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Maledetta Guerra & Profezie

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Era arrivato il freddo e poi  la  neve .  Ai rigori dell’inverno eravamo però abituati e le case troppo piccole diventavano solo comode per non patire il freddo. La legna non  mancava , il focolare  quasi sempre acceso e un batuffolo di cotone  per la fiammella serale della lanterna ci bastava .                  Quanti non disponevano , ed erano in tanti, potevano approvigionare il fabbisogno  liberamente nelle proprietà comunali appositamente predisposte.

Tempo di guerra voleva anche dire tempi difficili   ed erano in tanti ,soprattutto anziani, invalidi e vecchi , i più fragili  che  non disponevano  di legna  e di che mangiare ma , a colmare quel vuoto,non mancava  la solidarietà della “ ruga “ che riusciva a risolvere  ogni giorno  le difficoltà del vicino  senza farlo pesare . In campagna la vita era necessariamente  diversa  in quanto anche  la  famiglia numerosa,con contratti di mezzadria ,diventava un nucleo autosufficiente  perchè coltivava grano, orzo, cereali ,verdure ,ortaggi e non mancavaro gli  alberi da frutta per ogni stagione ,la canapa da filare per produrre lenzuola . Si allevava almeno una  vacca da latte e qualche vitello , maiali, piccioni, galline, conigli. Se non un gregge ,pecore e capre non facevano difetto per i formaggi e latticini mentre  i bachi da seta erano mansione delle piccole donne interessate a  produrre tessuti per la dote . Chi abitava in collina disponeva anche di noci e castagne e ghiande , che in inverno diventavano nutrimento di fondamentale importanza anche  per gli animali . Quanto alle famiglie poco abbienti e  agli anziani e vecchi del paese ogni tanto si dava accesso  nelle proprietà dei più fortunati e  , quanto per la legna, nei demani comunali appositamente predisposti. Dietro Volino , il bosco  più alberato ma più lontano , era molto  frequentato insieme a “ Raspa “  e “ Terrano “  che la gioventù dell’oggi non sa e , suppongo, mai conoscerà.

 

Una donna di Calabria , scrive Padula , vale quanto l'uomo d'ogni altro paese: i fianchi vigorosi, gli occhi arditi, i polsi robusti, le gote floride, la ricca capigliatura, e l'accento minaccioso la dicono nata nel paese dei terremoti e dei vini forti...


Era di maggio. Ed era verso sera.

Io la incontrai sul limite del bosco,

Carica di un gran fascio di brughiera.

- "Non mi conosce?" - "No, non vi conosco" -


Turgido il collo e tutto rosso il viso,

Ella ansimava: sotto il peso grave.

La mia risposta spense il suo sorriso,

Che allo apparire tanto era soave.


Chi era? Non l'avevo mai veduta.

Era una donna come ne son tante,

Una povera donna sconosciuta

In povertà di veste e di sembiante.


Forse anche un giorno ell'era stata bella,

Rosea nel volto e ben torniti i fianchi;

Or niente aveva la persona snella,

E nei capelli c'eran fili bianchi.


- "Come? non mi conosce? ...Annamaria!" -

(Annamaria!... che nome in lontananza,

Detto sul limitar della via,

Sentito appena in una chiusa stanza;


Ma che, per la virtù d'una parola,

Altre parole dice a mille a mille:

Scintilla quasi spenta che da sola

Accende a un tratto un'onda di scintille!).


- "Annamaria! Ma sì, che vi conosco.

Era l'ombra del fascio; ed eravate

Contro la luce; e c'era attorno il bosco

Con l'ombra; e non vedevo... Come state?"


Oh quanto triste mi guardò, e comprese

Tutta la cortesia della menzogna!.

Si vide certo nei miei occhi e intese

Un senso di rimpianto e di vergogna.

- "Annamaria!..." - Sostò come smarrita.


Le gote le si fecero più rosse.

Al fascio si serrarono le dita

Per non farlo cadere. E poi si mosse.

Mi disse, a fil di voce: - "Buona sera!" -


E proseguì, scendendo, la sua via.

