Luigino...Chi Mai Sarà Stato !
Un ricordo è un ricordo. E’ qualcosa che arriva dal passato e può anche essere un oggetto ,un pensiero o persino un episodio spiacevole . Ma anche una sensazione, un sapore, un odore, un suono, una persona. In ogni caso il valore del ricordo è alto quando si raccontano uomini e donne ai quali è stata riconosciuta una spiccata personalità. Oppure di uomini e donne senza più un volto.
Un Uomo Solo al ...comando. Luiginu
Trattando di persone non è , dunque , facile raccontare o riprendere fatti di vita vissuti in epoche e contesti lontane dell’ oggi che viviamo. Per quelle condizioni dove accadono i fatti o sono vissute quelle persone , ci adopereremo di recuperare le memorie storiche attraverso immagini e documenti che aiuteranno a comprendere il lavoro del Dott. Dastoli e , a distanza di così lungo tempo , meglio disporre di aprire la mente al lettore di oggi .
Attraverso questo lavoro , la narrazione viene ricostruita, modellata e riempita di senso e tale impegno diviene un accorto esercizio riflessivo in grado di promuovere considerazioine e apprendimento sia per chi narra sia per chi legge. Ogni vissuto riteniamo che possa , pertanto ,celare un significato sia per chi lo narra (che ha il dovere di far emergere ) e per chi lo legge (che ha il diritto di “accogliere” o rifiutare ) .
Una Finestra su Jacurso
Un raccontare dei tempi andati che si farà conoscere alle generazioni del novecento attraverso queste pubblicazioni .
Raccontare e raccontarsi: è questo il tema centrale che fa da filo conduttore del Terzo incontro che Mario ci propone .I terreni privilegiati dell’incontro
e dello scambio tra storie d’infanzia e "biografie adulte " hanno radici comuni,
condividono luoghi di vita, progetti e orizzonti comuni. E dentro ci siamo sempre ancora noi quando...... C’era un volta......Lu Guardia
Lu Guardia !
Quanti partitìaddri,
a ogne ura,
supa lu timpune,
arrìatu lu strittu o,
cìarti vuati,
puru all’acquaru,
cu la pagura ca,
de nu momentu a ‘nn’atru,
potìa arrivare sempe
lu guardia.
Era, pe nnui hhfigghjjiuali,
nu periculu costante e
all’uacchji nuastri era
de vìaru n’uamu malu;
certu iddru hhacìa lu dovere sue,
però,
no ssi potìa jiocare duve vìaddri e
oggne bbota chi l’abbistavamu arrivare,
era nu scappa e fuji generale;
si abbandunava puru lu pallone o
la palliceddra de cinquanta liri,
cu ttanti sacrihfici rimediata.
Lu guardia si vestìa sempe
lu stessu,
cu la divisa nigura stirata,
nu barrìattu cu lucida visìara,
lu sguardu seriu,
l’uacchji sempe attenti chi
sporgianu de hfore e
pparìanu spirdati.
No ‘nc’eranu jiuarni hfestivi o
lavuranti,
Iddru jiia sempe girandu,
paise-paise e
nno ttrovava pace,
non avìa rìajima de nente,
era lu terrore de li gìanti;
quale dannu potìamu hfare,
nui hfigghjiuali,
jiocandu,
cu nna palla de gomma,
supa lu timpune?
Certu, capitava ‘ncuna vota, ca
potìa arrivare a ‘nna hfurnesta
de li casi ddra vicinu e
ruppire macare
‘ncunu vitru, ma
nui, no lu hfacìamu apposta……
atri vuati,
sempe no bbolendu,
potìa schjjiaccare ‘ncuna
hfimmina, passante,
cu li vuazzi d’acqua a li mani,
o puramente,
la palla jjia a ffinire a la banda de sutta,
a la hfuntanina,
duve Margarita,
na hfimmina chi bbolìa tantu bene
a li hfiggjiuali,
era sempe pronta,
cu ‘nu curteddrazzu a li mani, e
chiddra palliceddra venìa,
ddra pe ddra,
rinduciuta a ddui menzini……
Nui tutti,
povarìaddri,
avìamu de stare sempe all’erta,
nè tantu menu,
arrivati a la casa ‘nc’era cumprensione,
pecchì si avìa arrivatu ‘ncuna vuce,
dui schjiaffettuni,
no nni li caccìava nuddru…..
