La Libertà è la Costituzione
Due eventi nella settimana appena finita. La giornata dedicata alla Liberazione dal Nazifascismo e le Esequie del Papa Bergoglio.
Quanto al 25 Aprile ,Ottanta anni fa i partigiani entravano vittoriosi a Milano, capitale dell’Alta Italia come allora si diceva, liberando il Centro-Nord dall’occupazione tedesca e riunendo il Paese rimasto diviso su un confine mobile, spinto verso settentrione dall’avanzata degli Alleati.
Trionfava così, dopo venti durissimi mesi, la resistenza al nazifascismo .
La linea Gustav
Così più italianamente si screveva nel 1945. Il Percorso verso la Libertà .Oggi diventa sempre più complicato sentirsi italiano.
Scrissero “ che buona parte del territorio meridionale era stato risparmiato dall’occupazione nazista “ trascurando però che quel che restava della Grande Germania risaliva in modo ordinato e bellicoso la penisola. Ancora validamente armato in uomini e mezzi e pertanto ancora in grado di combattere. Anzi di inveire contro la popolazione dopo la resa italiana definendo la "inaffidabilità" degli italiani e della loro "viltà". E la popolazione civile fu la prima a subire le prime vessazioni come in Sicilia durante la ritirata quando a Castiglione di Sicilia, furono assassinati 16 civili dalla -Division 1 "Hermann Göring.
Dalla Calabria ,avanzando verso le province del Nord , raccontarono le nostre anziane donne , quella brava armata in divisa nazista non distribuiva regalie , cioccolatini e carezze come avrebbero fatto di li a poco gli Americani.
Ho letto degli eccidi a Rizziconi , Taurianova e in tanti altri luoghi calabresi dove non mancarono rappresaglie e fucilazioni a seguito di azioni di sabotaggio operati da partigiani locali. In alcuni casi, si scontrarono anche direttamente con le forze nazi-fasciste in combattimenti aperti , causando perdite alle truppe nemiche e contribuendo alla liberazione del territorio calabrese occupato . Quanto alle donne , quelle calabresi , svolsero un ruolo importante nella Resistenza, fornendo supporto logistico ai partigiani, svolgendo attività di intelligence e partecipando direttamente ai combattimenti.
Tra i partigiani calabresi decorati con medaglia d'oro al valor militare, si possono ricordare Aldo Barbaro e Vinicio Cortese di Catanzaro, Saverio Papandrea di Vibo Valentia, Carmine Fusca di Limbadi, Pasquale Staglianò di Bagnara, e altri.
Dopo aver fatto saltare i ponti , le truppe tedesche sostarono anche a Jacurso dove, aspettando il resto dei reparti in ritirata e in ritardo per le azioni di Resistenza e Lotta dei partigiani calabrsi, ebbero ad accamparsi nell’allora zona alberata di Santa Maria . Zona idonea per sfuggire all’aviazione americana . E qui a Jacurso, in una popolazione fragile fatta di anziani , uomini e donne “ con la forza delle armi non mancarono di “farsi ospitare a tavola “ commettendo di tutto e di più” . E voi pensate che a nessuno dei nostri padri gli sia ribollito il sangue ? Gli uomini ? Prigionieri , morti , dispersi , sbandati in nome di quei morti che sarebbero serviti al Duce per un posto al sole. Comunque tutti in guerra. Pochissimi quelli che tornarono. Vorrei ricordare anche i nostri Ragazzi in guerra ,quelli definiti IMI ed altri senza notizia periti nei campi di prigionia tedeschi e quei TRE tornati a Jacurso dai campi tedeschi. Grazie ai soldati russi.
Ho letto anche delle giornate di Potenza e Matera e poi le “ Quattro giornate di Napoli “, troppo spesso e riduttivamente rappresentato dalla solita informazione distorta come un moto di spontanea ribellione. Sviste verso un popolo derubato , mai unito e mai accolto da quel nord che sempre ha professato l’appartenenza alla Padania. E’ sempre questo il motivo o la ragione per cui si è soliti imporre la Resistenza come un evento storico che ha interessato pressoché esclusivamente l’Italia del Centro-Nord..
