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Corado Alvaro

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Oggi ricorre l’anniversario della nascita di un artista e letterato calabrese, il cui valore è ampiamente riconosciuto.

La nostra Associazione KaloKrio , appena ieri, ha  silenziosamente ricordato  Franco Costabile e , appena qualche tempo prima,  il medico poeta Lorenzo Calogero. Hanno speso la loro vita cercando di far ascoltare il loro tormento  e la sofferenza del Meridione a gente che rimane tuttora impreparata ad ascoltare.

Oggi vogliamo menzionare un altro figlio di Calabria. Corrado Alvaro

Il 15 aprile del 1895 nasceva, infatti, Corrado Alvaro. Fu scrittore, giornalista, poeta e sceneggiatore: una vita dedicata alla cultura e alla conoscenza. Un personaggio multiforme anche un po’ controverso che, nel corso della sua vita, ha dato lustro alla sua Calabria raccontandola nelle sue opere.

Alvaro nasce a San Luca, nell’entroterra ionico reggino, ai piedi dell’Aspromonte. Il padre Antonio era un maestro elementare che insegnava anche agli adulti, contadini del posto e ai pastori, in una scuola serale da lui creata. La madre Antonia Giampaolo era figlia di proprietari terrieri.

Vi rimase fino al 1905, quando all’età di dieci anni, viene  mandato in collegio a Frascati. Era un istituto retto da gesuiti e frequentato dai figli della borghesia romana. Purtroppo vi rimase solamente cinque anni. Fu espulso, perché sorpreso a leggere libri proibiti tra cui Carducci e D’annunzio. Era già affascinato dalla poesia a cui si stava avvicinando. Durante gli anni di permanenza nel collegio, infatti, compose le prime liriche. Costretto a rientrare in Calabria finì gli studi nel prestigioso Liceo Galluppi di Catanzaro.

Il più conosciuto  è  “Gente in Aspromonte”. Quest’ultimo è considerato un significativo esempio di letteratura meridionalista. Un’opera che racconta la vita dura e selvaggia dei pastori dell’Aspromonte ma non solo .

Nel 1951 vince il “Premio Strega” con il libro “Quasi una vita”, un diario della sua vita tra il 1927 e il 1947, battendo autori del calibro di Alberto Moravia, Carlo Levi e Mario Soldati. La sua vita intensa , a differenza di Calogero e Costabile, viene sconvolta da un tumore addominale, che lo porterà alla morte l’11 giugno del 1956.

È stato un romanziere, un poeta, con uno sguardo di ampio respiro. Un intellettuale che ha messo in campo la sua esperienza cosmopolita, che si ritrova ampiamente nei suoi scritti. Un autore complesso che mette insieme la sua Calabria con il mondo, non cancellando la sua identità culturale e il suo essere uomo forte ed eclettico.

Catastrofi e spopolamento nell’opera di Corrado Alvaro

di Vito Teti

«Nel sottofondo della memoria di questi abitanti della costiera e dei paesi sulle pendici dell’Aspromonte, c’è l’urlo del torrente. […] C’è nell’animo di quegli abitanti, appena le prime piogge ballano sulle tegole delle casupole senza soffitto, la paura di quello che può fare la montagna. Fra veglia e sonno, si sente l’urlo, continuo, come un cane invocante tra squilli di campane. È la corrente nel suo letto di rotolanti pietre sonore. Da vicino si sente questa sorda orchestra di pietre, a tratti squillante trionfalmente» (Corrado Alvaro, 1954).

«Qui abbiamo un Dio, che quando piove ci porta a mare, e quando non piove secca il mondo. Questo anno non ha piovuto da sei mesi e siamo tutti disoccupati e in miseria»

Così scrive Alvaro, in Un treno nel Sud, cogliendo il carattere di un paesaggio fatto di paesi:

«Un altro aspetto della Calabria, è quello dei paesi abbandonati e disabitati sui monti e sui colli, le finestre vuote, il campanile vuoto ancora in piedi, il castello diroccato. Non soltanto le frane ne consigliarono l’abbandono, ma la maggior sicurezza di dopo l’Unità, la creazione di centri di commercio e di centri agricoli. Le associazioni a delinquere, che qualcuno tentò di instaurarvi a limitazione della mafia, non attecchirono, e la Calabria è ancor oggi uno dei paesi più sicuri a qualunque ora in ogni sua parte solitaria; è perfino la meno infestata dalla mendicità. Dopo l’Unità, sorsero sulle marine centri commerciali dominati dapprincipio dagli intraprendenti amalfitani, che dal più lontano medioevo avevano tenuto i traffici della regione spingendosi fin nei più remoti paesi dell’interno. Erano soltanto importatori di manufatti. Alle esportazioni dei prodotti del luogo, lana, miele, seta, pelli, lino, formaggi, essenze, provvedevano mercanti erranti coi muli, poiché mancavano le strade e i centri popolosi di smercio accessibili ai villaggi primitivi».

 


E’ del padrone

La terra

che attraverso

prima del gallo

è del padrone.

Il grano

che mi cresce

sotto gli occhi

mattina per mattina

è del padrone.

I colpi di fucile

che vengono dal fiume

sono del padrone.

Le donne,

le risate sull’aia

a mezzogiorno

sono sempre del padrone.

Ma il sole che mi scalda

non è del mio padrone.

di franco costabile

 

15 aprile 2025

francesco casalinuovo  ass. Cult. Kalokrio - jacursonline


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