E mmenu male ca,
a chiddri tìampi, lu cristianu
era puru anzianu,
pecchì, a cuamu cuntavanu li randi,
quandu era giuvane,
parramu de li anni trenta e coranta,
era nu diavulu ‘mperzuna,
lu terrore
de tuttu lu paise.
Iddru tenìa l’ordine e la disciplina,
li povari gìanti
vasciavanu la capu a lu ‘ncontrare, o
cangiavanu strata a
lu sulu vidìre de luntanu;
pensati ca, si,
a la cantina de vinu,
de la Petrantona,
‘ncunu ‘mbriacune
azava la vuce,
quandu l’arculu
avìa cominciatu a ffare effettu,
puru ca lu povaru
no ffacìa nente de male,
senza mu l’abbisa nuddru,
cuamu si era appostatu ddra vicinu,
iddru si prisentava cu la hfacce truce e
si nno tti mantenivii carmu-carmu,
ti pellarijjiava all’istante e
ti mentìa intru pe ‘nna notte.
Li tìampi eranu chiddri,
l’autorità hfacìa lu mistìari sue,
macare avìa nu
sensu esageratu de lu dovere e
pperò,
amaru li cani cu ‘ncappava;
avivi mu vasci la crista e mu ti la ‘nduci,
no ‘nc’era legge a ddihfesa
de la povara gente.
Passau tantu tiampu e
li cuasi sunu assai cangiati;
lu paise chjianu-chjianu si sbacau,
e si ppeccasu vai girandu,
no ssìanti cchjiù
vuci de hfiggjiuali,
‘nta li strati no ssi vide anima viva;
li puarti de li casi sunu chjiusi,
serrati tutti li hfurniasti.
Lu timpune,
de ervazzi e piruni cuverutu,
li mura, de ìarvi de vìantu;
lu silenziu ‘nta li carrìari
hfa spavìantu;
la tristezza la sianti ‘nta lu core,
li lagrimi a stenti li trattìani.
Mo no ‘nc’è cchjiù bisuagnu
de ordine e disciplina,
ahimè,
no sserve cchjiù
nuddra vigilanza.
del Dott. Mario Dastoli
Scappamu !...... Lu Guardia
.......................
Per quanti vorranno approfondire e conoscere il modo di vivere in un Paese di nome Jacurso
Ci stiamo impegnando a farlo con educazione , rispetto e correttezza anche perché alcune delle persone delle quali i ricordi compaiono in queste pagine , avevano a quel tempo un’età assai avanzata e per il ruolo che ricoprivano in quella Società, nella Civica Amministrazione o nell Associazione Religiosa di allora hanno dovuto superare comprensibilmente non pochi compromessi con se stessi per essere persone " speciali " o " Particolari ". Cioè normali per il ruolo e l’attività da loro svolta in quella società diversa dalla nostra.
Compromessi e comportamentali dovute in qualche caso semplicemente per la rigida educazione , diremmo autoritaria durante il Ventennio , oltre che ad una scarsa formazione scolastica , spesso irregolare , unita ad una non piena padronanza della lingua italiana o, più larvatamente, all’ impressione che la propria vita o il ruolo sociale potessero avere un senso solo per i familiari e gli amici più stretti.
Quando Mario, il Dott . Mario Dastoli , ha prospettato al gruppo di cui fa parte questo progetto, abbiamo aderito e sostenuto con la consapevolezza di poter mirare alla riscoperta e alla valorizzazione della Storia locale e del territorio. Abbiamo aderito e sostenuto i suoi testi perché consapevoli del valore aggiunto che il narrare conferisce al bene comune di questi luoghi. Tanto lontani e tanto vicini alla seconda e terza generazioni di quei padri emigrati negli anni venti . “ Una finestra su Jacurso “ sarà pertanto la storia di un paese radunata intorno alle voci locali tra passato e presente dove radici , persone e vicende si intrecciano per dare al ricordo uno spessore comunitario e fissare la memoria del Novecento che ha visto sbriciolare la comunità insieme al territorio. Ricordi , pertanto , lontani nel tempo che ci offriranno sensazioni particolari facendo rivivere episodi dimenticati. Rivediamo personaggi orgogliosi di appartenere e insieme persone di miseria e solitudine.
