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si andava all'acqua

 

Lu muru de l'acquaru

L’acquaru  era uno dei  luoghi dove abitualmente si ritrovavano i giovanotti sul far della  sera quando la strada che porta alla fontana veniva animata dai foresi  che tornavano dalle campagne ma  soprattutto da donne e giovanette che andavano all’acqua. A quell’ora ,seduti sul muro  de l’acquaru  , i giovanotti “ appostavano “  le ragazze “ che a momenti arrivavano dalle rughe del paese .

La Fontana aveva una architettura semplice ed essenziale .

Inizialmente era la fontana delle tre cannelle. Nell'ottocento fu necessario  ampliarla con altri  due canali per soddisfare i  bisogni della  popolazione. A questa fonte le donne lavavano i panni in capienti vasche, approvvigionavano l’acqua e gli animali si abbeveravano al mattino e alla sera .Dopo questo servizio,l’acqua si rendeva ancora utile per l’irrigazione degli ortali vicini.

Mutò l’immagine della facciata,ora  abbellita con tre nichiette,cinque fregi centrali  e tre falde sulla parte superiore . Le tre incavature oggi sono spoglie dei disegni ma la fontana si mantiene in buono stato conservativo. Ma adesso non si riempiono più le vozze, non si lavano i panni e le bestie non si vedono  più. Gli asini pazienti tenaci e stanchi non tornano più dalle campagne .

Si andava all'acqua ...a Cincu Cannali

...Ed era  l’unica occasione ,questa, in cui le giovanette si ritrovavano senza il controllo dei genitori o dei fratelli . Sulla figlie, la mamma esercitava comunque il controllo  affidando alla sorellina una discreta e involontaria azione di disturbo solo con la  presenza . A casa avrebbe confidato  ,anche ingenuamente, ciò che aveva visto , sentito e osservato .

In mancanza della sorellina  la vicina di casa  appuntava con occhio fidato ogni atteggiamento o comportamento sospetto. Con il nome  Acquaru si specificava   solo la località mentre  il posto ufficiale , preposto all’ appuntamento crepuscolare, era ” lu muru de l’acquaru o “lu muru supra la gurna “ dove ci si poteva sedere a perditempo per nutrire corpo e anima ammirando la grazia  delle belle giovincelle.

In questo luogo scorreva un copioso corso d’acqua  (da quì "acquaro") che partendo dalla lontana “Testa di Pilla” alimentava una serie di mulini. Sottostante al muretto sulla strada una grande vasca rimaneva colma della sua acqua . Poi l’acquaro riprendeva il corso verso altre macine e mulini per finire dopo tanto “lavoro “ nuovamente nel fiume da dove l'acqua era partita.


Di giorno il muro  offriva agli anziani la frescura del vicino pioppo  ed era anche un crocevia dove non mancavano  le persone che si trattenevano a scambiare due parole. Di fronte alla frenesia di oggi ,la vita di allora era certamente vissuta con valori diversi concedendo alla mente umana una salute più igienica.

Il Muro della Cona era un altro punto di incontri e a quella ora era anche il ritrovo dei giovanotti“ .

Qualcuno di questi si avvicinava  e  invitava   “…..Ti ‘ndà vìani all’Acquaru ! “.  La prima volta per i giovincelli spesso cominciava così. E ‘cchi fhacimu … ( rispondeva l’amicu)  nente !…jimu e bbidìmu (replicava l’interessato) . Forse, le prime volte, non si sapeva  veramente perché si andasse . Si andava perché crescendo maturava spontaneamente nei ragazzi l’interesse per le coetanee  come prima  lo era stato per il gioco e questo era l'iniziale coinvolgimento che spingeva a portarsi in questo luogo.


A quel tempo,manifestare i propri sentimenti era veramente difficoltoso.Le ragazze , al pari dei maschietti,andavano ad acqua anche per farsi ammirare e non mancavano da parte loro le occhiate verso i  coetanei maschi che , già per conto proprio,puntavano le attenzioni  sulla giovinetta prediletta .

Al primo apparire era una contaminazione di sguardi e ammiccamenti . Le speranze e quelle attenzioni erano riposte,poi, sulla via del ritorno quando il cuore palpitava aspettando un minimo gesto di complicità.

