Voglia di NATALE
Voglia di Natale
E’ arrivato anche questo Natale ma credo che ognuno di noi abbia dentro il migliore ricordo per quei Natali dell’infanzia.
Anch’io, come voi, ho dei bei ricordi dei primi anni ’50, di quando ero bambino. A Jacurso non si faceva l’albero di Natale , non c’era la tradizione dei doni di Babbo Natale e le strade erano un selciato di pietre a spina di pesce che oggi si tenta di ricomporre col cemento stampato. Su quelle pietre riesco ancora a sentire quel rumore metallico di quando passavano “ quelli della Montagna “ che ai piedi portavano grossi scarponi con le “ tacce “. Non dava fastidio quel rumore ma entrando in Chiesa si rallentava il passo per attenuarlo.
Noi e loro non avevamo una scarpiera e il più delle volte le scarpe erano un solo paio per la festa e per tutti i giorni.
Per ripulirle a lucido si usava la 'nzugna che era un grasso di animale ( il Maiale ), il metodo era in uso anche per renderle impermeabili. I calzolai come Mastro Peppe li riparavano anche bene riattandole per un altro anno.
A volte, quando capitava di sentirle un poco stretti, procuravano i calli ma tra un po di grasso per ammorbidirli e la necessaria pazienza che non mancava, si continuava a conviverci. Perché scarpe e scarponi venivano fatte dal calzolaio che il rimedio sapeva trovarlo.
Una volta , spesso anche in paese , le scarpe in uso erano le scarpe chiodate fatte su misura. Anche quelle della festa erano chiodate in modo che potessero resistere di più all'usura, erano scarpe fatte a mano dai nostri calzolai artigiani con suole che tagliavano con i loro coltelli sulla forma dei nostri piedi. Scarpe di curame cioè di vera suola e con la tomaia di Vacchetta che poi era la vera di pelle di vitello.
Oggi si tenta di imitare tutto ma non sarà mai la stessa cosa mancando la professionalità di quei mastri e sommastri ma soprattutto il materiale naturale oltre che umano . Quelle di oggi sono comode e costose, di gomma e plastica e non si riparano. Si comprano.
Oggi sono comode e costose, di gomma e plastica e non si riparano.
Non si sapeva chi fosse e perchè ci fosse ma c’era la Befana e, ancora lontani dalla televisione , ci credevamo da ingenui .
In casa si faceva il Presepe e sempre con materiale riciclato o di occasione .Scatole di cartone per le capanne , la carta del sacco di cemento per le montagne e la neve fatta di cotone o farina. Il muschio era invece quello vero, facile da reperire. In tutte le case venivano appesi, come portafortuna, grappoli di Vischio, una pianta parassita facile da trovare sui castagni o le querce, sempreverde e con delle bacche sferiche bianche.
Jacurso , un paese di quasi montagna ,non essendo disponibili altri tipi di pesce per Natale si cucinava il baccalà e non c’erano panettoni o pandori, ma tanti buoni dolci fatti in casa, talvolta un po’ diversi da famiglia in famiglia. Ciambelle di farina ,fritte e di forma varia, con o senza acciughe ed anche di patate; “Zzippuli “ ,insomma , ancora dal sapore unico e speciale quando ancora calde. La mamma friggeva e la famiglia mangiava ! Li turdulijhi , farina e uova, .Per entrambi il miele era l’accessorio necessario
Nel mio Presepe c’era sempre il pastore che mi incuriosiva ,il pecoraro , i re Magi . Son finiti quei presepi e adesso le statuine non hanno nè anima nè nome come il Natale stesso. Un evento di consumo, privato del sapore religioso. Da tempo non vado alla messa di mezzanotte ma il Natale arriva sempre anche se quel Natale non c'è più e non tornerà più col Presepe e Gesù Bambino.
Voglia di Natale
I paesini come Jacurso sono piccoli ,vuoti e quasi personali. Dei loro abitanti si conoscono i nomi e ancor di più i soprannomi , i vizi , le virtù e la personalità . Un paese che non è semplicemente un paese. Le case non sono solo i luoghi in cui si vive ma il racconto di una vita. Tutto appartiene a tutti e tutti appartengono a tutti gli altri quando uno di loro racconta in versi il suo paese.. Mario , Carmen , Francesco…
Stavolta riprendo una poesia di Francesco Gigliotti che Mario mi suggerisce mentre proponiamo alle riflessione di chi ci legge le immagini dei luoghi dove la vita è stata l’anima di generazioni che si sono passati il testimone.
La Citatejha “ è stata “ . La Citatejha , per questo , è stata addobbata anche stavolta come quando qualche anno fa " è stato " un Presepe vivente. Solo due anziane donne l’abitano ed è doverosa riconoscere l’attenzione data ad entrambe e a questo particolare luogo. La Citatejha e le Donne che ancora devono vivere il Natale che diversamente non riuscirebbero a percepire.
Voglia di Vita , Voglia di Natale. Voglia di Jacurso
Jicurzu Paese Mio
Jcurzu mio, mai ti dassaria
E no lu dicu mu ti fazzu nu piacire
Si nta lu core mi si mpila na spina
È pecchì ogni iuarmi ti vijiu morire,
nta li carriari nce nu silenziu stranu
Tuttu é mutu, tuttu è abbandunatu
sulu nu viacchiu assettatu a nu scalune
ntona nu lamiantu disfperatu:
“ Pecchi non nce si cchíu mugghiere cara,
pecchì mi dassasti sulu?
Mi s'astutau la luce nta l'anima
E mo, puru ca è juarnu, viju lu scuru !!!
E lu cialu sta ncantatu mu l'arricchia
E versa lacrimi amari ma no po fare nente.
O forse si: nu piazzu de sule si stoccau
e derittu l'arrivau a lu core
Nnta na casa vecchia e sdarrupata
Li surici zumpanu a ogne ura
nu travu stade all'aria mpenduluni
e nu tizzuni nta lu fhuacu
no fa mpiarnu ma paradisu
de nta na Cascia nesce l'adduru de la lissia,
'na vota cu cchissa si lavava
e jcurzu mio tu si ca iari pulitu.
Senza odiu e senza peccatu
ma sempre a la deritta ammanicatu !!!
Jcurzu, íhiure de li fhiuri
Cialu de nu mundu chi ormai non c'è cchiù!
Si ogne tantu splende deviaru lu sule
Lu raggiu cchiu bellu si sempre tu
Jcurzu tu no ti disperare
si tanti figghi tue s'alluntanaru
All`arva de nu iuamu no troppu luntanu
Ad unu ad unu li vedrai tornare
E ammazzamu lu vitiaju grassu
E facimu festa fino a la matina.
Mi vene mu pianzu a tia Signure caru
A tia supa la cruce
Sulu nta Jcurzu doppu chi moristi,
non si nda jiu la luce.
di Francesco Gigliotti
francesco casalinuovo
Auguri da Jacursoonline