A Taurianova , intanto , legato a un albero di ulivo, era stato fucilato il socialista Cipriano Scarfò con l’accusa di aver sabotato le linee del telegrafo tedesco ed è il primo partigiano a pagare con la vita un atto di deliberata resistenza ai nazisti.
Tra i resistenti meridionali , nel Nord Italia si trovano operai, impiegati e studenti emigrati prima dello scoppio della guerra e c’è anche chi si è portato in quelle Regioni proprio per avviare la lotta armata contro il nemico nazifascista. Un caso esemplare è quello del calabrese Dante Castellucci la cui vicenda, inizialmente legata a quelli dei fratelli Cervi in Emilia, finirà anch’essa tragicamente.
Maria Blasi è una sposa bambina. Per seguire il suo giovanissimo Giovanni sui monti del Piemonte, dove si è unito ai partigiani, lascia il suo paesino lucano e il figlio di pochi anni. Fa la staffetta, poi combatte.
Anche noi allora e non soltanto una Bandiera del Nord potrà mai giustificare la voglia di libertà e democrazia. Ma perché questa sempre presunta superiorità?
E che si finisca di scrivere e insistere anche sui Briganti Delinquenti .
E’ un’altra storia sempre tutta da raccontare perché al Sud fu resistenza ancor prima che contro i tedeschi , contro il peggiore assassino. Il savoia Cialdini .
Il senso logico di questo scritto è tutto dentro la convinzione che la memoria rimembrata, preserva i ricordi dall’oblio. L’Associazione Kalokrio non mancherà di farlo plaudendo intanto a quanti nei comuni vicini hanno celebrato il 25 Aprile.
Il 1861 è , intanto , un anno che ognuno dovrebbe ricordare, non per la pseudo unità di Italia imposta con la forza, ma perché quell’anno i Savoia iniziarono il massacro del Sud.
E quando qualcuno ne volle parlare…. Lo spunto mi viene dalla breve lettura di una recensione al film Li chiamarono briganti di Pasquale Squittieri : un lavoro ambientato in un meridione infiammato dalle insurrezioni popolari seguite all’annessione sabauda, in un Sud che si ribella fornendo la giustificazione alla sanguinaria repressione dell’esercito piemontese. Fu Repressione. Basta leggere la storia non scritta e capire chi furono quelli chiamati Briganti da sterminare.
Leggo che Il film fu penalizzato dalla critica e registrò un incasso irrisorio al botteghino (75 milioni di lire), dovuto anche all’immediato ritiro dalle sale cinematografiche e subito pure introvabile. I motivi della sospensione non sono dati a sapere ma certamente molto chiari.
A proposito di Resistenza
Il Brigantaggio fu un grande movimento rivoluzionario e di massa, che lottò contro l’invasione piemontese e quelli che furono offensivamente definiti BRIGANTI erano invece partigiani che difendevano la loro patria, la loro terra, la loro gente, il loro Re Borbone e la Chiesa cattolica.
Più di un secolo e mezzo, ben 154 anni, in cui bugie, menzogne e verità nascoste, hanno attivato quel subdolo meccanismo di denigrazione della popolazione meridionale, talmente oliato a dovere da aver coinvolto anche fasce della popolazione del Sud. E Bisogna pur riconoscere le tante colpe dei meschini del Sud. Dei Politicanti scorretti e scodinzolanti.
Credo doverosa questa considerazione per questo spinoso argomento che in seno alla associazione KaloKrio non manca di essere argomentato anche spesso con semplici cittadini , professionisti ed altre associazioni . E’ quanto mai opportuno aprire un dibattito, a oggi ancora sopito, ma che tanto fuoco cova sotto la cenere del tempo per consentire che dalla Sicilia al Piemonte sia davvero un solo Popolo.