Talija ! Talija… (diceva all’amico ) , guarda si ‘ssi vota …guarda si ‘sbircia ! Batteva il cuore all’andata ma pensate  al ritorno quando, ‘cu lu varrile in testa e li vuazzi a ‘la mano , le ragazze coglievano lo sguardo che ,da capo a piedi , le scendeva addosso per un tratto di strada che ,nel bene e nel male,non finiva mai !. Ed era bello che non finisse mai ! Vuazzi ,Piriatti e Varrili pesavano anche tanto …ma non si sentivano. Qualche volta ,tradita dall’emozione ,si allentava la stretta ed una vozza… andava giù… ; le più sfrontate passavano imperiose ….altre mostravano il disagio delle attenzioni.

Tutto quello che stava succedendo  era bello, desiderato e importante. In fondo le giovanette volevano anche questo . Qui le ragazze giocavano tutta l’arte  giovanile che non si impara da nessuna parte  . In questo tratto di strada inconsciamente crescevano o si consumavano le prime palpitazioni e le prime delusioni. Era proprio vero. Sulla via della Fontana nascevano speranze e amori,storie e sogni. La mamma ,che capiva gli umori giovanili, al tempo opportuno sapeva andare alla fontana con la figlia  e quando questa  abbassava lo sguardo  ,imbarazzata , era Lei a cogliere  l’occhiata  dell’innamorato !

L’attesa,la penombra  serale ,l’andare incontro a questi appuntamenti , il ritrovo con le coetanee creavano una bella atmosfera che solo a quella età si può godere . E poi al muro dell’acquaro erano abituali i più belli del paese. E le giovanette erano davvero attraenti . Basta guardarle ! Poi tutto  finiva  con speranze e sogni verso un nuovo giorno.

Appostare - Appostavano = aspettare sul posto

Foresi = coloro che pur  residenti  a Jacurso, abitavano abitualmente in campagna

Gurna = vasca per irrigazione

Ortali = appezzamento di terreno per la coltura di ortaggi e verdure

Rughe = via , rione

Talija da talijare =  guardare ,osservare di nascosto senza farsi notare

Testa di Pilla = La testa del fiume Pilla-Le sorgenti dove ha inizio il Pilla


Ti ‘ndà vìani all’Acquaru = te ne vieni all’acquaro

E ‘cchi fhacimu” = E che facciamo

nente !…jimu e bbidìmu = niente ..andiamo e vediamo

guarda si ‘ssi vota … =  guarda se si volta (se ci guarda)

…guarda si ‘sbircia ! = guarda se osserva con la coda dell’occhio

cu lu varrile in testa e li vuazzi a ‘la mano = con il barile in testa e le brocche alla mano

Vozza - vuazzi (plurale) = Brocca  -vaso di terracotta che mantiene fresca l’acqua

Piriattu – piriatti (plurale) = vaso di terracotta di forma allungata


La poesia che riportiamo descrive con piacevole umorismo questa atmosfera. A Jacurso viene  cantata ancora da qualche donna che cortesemente “ l’ha  messa a conoscenza”. Con qualche diversità  la ritroviamo anche in altri luoghi.

La jicurzanejha

Arzìra vitti ‘na jicùrzanèjha

Chi ‘ssùla e sudàta de l’acquà venìa.

Li dìssi: giòia mia quàntu sii bèlla!

Na stìizza d’àcqua de la tùa volìa.


Ijha mi rispundìu cu  ‘nnà paròla bella.. :

…àcqua nun ssì‘ndà dùna pè la vìa,

si mmì càde de  ‘ncàpu la lancèjha,

cu la sènte stasìra a mammarèjha mìa!


- Si  ‘ttì la rùppu ti l’accàttu, bèlla,

‘cu  ‘li dinàri de la tasca mia,

a màmmata li pàgu la lancèjha,

a  ‘ttia, gioiùzza, ti pùartu ‘cu ‘mmìa.


Vìani a la casa ‘si mmì vùe vidìre

‘ca mamma ‘no ‘ncè e mi trùavi sula.

Ijhu si pigghjàu lu  mantu e la spàta…

àpari bella ‘ca l’ùra  è  bbènuta !