Le tolsi una ramella di brughiera

E la guardai sparire. - "Annamaria!" –


Annamaria - di Giuseppe Casalinuovo


Mai sapranno di quelle delicate braccia femminili aggrippate e stanche a mantenere i pesanti  “mazzi   ’de Bruvera “ . Oggi  non si tornerà certamente alla “bruvera “ ma la guerra dell’Est  farà  pesare un botto il metano che allora si chiamava semplicemente legna da bruciare  che arrivava da  Volino , Terrano e Raspa. Un andirivieni quotidiano della bella gioventù femminile.

Le Restrizioni e il Coprifuoco

C’era la guerra e l’ordine di stare al buio era severo. Passarono una sera i Carabinieri , bussarono alla porta e… “  Come siete spensierati … con questo lume acceso …”  Scrissero un verbale e fecero la contravvenzione ( a mia nonna ) . Si stava attenti ma bisognava pur campare cioè vivere .E si campava al tremolante bagliore emesso dal lucignolo che galleggiava nel bicchiere sopra appena un filo d’olio. Ogni  sera, dietro la porta, si appendeva lo scialle ( Fhorzalettune ) nero della mamma , della nonna o della zia  per tappare il buco della fermatura e gli spifferi incontrollabili che infilavano le tavole lesionate della porta .Se non era  scarsa la legna  l’attrezzatura per affrontare l’inverno certamente si. Le scarpe a quel tempo scarseggiavano e già , in parte ,  si andava scalzi per abitudine ma,  per quei  “ civili “ che potevano averli, il plantare usato era fatto in cuoio di vacca e la tomaiain pella di capra. Alla prima rampa , adesso abbastanza malandata , di quelle ingegnose opere d’arte muraria che erano le scale , sta ancora l’opificio che fu la “ Conza delle Pelli “. Qui vennero conciate tante pelli e prodotte tante suole di cuoio e pellami pregiati. Anche i nostri soldati in Grecia pare avessero ai piedi  simili scarpe ma col difetto che la suola era di un cartone pressato che ti lasciava scalzo sulle pietre della Grecia . Erano in dotazione insieme ad altre precarietà del vestiario mi diceva ( mio padre ) che la guerra la visse  tra la Grecia , Creta  e un affondamento ad opera degli inglesi. Ne vicoli stretti di Via Fiume e della Strada per la Fontana   le precarie scarpe dei poveri ,   messe a prova , cedevano,si spaccavano e già col bel tempo non reggevano a lungo le impietrate della strada. Immaginate  quanto potevano reggere il bagnato ! Con la pioggia era come a essere scalzi ma  con la  neve…. perchè di quegli anni ancora qualcuno racconta l’inverno ….era difficile asciugare le scarpe sul focolare a piedi nudi senza calze né scarpe.

Noi  donne di casa  portavamo  i calzettoni fatte di lana che , con la sottana già lunga , si notavano poco . Lana di pecore tosate nelle nostre campagne .Le  gambe degli uomini di casa,nonni o fratelli , stavano ben riparate ma noi  ci sentivamo goffe  ugualmente e siccome erano davvero necessarie ci si adoperava a filare di fino quella lana che arrivava direttamente dalle pecore locali. Spesso, per un paio di calze in più o per finire una coppia ,  bisognava ricorrere a togliere  persino un po di  lana dai materassi che , pur  passandola a cardare, pungevano sulla pelle delle gambe che era un gran fastidio.

Un posto rilevante nell'economia delle famiglie contadine era occupato  anche  dalla pastorizia per la produzione di formaggio , agnelli e per la lana che allora era impiegata soprattutto come fibra tessile e per imbottire  i materassi. In quel periodo di guerra e difficoltà economiche ( come in questo periodo ) non tutti disponevano dei materassi . Adesso, quando la sera ci si stende , siamo abituati alla morbidezza della gomma piuma, ma un tempo i nostri nonni erano appena abituati alla morbidezza e al tepore del materasso di lana. Solo i più benestanti però potevano permetterselo, gli altri dovevano accontentarsi della "morbidezza" del materasso de " spogghjiulii ". “ Li Spogghjiulii “, per chi non lo sapesse, sono ancora  le foglie secche che rivestono le pannocchie del granoturco che veniva scartocciato a mano nelle sere autunnali; le foglie  migliori venivano selezionati , conservati e servivano per riempire il "saccone" , un involucro di robusta e spesso ruvida tela ( a volte di Ginestra ), che opportunamente trapuntato formava il materasso dei poveri .

