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Pacchiane e Pacchianelle

Il costume di Jacurso

Prima Parte -Si andava all’acqua: Pacchiane e Pacchianelle alla fontana dei Cinque Canali

La pacchiana è la donna che veste il tipico “costume “ del luogo. Il costume  è diverso da paese a paese e per le  sue varianti lascia anche capire lo stato civile e sociale della donna. A Jacurso,indossato da quasi tutta la popolazione femminile , per la prima volta le ragazze lo indossano all’età prossima ai quattordici anni.

 

 

Mogli e figlie degli artigiani o commercianti del paese  indossano  il costume facendolo cucire dalle  “maistre ” (sarte) . Le nostre sarte erano molto brave e per eccellenza la maistra era “Donna Beneditta”. Vanno ricordate anche  “Tiresina la postera”  - “Tiresina de lu Guardia “e “Tiresina de mastru Totu “ ( o la Smelarda) .Quante brave Teresine  ha avuto Jacurso! Dalle loro mani sono usciti i più bei costumi di Jacurso e non solo .  Li “Gunniajhi” pinzati ,la “fhaddalejha rigamata“ e li “fhorzalettuni cu li frangi” , “lu pannu “ sono i componenti  principali  del costume cuciti dalle mani abili di queste  artigiane della qualità.

Le donne di  “ palazzo” ,invece,non lo vestono e portano un  abbigliamento composto da  gonne molto ampie  e  camicione svasate che durante la stagione invernale  ricoprono  con maglie o giacche  “ fatte”  ai ferri. Per le giovani donne  di rango le gonne sono meno rigonfie ma ugualmente lunghe sino ai piedi e le camicette  “ncollate” e mai  aderenti. Li signuri... si vestianu come la moda de Napoli (così si diceva...senza forse comprendere il significato).A  Jacurso ,che di palazzi nel passato se ne sono visti molto pochi ,il costume rimane il vestiario ordinario per la quasi totalità delle donne  e viene indossato sino agli anni ’60 . Le donne più anziane ,prossime alla vecchiaia,portano in testa“ l’aggiaru ” (copricapo di origine greca) ed un costume dimesso prevalentemente di colore  nero.

 

piacevoli conversazioni femminili

Sinceramente era piacevole vederle  passare o comunque incontrarle per le vie del paese quando si recavano  a “ vestire “ una sposa. In queste occasioni si aspettava  con ansia il loro arrivo e l’apprensione diveniva sicurezza quando la ragazza  si ritrovava addosso l’abito bianco cucito dalla brava “maistra”. La domenica successiva ,la sposa ,usciva di casa con uno smagliante costume ,il panno rosso ed uno scialle  nero con le lunghe frange.

Il costume era e rimane molto bello per la forma,i colori e lo scialle. Le ragazze ,in modo particolare,lo indossavano con grazia e movenze tipiche dell’età .I colori e la bellezza facevano il resto. Le pacchianelle  vestivano il costume tra i tredici e i quattordici anni,età che sanciva ufficialmente  la crescita ed avviava le giovani verso il matrimonio perché ,a quel tempo, era questa la prima aspirazione delle famiglie e delle giovani donne.

Per  arrivarci c’era di mezzo il fidanzamento a cui si arrivava   disponendo bene  tutte le astuzie e le accortezze femminili. Le opportunità di socializzare erano ,tuttavia,scarse cioè nulle  e i momenti per osservare  e  farsi “ vedere “ si limitavano all’uscita domenicale per andare a messa e  a quella serale ,ore durante le quali le giovanette uscivano da casa per recarsi alle fontane . Attingere l’acqua era una delle prime necessità per le famiglie che tornavano dalle campagne ma anche per quelle degli artigiani ,commercianti e  della buona gente. Questo “ doveroso impegno “veniva assolto volentieri dalle ragazze  che trovavano il modo di uscire e incontrarsi con le coetanee.

Spesso avveniva anche con la complicità delle mamme che per averlo fatto prima delle figlie conoscevano bene quanto importante era stata per loro  la via della fontana. Così capitava che  “ all’acqua “ si andava anche più di una volta .L’uscita domenicale si ripeteva ogni sette giorni . Forse tanti ma non troppi e quasi anche  giusti .Necessari quanto serviva a creare l’attesa ,il desiderio e l’interesse. Preparare  i panni , lustrarsi per bene e accompagnarsi con l’amica del cuore costituiva l’impegno settimanale  verso la domenica per la  messa delle dieci .Tra andata e ritorno si era libere da tutto - “vozze” , “varrili “ o fuscelli di legna non erano più un fastidioso fardello. Il solo peso addosso restava  quello della gioventù ,del piacere   di  osservare  e  sentirsi “adocchiate” .

 

L’andare all’acqua era invece un fatto diverso ma  spontaneo  che consentiva di incontrarsi con  le coetanee di altre  “ rughe “ (vie) .Lungo il tragitto esponevano  a turno  i fatterelli personali e nell’attesa di riempire restava sempre poco  tempo per scambiare  tutti i pettegolezzi,conoscere qualche “nuova”e sbirciare le occhiate dei maschietti che allupati aspettavano al muro de’ l’acquaro .