Si ha paura forse di togliere il velo di muffa che ricopre argomenti scabrosi, quali i diversi eccidi perpetrati ai danni d’interi villaggi trattati più alla stregua di nemici da educare, popolazioni su cui scaricare una rappresaglia cieca, più che di fratelli da riunire sotto la stessa bandiera. Certo che di eroi scesi al Sud ne abbiamo conosciuti non pochi. Cialdini , Garibaldi, Cavour, Bixio ed anche il Nunziante…dei Borbone.
Ha scritto in occasione del 25 aprile, Calabria7 – testata giornalistica online -
La memoria corta dell’Italia “liberata”
Ascoli, controlli sullo striscione antifascista l’Anpi: «Esprimiamo preoccupazione»
L'anpi Ascoli: «Un’attenzione davvero eccessiva e preoccupante, frutto delle nuove politiche repressive legiferate dal nostro governo nei confronti di chi manifesta del tutto pacificamente il proprio pensiero»
Ad Orbetello ,invece,una multa del Sindaco all'AMPI 566 euro di multa per occupazion e di suolo pubblico e viene impedito alla ,Banda di eseguire Bella Ciao. Il Boomerang ! La buona parte della gente indignata scende in piazza e ..Canta Bella Ciao. Perchè succedono queste cose in Italia diversamente ,per es, che in Usa e Francia dove non si creano questi fatti incredibili e c'è molto più maturità e democrazia?
Oggi, in un’Italia che spesso deride l’antifascismo o lo riduce a slogan, le storie dei partigiani calabresi rischiano l’oblio. C’è chi confonde la memoria storica con la nostalgia ideologica. Ma la Costituzione nasce anche grazie a questi uomini e donne del Sud, che hanno lottato per un Paese più giusto. Ancor prima sulle montagne venete moriva la meglio gioventù meridionale negli assalti alla baionetta.
Diceva Vittorio Calvari, partigiano di Campo Calabro: “La fine per sempre al fascismo è segnata… L’Italia è rinata.” Quel verso, scritto nel 1945, oggi dovrebbe essere inciso su ogni muro pubblico. Per ricordarci che la Liberazione non è un evento. È una scelta quotidiana.
Come ha scritto per primo anche Antonio Gramsci che meridionale non era , “lo stato italiano è stato una dittatura feroce che, dopo l’unità nazionale per molti anni ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”.
I nuovi padroni dell’Italia organizzarono una vera e propria guerra contro la rivolta dei contadini poveri, la vinsero massacrando un’intera classe sociale e poi l’hanno raccontata e la menzionano secondo i propri interessi, criminalizzando e diffamando i nemici di classe sconfitti.
Gli Storici
Come scrive lo storico Lorenzo Del Boca, “il Sud, inferocito e ribelle, fu piegato da 40 battaglioni di bersaglieri che considerarono quelle province come terre di conquista. Napoli e Palermo non furono trattate diversamente da come, decenni più tardi, avvenne per Mogadiscio e Addis Abeba. Dissero che venivano per portare la libertà ma – la libertà – la mostrarono dal mirino degli schioppi e sulla punta delle sciabole. Chi si ostinò a difendere la propria indipendenza fu chiamato “brigante”, gli distrussero l’economia, lo caricarono di tasse, lo affamarono e chi non si risolse a emigrare finì, in buon numero, davanti al plotone di esecuzione”.
Mi occorre rammentare, alle giovani generazioni, che quegli uomini, delle quali ho narrato, sono la base e la consistenza del nostro vivere quotidiano, al pari delle migliaia e migliaia di partigiani meridionali che presero parte alla guerra di liberazione delle città del Nord dalle forze Nazifasciste, con la differenza che, mentre i primi lottarono sino alla morte per la difesa della propria terra meridionale, in favore della sovranità dell’Italia Patria, perché non fosse spogliata dalle sue notevoli ricchezze che hanno arricchito il Nord, lasciando il sud, come un deserto di desolante povertà.