La lana originale dopo la tosatura al tempo in cui usavamo la nostra lana. Oggi non abbiamo pecore e lana ed  importiamo da sprovveduti pecore e lane.

Non Sapevamo della Lanolina

La lana " bucava " quasi la pelle perchè al naturale dava questa antica sensazione  ma era calda e quindi  insostituibile in un epoca in cui le fibre sintetiche erano di la da venire. Ma era l'effetto della "Lanolina " . La Lana vera di quei tempi sapeva di aperto e di selvatico mantenendo come marchio il sentore acre della pecora . Una via di mezzo tra puzza o profumo. Di utile manteneva quella che oggi sentiamo spesso chiamare per costoso pregio “ Lanolina “. Allora , maneggiando la lana , le mani restavano , invece ,  morbide senza acquistare questi odierni prodotti di bellezza. Poi è finito tutto, anche la guerra, ed anche a jacurso è finito tutto. Tutti ad emigrare per non produrre più nulla. Torneremo a produrre , grano, granturco , cereali ,pecore e agnelli ed anche energie rinnovabili. “ Così non può durare, ‘ncè troppu lussu ! Si torna al terra “. Poi questi premonitori son finiti  e chi segue nella vita …  chi vivrà ..chissà vedrà !

Le  madri ,come tutte le madri e le ragazze di casa , erano pure esperte e veloci  a fare anche i maglioni: un candore , senza disegni ma pesanti. Per produrli li avevano sferrettati  consumandosi gli occhi appresso al bagliore del lume tenuto basso solo  perché la luce non filtrasse attraverso le lesioni e le imperfezioni del legno delle porte.

La guerra  è certamente uno dei più spaventosi eventi , tra i più terribili dei disastri . Spaventoso e terribile nel momento raccapricciante che colpisce; spaventoso e terribile nell’ impressione che provoca sulla immaginazione di quelli che leggono, ascoltano o guardano (oggi ) la cronaca in diretta. Di quell’ultima guerra italiana del quaranta la realtà raccontata non è così immediatamente impressionante nella misura in cui l’ha vissuta come  e quanto le donne , mamme e sorelle di quella generazione del dopoguerra alla quale in tanti ancora sentiamo di essere appartenuti.. Giovani , giovanissimi e ammogliati  erano partiti per la guerra . Noi eravamo solo la generazione del dopoguerra . Quella che aveva dato tanto e ricevuto poco. Poi sono arrivate le generazioni X , Y , Z …La generazione Boombers , la Millennials . Insomma le generazioni del consumismo e  del marketing dimenticando lutti , sofferenze e miserie. E adesso ? Adesso a me pare di assistere, in chiave ultra ( così ci definiscono ), i nipoti dei Figli dei Fiori. Ma  c’è in mezzo  tanta bella e buona gioventù che la pubblicità e gli espedienti sui Social ambiscono di irretire in nome del consumismo che non potrà però tirare a lungo.

Quelli, come me, nati dopo la Seconda Guerra Mondiale, dal ‘47 e oltre, quando capita ricordiamo in modo veritiero  e con più riconoscenza quel periodo  perché , risparmiati da  testimoni diretti della tragedia, siamo stati provati per i tanti disagi masticando  l’amaro delle  immediate sofferenze. Noi non abbiamo visto, a differenza di coloro che ci hanno preceduto, i campi di concentramento o le prigioni dove furono torturate , umiliate e uccise tante  persone. Non abbiamo visto, come loro, i campi di battaglia, perché non abbiamo dovuto attraversarli, con la paura nell’anima, per non parlare molto spesso della morte fisica. Non abbiamo potuto né dovuto osservare, a differenza che loro, i lunghi cortei di profughi o di sfollati  ( che sono venuti persino a vivere nella  piccola comunità di  Jacurso). Noi che siamo nati dopo la Seconda Guerra mondiale non ci siamo trovati di fronte alle loro  scelte drammatiche, individuali o collettive. Non abbiamo dovuto dire sì o no , non abbiamo obbedito ma potuto vivere al sole del dopoguerra mentre  tutte le scelte drammatiche ci sono state risparmiate.Le sofferenze del dopoguerra le abbiamo però patite a differenza della successiva genertazione. Quella del Boom Economico e quella successiva dei Figli dei Fiori. .

