresentato da una serie di unità tettoniche (ovvero una serie di tipologie di rocce con caratteristiche affini) che formano quello che gli studiosi chiamano “Complesso Calabride”: una successione di rocce cristalline Paleozoiche (come le nostre Serre ad esempio) che si accavallano su rocce di origine marina.

Figura 1

Ricostruzione palinspastica dei terreni Calbro-Peloritani durante il passaggio tra Oligocene e Miocene, 23 milioni di anni fa. (Gueguen et al., 1998 modificato) con l’originaria posizione dell’africa. Le freccie nere rappresentano la direzione del movimento dei terreni Calabro.Peloritani. Abbreviazioni: CGL, Linea Curinga-Girifalco; CPT, Terreni Calabro Peloritani.

L’ACP continua tuttora il suo viaggio nel mediterraneo, ma non in modo continuo e non come un unico corpo rigido: si sposta a settori e per piccoli passi e questi settori sfregano, si accavallano tra di loro o si allontanano lungo delle superfici di frattura dette “aglie”. La roccia accumula energia ogni giorno che passa in porzioni differenti dell’arco, un po’ come quando si tira un elastico: questo si allunga e si stende un po’ alla volta, ma quando si spezza è un attimo. Quando una porzione è pronta, libera questa energia lungo le faglie compiendo un piccolo (si spera) movimento. È La somma di milioni di movimenti che fa si che l’intero arco continui la sua corsa verso sud-est. Ciò che noi possiamo osservare di questo lento ma inesorabile movimento è la grande energia liberata dalle faglie durante lo sfregamento sottoforma di onde sismiche, per lo più neanche avvertibili dall’uomo, ma a volte devastanti e distruttive come i terremoti che da sempre colpiscono la nostra terra.

I terremoti: come sono fatti

Ora che abbiamo chiaro alcuni concetti fondamentali, possiamo finalmente concentrarci sui protagonisti di questo breve racconto: i terremoti.

Abbiamo detto che la terra si muove lungo alcune fratture dette faglie e che lo sfregamento lungo una faglia causa un rilascio di energia sottoforma di onde sismiche. Le onde sismiche generate da un terremoto sono di 4 tipi. Le prime ad arrivare sono onde P (dette anche onde prime), sono in pratica le responsabili del boato tipico di un terremoto e di per se sono le meno pericolose. Subito dopo (dipende dalla distanza dall’epicentro) arrivano le onde S (onde seconde) e se ancora non siete usciti di casa conviene che lo facciate subito perché tutto comincia a ballare! Sono onde polarizzate (si propagano in una direzione) e si dividono in onde Sh e onde Sv a seconda che si spostino sul piano orizzontale o verticale. Vi è mai capitato di innaffiare il giardino ed ad un certo punto notate che in lontananza il tubo si è incastrato in un ramo? Bene, se siete dei fannulloni come il sottoscritto e vi annoiate ad andare a scioglierlo, dopo averlo strattonato invano rischiando pure di cadere, quello che fate è dare uno scossone al tubo con un movimento “su e giù” per creare un’onda nel tubo che vi permetta di superare l’ostacolo. Ebbene, quello che fate è creare un’onda Sv! Altri tipi di onda sono le onde superficiali: le onde di Love e le onde di Rayleigh. Le onde di Love sono onde polarizzate che si propagano esclusivamente lungo la superficie creando un movimento oscillatorio che si attenua con la profondità. Le onde di Rayleigh sono invece onde polarizzate su un piano e mentre avanzano in una direzione contemporaneamente fanno ruotare le particelle di terreno in modo “ellittico retrogrado” rispetto alla direzione di propagazione, sono praticamente come le onde del mare!

È grazie allo studio delle onde sismiche che i geologi riescono a fornire il punto esatto in cui si genera un terremoto (ipocentro). E studiando un gran numero di terremoti di una zona, assieme alle evidenze geomorfologiche, riescono quindi a ricostruire l’andamento della faglia responsabile dell’evento sismico.