Jacurso
Jacurso vuol dire paese del Sud, sinonimo di Mezzogiorno d'Italia, la vita dei suoi abitanti alla fine dell'ottocento e nei primi cinquant'anni del novecento è simile a quella degli abitanti di tanti altri paesi meridionali. La maggior parte dei suoi abitanti sono contadini, pochi gli artigiani, pochissimi gli studenti e professionisti e analfabetismo diffuso. E poi un curato, alcuni proprietari terrieri e … un barone o un marchese o un duca che dominano il paese. Perché eravamo assoggettati al Feudo di Maida e successivamente , quando nel 1811 diventeremo Comune, a qualche presunto “ capizzune “ locale.
Anni di sottomissione, di miseria e di fame e, soprattutto di guerre, ben Due Guerre mondiali interessano questo lasso di tempo. E' vero che i paesi del Sud sono lontani dai campi di battaglia, ma anche qui si sentono le gravi conseguenze della guerra. Più tardi il paese Jacurso si spopola, restano solo vecchi, donne e bambini, i campi restano incolti per mancanza di manodopera efficiente e, la vita nei paese ad economia prettamente agricola e artigianale si va come spegnendo. In alcuni paesi , e Jacurso sarà capofila, non c'è il completo ciclo scolastico . Ma già negli anni trenta la scuola elementare è persino frequentata da pochissimi, perchè le famiglie, quasi tutte numerose hanno bisogno di mandare i figli più grandi (sei o sette anni) a lavorare oppure devono badare ai fratelli più piccoli.
Il Maestro Antonio Soverati ,insegnante al corso maschile scrive nelle relazioni trimestrali che “ dopo l’iscrizione, l’abbandono è conseguente per abitudine e necessità. “ perché i genitori ritengono più utile farli lavorare nei campi che imparare a scrivere almeno la firma .” Né il ricorso alla Guardia Municipale che diffida i genitori a farli frequentare , porta a soluzione l’abbandono della frequenza scolastica.
L'ignoranza e l'analfabetismo sono l'altra piaga di questi anni infelici. Arretratezza intellettuale e morale caratterizzano, perciò, le popolazioni di Jacurso e non poche sono le credenze ed i pregiudizi a cui la gente è legata. Si fa spesso ricorso alla magia, si teme il "malocchio" , ritenuti causa di tante malattie e disavventure, si ha il terrore del diavolo e di esseri strani e malvagi, creati dalla fantasia popolare .
Viene anche qualche Maga. Dice di indovinare la Fhortuna o fhare “ magherie d’amore”. Spesso finisce con l’arrivo della Guardia Luigino . Non ci sono ancore le fogne ne l’acqua corrente. L’esercizio dell' Ufficiale Sanitario è ricoperto dal Dott.Giliberti. Scrive al Sindaco e affida alla Guardia il controllo delle stalle, dei porcili e soprattutto di chi non fa vaccinare i figli.
Al mattino , aprendo le finestre , l’aria è irrespirabile per il fetore degli escrementi abbandonati e spesso -scrive – è anche indecoroso vedere le nudità di uomini e donne che defecano. E’ sempre affidata alla sorveglianza dell’unica Guardia il decoro e l’igiene nel paese.
E poi l'altra piaga dei ragazzi discoli , difficili da educare. Non uno solo finiva alla " Camera de Corruzione "
Situazioni particolari. Figli orfani , illegittimi , di padri maneschi ....a qualcuno piaceva rubacchiare quel che passava la stagione. Cipolle, ciliege , cetrioli...puma. Ragazzi discoli ....il marchio. capitò di un minorenne portato da Luigino al riformatorio di Cairo Montenotte. Dopo una settimana la direzione invitava il comune di riprendere il ragazzo. Perchè non era opportuna alcuna rieducazione. Il ragazzo piuttosto era malnutrito. Una delle piaghe del meridione che mancava di assistenza e spesso venivano ricoverati anche al manicomio...da seri
Quelli dediti ai furti.Non lo facevano per vagabondare o professione .Spesso per necessità. Ladri di polli, uova..conigli. Che stanno tornando di necessità...!