A scuola non c’era il riscaldamento nemmeno a braciere e la maestra faceva lezione camminando tra le pareti  con uno spelacchiato cappotto che doveva avere anche un pochino di  anni. Il mio professore si teneva addosso un cappotto grigio con due tasche larghe esterne,una sciarpa   e un paio di scarponi grossi fatte da Mastro Vitu. Perché , allora, c’erano i bravi sarti e gli  esperti calzolai  che sapevano lavorare la “vacchetta “ e la suola con  lo spago su ruvide tomaie con gli occhielli.  Capretto,coccodrillo, pitone …non erano ancora necessari per quella gioventù abituata a portare anche i pataloncini corti e ai piedi qualche “ polacchina “. Qualche mio compagno, anch’io e insomma tutti ci si grattava e si soffriva perché i geloni sulle mani e sulle dita dei piedi  facevano…un  male … che era difficìle scrivere o stare seduti, cioè fermi ,per più ore coi piedi freddi .

La carta o Tessera per il pane , riso ... con le relative disposizioni. L'ultimo ,in giallo , un resoconto per l'assistenza ai profughi ospiti a Jacurso cioè accolti dall'allora Amministrazione. Che non godeva di grande risorse e disponibilità ma certamente non era xenofobo quanto non lo è poi stato con la popolazione dell'ex Jugoslavia.


La nostra resistenza era messa a dura prova anche da quanto le nostre  madri riuscivano a mettere in tavola e, negli anni della crescita, quando avremmo avuto bisogno di qualche bistecca e di vitamine, più che alla mia, alla generazione venuta su durante la guerra fu riservata soltanto fame e, se andava bene, un po' di pane e una frittata. Per chi non ha provato ad aver fame e niente da mangiare non può sapere che cosa siano i crampi allo stomaco o i desideri  notturni, in cui immaginavi di avvicinarti ad un piatto di  pasta, che ovviamente svaniva pensandolo.

Gli scaffali dei due negozi se non erano vuoti erano privi quasi di tutto; mangiavano solo quelli che potevano permettersi di comperare , a borsa nera, zucchero o caffè  mentre  salumi, formaggi, verdure … si potevano in qualche modo rimediare. Ma i vecchi , i vecchi soli rimediavano appena la solidarietà immancabile dei vicini nella ruga.Perché durante la guerra c’è pure chi può star meglio o peggio e forse  sarà stato meno cattivo che adesso.

Re Sciaboletta ,  amante delle guerre per formazione sabauda: Due Guerre  , tanta fame procurate al popolo italiano . Fame , stupri , esecuzioni sommarie e violenze ...per fare l'Impero .

Ancora sopra :Una disposizione sul razionamento  e sul vestiaro :  " i grammi " di pane , riso e vestiario...


Francì mangiasti ? “ …  “ Ben poco “ la risposta. E chi mangiasti ? “ Tri spicchji de cipujha ma  propi tri spicchji  e tri tozza de pane …ma propri trì.. “  Una cipolla fatta a quattro spicchi ,un aglio ,una patata ,una spalmata (una patina) di grasso su un pezzo di pane. I Mulini ( a pietra ) lavoravano , spesso  clandestinamente, di notte . Il grano o la farina andava “ all’ammasso “ perché era necessario darlo  alla Patria! Si macinava luppini e ceci imbrogliandola con un coppolo di grano per chi l’avesse. Si macinava anche la ghianda. Si quella che si dava ai maiali. Si tostava e si macinava insieme a qualche altro cereale  ma “…veniva un pane straformo e pesante che non si digeriva facilmente  “.