I più “scostumati” addirittura  osavano  arrivare sino al muretto della fontana dove ricevevano le occhiate attente di qualche mamma e la gelosia di qualche pacchianella...

Le fontane di Jacurso sono state sempre due. Quella all’inizio del paese,venendo da Cortale,fu certamente la prima , sorta  al tempo in cui il casale era ridotto alle poche e sole case della “citatejha” (il luogo primitivo di Jacurso) .Successivamente quella di Castanò  divenne anche essenziale per le famiglie di quelle rughe e naturalmente per nostre giovincelle. Costruita durante il periodo fascista ,ma ancora prima esistente come semplice fontanella  di campagna,era meta soprattutto delle belle villaggiote che arrivavano a “ flotta” a riempire l’acqua.

La prima di queste fontane era ,sino all’800 , chiamata la ”Fhuntana de’  trì cannali “ avendo all’origine solo tre canali . In diversi documenti  viene denominata  come la “Fontana delle tre cannelle”. In seguito considerando l’espansione del paese  e visto il traffico serale,fu ampliata con un ”cannale  in più da ambo i lati” modificando di conseguenza il prospetto frontale. Ancora oggi mantiene l’aspetto originario con la nicchietta centrale  e quelle laterali  (ora senza dipinti ) mentre cinque  fregi in rilievo sormontano  l’arco di quella centrale .La sovrasta una balaustra sinuosa (tipica delle fontane) e sul retro si espande la camera delle vasche. Sul lato destro mantiene tuttora  il primitivo aspetto con la vasca - abbeveratoio per le bestie .

Vacche,buoi,capre ed asini rientravano ogni sera dalla fatica nei campi e conoscevano benissimo  quel luogo di ristoro serale verso cui si avviavano con voglia e sicurezza. A seguire, sulla destra , rimane intatta la  lunga vasca destinata  a soddisfare le esigenze per  lavare i panni. I canali non sono più quelli di un tempo  : in bronzo di un colore particolare,stampati e decorati  hanno accompagnato il fruscio ininterrotto dell’acqua  sino agli anni ’70 . Sostituiti da semplici canne tubolari oggi non vedono più le pacchianelle  ma sentono lo stesso fruscio di un tempo.

Quelli originari  ,estirpati ad arte , non vedono anche loro le belle pacchianelle destinate probabilmente a fare bella mostra nella  “Villa” di qualche  villano arricchito . Un intasamento  certamente  piacevole legava le giovani pacchianelle alle coetanee che tornavano dalla campagna perché  il “cutulò “ (parlettio) tra i vari gruppi che si formavano veniva distolto dallo sbattere dei panni delle donne che lavavano o distratto dall’originale fischio verso gli asini invogliati dal padrone ad abbeverarsi .Quel  tipico fischio rimane  anche un lontano ricordo come il detto : “si lu ciucciu no ‘bbo  ‘mmu vive,è inutile ca lu fhrischj”. Vacche e buoi si abbeveravano invece spontaneamente  sotto lo sguardo atteso  del padrone che li riportava subito alla stalla .

Ogni tanto l’insofferenza di qualche anziana donna,intenta a lavare,rompeva il  “ciuciulijare” (parlettio) delle pacchiane e delle allegre pacchianelle che sulla via della fontana  iniziavano  a conoscere nuovi interessi .  Poi tutto tornava nella consuetudine del rientro . Ognuna , carica del peso delle vozze strette nelle mani, sotto braccio e spesso con il varrile in testa ,riprendeva la strada verso l’acquaro dove, sazia del pettegolezzo consumato alla fontana era pronta per le emozioni finali che sapeva  di assoparare al muro de l’acquaro.  “Peppe  de ‘ndria “ la puntava da lontano  …e lei lo sapeva.

Già a metà strada lo sguardo e le attenzioni cominciavano a pesare addosso più dell’acqua e avvicinarsi  a quella schiera di allupati   cominciava a sciogliere la sua fierezza  turbandola con il piacevole dolore del disagio .Poi gli sguardi si incontravano ponendo fine a quel lungo approccio atteso tutto un pomeriggio. Per lei,spesso, restava  il tormento della scelta  e di sicuro il desiderio di tornare ancora all’acqua.

 

Si ringraziano :Angela - Chiara - Federica - Roberta - Naika -Dimitra -Marta per aver indossato il bel costume di Jacurso.

Mario - Bruno - Leonardo - Davide - AntonGiulio per aver "puntato " dal muro le belle ragazze di Jacurso.

Un doveroso riconoscimento ai genitori che hanno consentito la realizzazione di questo evento e quanti hanno collaborato in vario modo. In particolare le donne che hanno "prestato " i costumi , quelle  che le hanno vestite e le altre che hanno intrecciato i capelli.

segue...

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