Mo chi bbènisti  ,io sùgnu intra e bòn ‘nserràta

‘tu sì ‘de fhòre …e  guàrdi li mùra

Addè venìre lu tìampu de l’ùva

Quàndu li belli dònni vànnu fhòre


Dàssami stàre e dàssalu venìre

Tìagnu sie fhràti e mi sàcciù guardàre !

‘ca màncu li tue fhràti mu fhùsseru leùni

Ammìanzu de la chjàzza t’hàju de vasàre


Si ttù mi vàsi la cuntàta è brùtta

Lu chjàccu cu li mani mìe t’hàju de armàre !

Ca pùe mi dìsse …addìo jicurzanèjha

…’ca l’àcqua ‘nò ‘ssì dùna pè la vìa…


La jacursanella

Ieri sera ho visto una jacursanella

Che sola e sudata dall’acqua veniva.

Le dissi :gioia mia quanto sei bella!

Un sorso d’acqua della tua vorrei.


Lei mi rispose con una parola “bella” …

Acqua non se ne dà per la strada,

se mi cade dal capo la lancella,

chi la sente stasera a mammarella mia!


Se te la rompo te la compro,” bella”!

Con i soldi della tasca mia

Alla tua mamma le pago la lancella,

A tè ,gioia, ti porto con me.


Vieni a casa se mi vuoi vedere

Che mamma non c’è e mi trovi sola.

Lui si prese il manto e la spada…

Apri bella che l’ora è venuta


Adesso che sei venuto, io sono dentro e ben serrata.

Tu sei di fuori…e guardi le mura

Ha da venire il tempo dell’uva

Quando le belle donne vanno fuori!


Lasciami stare e lascialo venire

Tengo sei fratelli e mi so guardare!

Che nemmeno se i tuoi fratelli fossero leoni.

In mezzo alla piazza ti ho da baciare


Se tu mi baci la diceria, è brutta

Il cappio con le mie mani te lo devo armare.

…Che poi mi disse…addio jacursanella

… che  l’acqua non si dà per la via…

 


La fontana era il posto dove si incontravano le donne e le ragazze per portare l’acqua a casa o per lavare i panni. Era l’occasione per corteggiare le ragazze ,affiancarle e rivolgerle qualche frase (un po’ rischioso !). In tal caso le ragazze cambiavano l'andatura sul lato opposto della strada o affrettavano il passo per non provocare le gelosie  o la reazione dei fratelli (che erano i loro tutori).

Ai maschi della famiglia era, infatti , demandato il compito di vigilare sulle femmine , gradire o no  il "pretendente"  e riferire ai genitori sui corteggiatori delle sorelle. Oltre l’occasione di andare alle fontane altri momenti per “vedere” le ragazze era il tempo della vendemmia quando in compagnia si andava nelle vigne.

Il controllo era molto rigido (soprattutto quando  la ragazza portava il fidanzato in casa ) e in concreto non si restava mai da soli. Già parlare anche una volta ,con un uomo si diventava compromesse al pettegolezzo! Ammìanzu de la chjàzza t’hàju de vasàre è una frase o peggio una intenzione fatale che compromette l’integrità morale e fisica della donna . Così  “ compromessa ” non avrebbe  altra scelta se non sposare l’uomo che l’ha resa tale. Nessun altro si sarebbe fatto avanti ....! Ma la ragazza , educata in famiglia,deve perciò saper  guardarsi da queste insidie.

La cuntata è brutta…sta a indicare la diceria che in un niente diventerà pettegolezzo e notizia brutta raccontata in ogni ruga e perciò disonorevole !  Se succederà una cosa simile la ragazza avrà la forza di  armare cioè costruire – fare un cappio con le proprie mani per vendicarsi dell’affronto.

Di fronte a tale atteggiamento di difesa il corteggiatore abbandona i suoi intenti e chiude con l'accorta decisione ..…’ca l’àcqua ‘nò ‘ssì dùna pè la vìa…

Oggi la promiscuità,le discoteche,i ritrovi,i concerti sono una normalità,ma povere ragazze e ragazzi quante rinunce sino agli anni ’60 !   ...anche se gli amori puri e quelli clandestini  sono sempre esistiti e le trasgressioni pure !

 

continua...

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