Le serre e le faglie responsabili dei terremoti

Come abbiamo precedentemente illustrato, l’arco calabro possiede diversi sistemi di faglie con caratteristiche differenti, ma tutte quante sono in qualche modo legate tra loro in quanto appartenenti ad un più ampio sistema tettonico che è appunto l’arco Calabro Peloritano. L’assetto strutturale dell’ACP è ben riassunto nella figura numero 3, dove le linee nere rappresentano appunto le faglie.

Nella Calabria centrale esistono tre complessi di fratturazione differenti:

  • Il primo complesso si struttura immediatamente a nord dell’abitato di Jacurso ed è rappresentato dal sistema di faglie Maida-Stalettì: si tratta di una serie di faglie a componente prevalentemente distensiva ad andamento prevalentemente ONO-ESE ed immergenti verso N-E. Verso ovest tale sistema di faglie registra una rotazione antioraria, connettendosi al sistema Jacurso-San Pietro a Maida orientato in direzione E-O. Queste faglie registrano rigetti di 50-60 m durante il Quaternario delimitando il bacino Tortoniano-Messianiano e Plio-Pleistocenico della stretta di Catanzaro.

  • Il secondo complesso, parallelo al primo (nella figura è accorpato al primo), è rappresentato dal sistema di faglie Soverato-Girifalco. Si struttura a sud dell’abitato di Jacurso e rappresenta un importante zona di taglio interpretata come un Thrust (un sovrascorrimento) della catena alpina durante l’Eocene (40 milioni di anni fa) per mezzo del quale l’Unità di Castagna sovrascorre sull’Unità di Polia-Copanello.

  • Immediatamente a sud delle suddette faglie, i sistemi predominanti diventano le faglie estensionali appartenenti al sistema NNE-SSO.

Il punto di incontro tra questi tre sistemi di faglia ricade proprio nel nostro territorio, che rappresenta un importante punto di snodo tra le diverse faglie. Esso si trova infatti nella zona di intersezione tra la direttrice tettonica “Maida-Laureana di Borrello” e quelle “Maida-Stalettì” e “Soverato-Girifalco”

.

Figura 2.

Un rilascio di energia da parte di una faglia può comportare un accumulo di energia nelle porzioni di territorio circostanti che potrebbero in seguito rilasciarla lungo le faglie limitrofe. Questo è quello che è avvenuto nel corso dell’anno 1784, un anno terribile per la nostra regione, durante il quale una serie di eventi sismici si è susseguita partendo da Reggio Calabria fino ad arrivare a Catanzaro, seminando morti e distruzione in tutto il nostro territorio (figura 3).

Figura  3          

Un’altra serie di terremoti è avvenuta nei primi anni del 1900: in data 8 settembre 1905, un evento sismico del decimo grado della scala Mercalli, con epicentro nella zona di Vibo sconvolse l’intera regione, devastando centinaia di centri abitati e uccidendo più di 600 calabresi. Il terremoto si manifestò alle 01h43’colpendo violentemente le zone dell’alto Tirreno comprese tra Cosenza, Vibo Valentia, Capo Suvero e Capo Vaticano. Si verificarono fratture nel terreno ed estesi movimenti franosi. In quasi tutta la Regione, soprattutto in provincia di Catanzaro e nella parte settentrionale della provincia di Reggio Calabria,  si notarono  variazioni di portata e aumento di temperatura dei corsi d’acqua e delle sorgenti. In concomitanza con la scossa principale si avvertirono effetti di maremoto sia in mare aperto, sia tra le isole Eolie, che sulle coste calabresi dove l’ondata sommerse il tratto di spiaggia tra Vibo Marina e Tropea e i litorali di Scalea e Catanzaro marina.