Bettole e Ubriaconi
A Jacurso , anni cinquanta – sessanta le bettole attive sono sette e tutte gestite da donne. Le bettole sono il raduno degli uomini. Cioè ,a fine giornata , quelli che zappano la terra a giornata e comunque i bracciali, gli uomini di fatica , i vaticali . Praticamente l’abbondanza dei contadini che tornano dalla terra si fermano alla bettola abitudinaria per farsi un “quarto di vino “ ristoratore.
Abitualmente sono già presenti i proprietari terrieri che hanno bisogno di manodopera o prestazioni d’opera come ,per chi ricorda , Micuzzu de Donna Maria o qualcuno dei Giliberti. Le bettole del tempo non riempiono solo bicchieri di vino ma funzionano come Agenzie di Lavoro dove Domanda e Offerta si incontrano e contrattano le prestazioni. Prima delle otto serali …passa Luigino ... la Guardia. “ Giovanotto ti pare ora di chiudere ! “…..Se non tutte le sere … le risse erano anche abituali . Per via del vino che annebbiava le menti e animava le lingue. Risse e ubriaconi diventavano lo spettacolo dei rioni . Spesso qualcuno “ misurando la strada a ZichiZac “ cadeva anche nella cunetta e li restava sin quando al mattino la mente tornava serena.
A casa non stavano preoccupati mentre altri che riuscivano a rientrare diventavano maneschi di brutto. Gridate … e arrivava la Guardia ( Luigino ) e a volte i carabinieri. Luigino era sempre in servizio e non mancava sera che il sottoscala del Municipio, adibito a cella , venisse occupata o sovraffollata . Alle fontane era un andazzo continuo e Luigino nel suo continuo girovagare in cerca di contestare violazioni diventava lo spauracchio delle Donne. Per chi sporcava, per chi lavava le verdure o i panni dove non consentito.
da Le Donne si Raccontano
Donne e uomini nascono, vivono e muoiono. Molti di loro non lasciano alcuna traccia di sé e della propria esistenza. Sappiamo che milioni di uomini hanno lavorato e/o detenuto il potere, ma nella storia rimane ben poco di essi. A volte una semplice genealogia di nomi incisi sulla pietra e nel marmo o scritti in libri.
Milioni di donne hanno partorito e allevato dei figli, ma raramente la memoria di tante maternità è stata tramandata. In passato venivano narrate le vite eccellenti, di uomini celebri, certamente non si tramandavano storie di servitori e di semplici operai e contadini. Donne delle nostre rughe saranno ricordate da Mario per il contributo che hanno dato alla collettività e a volte per la loro quasi normale emancipazione passata inosservata. Perché le memorie femminili erano rare ed eccezionali, nell’epoca di cui ci occuperemo.
E Noi !
Eravamo nell'epoca che avanzava verso gli anni sessanta e ancora figli del Dopoguerra. Avevamo paura di Luigino perchè ci tagliava la palla. "Scappa...scappa ca arriva Luiginu " . Che evoluzione ! Ora i Vigili , la Polizia Locale... Alle due di notte lasci la portiera aperta ... e tigodi na Birra fresca e un po di Rock en Rol ! Le bottiglie e le cicche ...qualcuno ci penserà...
Noi con quella paure però eravamo felici, crescevamo, il paese era per noi un parco giochi, ogni gioco era un parto di fantasia, ogni volta dovevamo inventare e scambiarci le regole, le nostre famiglie ci volevano bene, mangiavamo verdure e pasta, sughi e frittate, latte e formaggi, carne una volta alla settimana ma non sempre, andavamo a scuola ed eravamo sempre attenti perché il maestro era severo, aveva sempre una bacchetta in mano che usava e faceva male. Era così e forse siamo cresciuti un po dritti anche per questo.
E noi ragazzini continuavamo a giocare, a vederci come prima nei soliti posti, alle solite ore e a parlare. Ma anche per noi qualcosa era cambiato, non lo capivamo, non lo potevamo capire, lo vedevamo nelle facce dei grandi e un’ombra di tristezza si era impadronita di noi. Ancora oggi ripensando a quei momenti penso che tutti noi riviviamo le ansie e le paure di quei giorni, ci ricordiamo di cosa significa incertezza.
Ecco, tutto ciò non si dimentica, non si dimenticano i visi e i nomi degli amici con i quali si sono condivise giornate, episodi e pensieri, non si dimentica quel pezzo di vita che ci ha costruiti e che è rimasto dentro di noi per sempre.
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