I secondi, hanno combattuto e difeso quel tanto allora odiato Piemonte, che aveva asservito gli avi, dalle orde nazifasciste, perché quanto avvenne oltre centocinquanta anni fa nel Sud, non avvenisse anche nel Nord.
Intanto, da quell’infausto momento storico, ebbe inizio il triste destino del Sud, giacché l’agricoltura, una volta rigogliosa e fertile, fu abbandonata a causa della mancanza di mano d’opera giovanile, costretta a emigrare chi in America e chi tra il più povero verso quel nord dell’Italia che, arricchitosi con le sostanze usurpate, aveva aperto quelle fabbriche e quegli opifici con i macchinari trasferiti dal Sud verso il Nord, quale bottino di guerra, nelle quali l’impiego dalla mano d’opera d’entrambi i sessi, principalmente meridionali era necessario.
Un’antifascista di stirpe calabra fu anche Renato Dulbecco, nato a Catanzaro nel 1914 da madre tropeana, Maria Virdia. Premio Nobel per la Medicina nel 1975, formò la sua coscienza antifascista nello studio del professor Giuseppe Levi a Torino, insieme a due altri Nobel e resistenti: Salvatore Luria e Rita Levi Montalcini. Un trio di scienza, conoscenza e coscienza, cresciuto contro la dittatura.
Calabresi al Nord: partigiani per scelta
Quando l’Italia si spacca dopo l’8 settembre 1943, centinaia di giovani calabresi raggiungono le brigate partigiane del Nord. Non per caso, ma per scelta politica. È il caso di Pasquale “Malerba” Brancatisano da Samo, classe 1922. Combatté nelle Langhe con la Divisione Garibaldi e fu uno degli ultimi testimoni viventi della Resistenza. Prima di morire, nel 2021, ricevette un ringraziamento ufficiale dal Presidente Mattarella.
Come lui, Aldo Chiantella, nome di battaglia Fieramosca, partì da Reggio per combattere in Friuli. A chi gli chiedeva perché, rispondeva: “Era un dovere morale. Non si poteva restare a guardare.” E poi Marco Perpiglia di Roccaforte del Greco, Gaetano Renda di Sambiase, Emilio La Scala e Domenico Petruzza di Nicastro: nomi che oggi pochi ricordano, ma che furono determinanti nel sogno di un’Italia libera.
Queste le storie vere e documentate dei partigiani calabresi che scelsero la libertà. E che oggi rischiamo di dimenticare .
Perché?
Asinocrazia è il termine coniato alcuni anni fa dal politologo Giovanni Sartori per definire le classi dirigenti della politica italiana. Non conoscono vergogna, non prendono lezioni da nessuno. Sono mediocri ma si credono i migliori, scrive invece il giornalista Sergio Rizzo nel suo libro “ La repubblica dei brocchi” .
In una società bene ordinata non sarebbero andati molto di là della qualifica d’impiegati d’ordine, diceva Leonardo Sciascia.
Sono questi i mali molto diffusi, a parere di chi scrive, in terra di Calabria e in tante Istituzioni Pubbliche dove ognuno ha un amico pronto a seguirlo a vita in cambio del favore. Una pena pesante che interessa maggiormente la politica a tutti i livelli. Regionale, Provinciale e Locale soprattutto. Dove si darà il consenso a vita in cambio della propria povertà.
Per chi vuol capire la fine cosa possa essere ,nel Meridione la stiamo organizzando e costruendo. Nel nostro Paesello , con buoni auspici , chiuderemo tra meno di un ventennio.. Cercheremo di resistere ma senza presunzione siamo in pochi e La leggenda del pifferaio di Hamelin è già in atto da tempo.
25 Aprile 2025 - francesco casalinuovo ass. cult. Kalokrio - sito www.jacursoonline.it
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