Il 23 ottobre di due anni dopo un evento sismico del nono grado interessò la Calabria meridionale. Le vittime furono 167. Scrive G. Mercalli: “Dopo appena due anni dal grande terremoto calabrese dell’8 settembre 1905, un’altra violentissima scossa colpì la stessa regione la sera del 23 ottobre 1907 (…). Alla domanda – se il terremoto del 23 ottobre 1907 si debba considerare come una replica di quello dell’8 settembre 1905 - rispondo, con tutta sicurezza, negativamente. Solo si può affermare che il terremoto del 1905 e le sue repliche siano state la causa occasionale che risvegliò l’attività di un centro sismico sul versante jonico dell’aspromonte…”

Il 28 dicembre 1908 alle 5h 20’’, ora locale, venne registrato dai sismografi di  103 stazioni mondiali un violentissimo sisma pari al 10° di intensità della Scala Mercalli, con epicentro nello Stretto di Messina.  Il sisma, catastrofico, ebbe esiti di distruzione e  morte (le vittime furono quasi 100.000) in tutta l’ area geografica dello Stretto. La scossa più violenta, durata 36”, rase al suolo le Città di Messina e di Reggio Calabria e tutti i centri minori,  da  Palmi a Melito Porto Salvo sulla costa calabrese e da Punta Faro a Taormina su quella sicula. I superstiti dichiararono che il sisma iniziò con un rombo tremendo come di mille cannoni che sparassero contemporaneamente e che ad una forte scossa in senso sussultorio, dopo breve intervallo (circa 10”) ne seguì un’altra ancora più forte in senso ondulatorio e che al termine di quest’ultima ne seguì un’altra in senso vorticoso, la più lunga e la più disastrosa, che portò quasi al completo crollo di tutti gli edifici. Il terremoto fu seguito da un enorme tzunami che colpì le coste. Il 10° della Scala Mercalli era allora considerato il massimo dell’ intensità che può raggiungere un sisma. Dopo quest’evento il Prof. Mercalli, docente di Scienze Naturali e Geografia presso il Regio Liceo-Ginnasio “T. Campanella” di Reggio Calabria, portò da 10 a 12 i gradi della sua classificazione sismica, definendo il 12° “catastrofico”. Il terremoto del 1908 segnò un punto importante anche nella storia della legislazione italiana riguardante i vincoli antisismici; in base alle relazioni delle varie commissioni governative, tra cui quelle del Ministero dei Lavori Pubblici  fu redatto il  primo Testo Unico delle Leggi che regolano le norme edilizie antisismiche.

Conclusioni

La bellezza paesaggistica del nostro territorio è il risultato di milioni di anni di evoluzione tettonica che continua tuttora. Siamo solo ospiti del nostro pianeta e come tali dobbiamo imparare a conoscerlo e rispettarlo adeguandoci alle sue abitudini. I terremoti ci sono da sempre e continueranno ad esserci, sta a noi prendere coscienza della pericolosità del nostro territorio e adeguarci. La scienza negli ultimi anni ha fatto passi da gigante nella comprensione dei fenomeni sismici e l’attuale normativa sismica ci fornisce un potente strumento nella prevenzione dei rischi a questi correlati. Sta a noi ora decidere se odiare la nostra terra vivendo con la paura del terremoto o amarla, godendo dei suoi paesaggi mozzafiato e della bellezza che ogni giorno ci regala. Io ho optato per la seconda scelta!

Gaetano Del Giudice.

Bibliografia:

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ASPETTI GEOMECCANICI ED IDROGEOLOGICI DI AMMASSI GRANITOIDI (SERRE CALABRESI). Domenico Calcaterra, Antonio Ieto, Luigi Dattola. Boll. Soc. Geol. It. 112 (1993) 395-422.

THE CURINGA GIRIFALCO FAULT ZONE (NORTEN SERRE CALABRIA)AND ITS SIGNIFICATE WITHIN THE ALPINE TECTONIC EVOLUTION AF THE WESTERN MEDITERRANEO. A.Langone, E. Gueguen, G. Prosser, A. Caggianelli, A Rottura. Journal of geodinamics 42 (2006) 140-158.

NEOGENE-QUATERNARY STRIKE-SLIP TECTONICS IN THE CENTRAL CALABRIAN ARC (SOUTERN ITALY). C. Tansi, F. Muto, S. Critelli, G. Iovine. Journal of geodinamics 43 (2007) 393-414.

EVOLUZIONE NEOTETTONICA DEI PRINCIPALI SISTEMI DI FAGLIE DELLA CALABRIA CENTRALE. F.Ghisetti. Boll. Soc. Geol. It. 98 (1979), 387-430.


Ambiente e Territorio - Geologia e Aspetti Geomorfologici

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