Pane di Ghiande

Questa era la guerra . Farina per i soldati e pane in grammi per la gente comune. Non bastava se avevi una famiglia e dei bambini. Peggio se eri anche povero. E Allora ! Allora  portavi al mulino la ghianda “ infornata “ cioè tostata  che la buona comprensione dei DeVito ( mulinari da sempre ) riaggiustavano mischiandola per solidarietà con altra farina di ceci e grano . A casa quando si “ schianava “ , la pasta di quella farina veniva ancora addizionata  con dentro le patate … e si infornava. Era un pane da guerra e non “ pane de cristiani “  ma si mangiava . !

Poi siamo arrivati noi ( in abbondanza ) frutto dei matrimoni delle nostre mamme con  i fortunati reduci di guerra . Qualcuno , purtroppo, non nacque perchè era morto il padre lasciando la possibile mamma ad un altro destino ! Sono Settantasette gli anni trascorsi dalla capitolazione del Terzo Reich e il dovere  di ricordare resta  un debito morale assoluto a quanti la guerra l’hanno fatta , per chi non è più tornato , a chi l’ha vissuta e raccontata e a noi che siamo nati  dopo quella data e ai nostri padri hanno preso a raccontarla. Il resto che è venuto dopo … sono state solo  ….  chiacchierelle !

Gli anni sessanta sono anni irripetibili. Sono stati gli anni del risveglio, della crescita, dei sogni e della compostezza . Poi, in un clima di euforia collettiva  , tra lavoro , mare , canzoni , amori , sogni e spensieratezza  sono arrivati anche i Figli dei Fiori . Era una gioventù contenta di vivere e un periodo di serenità che non tornerà mai più. Ognuno può capire il momento favoloso della sua gioventù che le altre generazioni stentano a capire.

Quasi Quarant'anni dopo il loro messaggio è ancora vivo: ora è il turno dei (tecnologici) nipoti di quei Figli dei Fiori. Ma stavolta toccherà a questi figli progettare un nuovo futuro. I giovani d'oggi credo dovranno progettare un fututo forse tortuoso sugli errori dei padri. Non dei padri in prima persona ma sicuramente di una classe politica troppo disinvolta, poco preparata e certamente molto responsabile avendo messo in castigo un’intera generazione .

Noi che non siamo stati Figli dei fiori  abbiamo conosciuto i nostri padri appena  braccianti, contadini e artigiani con i calli alle mani e le mamme casalinghe e ci sentiamo  ancora i figli dei reduci che la buona sorte ha consentito sposassero le nostre mamme .  Che aspettavano da  sette/otto anni che tornassero. Siamo nati in tanti nel ‘47 , 48 , 49 … e particolarmente siamo venuti al mondo  nati nelle nostre case e nutriti con  il pane cotto, con la minestrina di legumi e  verdura raccolta nei campi, erbe che alla nostre mamme la fame aveva imparato a riconoscere come commestibili. Fave secche , lupini , ceci , patate . Pane impastato all’alba e infornato dopo altre ore di lavoro notturno. Noi portati a letto  dalla nonna  che già per tre ore dopo la mezzanotte era insieme a mamma ad impastare con un grande e ritmato lavorio di braccia, poi il lievito ,un braciere acceso e due buone coperte perché lievitasse. All’alba giù a riscaldare il forno e infornare. A merenda una fetta di quel pane dal profumo antico  , un po bagnato e zuccherato e, quando non c’era, un filo d’olio e un po di sale già bastava. Altro che merendine!!! Che ne sanno i giovani di oggi!    E quando cadeva accidentalmente qualche pezzo di pane per terra ?  Ovviamente non si buttava. Guai! Subito veniva raccolto, si guardava dov’era lo sporco , si puliva soffiando sulla parte sporca e si baciava.

ll Razionamento a Jacurso :la carta per il pane e altri generi

Un gesto, quasi sacro, che restituiva al pane la sua vitale importanza e al tempo stesso era un segno di rispetto verso tutti coloro che avevano lavorato non senza fatica per portarlo a tavola. Ogni tanto mi capita , ci capita , adesso di sentire quei profumi antichi e chiudendo gli occhi mi riportano a quei tempi tempi bellissimi … poveri ma felici.


"vinti sordi ...'pe nna Lira "

…. Nelle campagne, nei piccoli paesi agricoli, come Jacurso ,  il baratto si sbrigava  principalmente con i commestibili perché  ormai la lira del Re valeva ben poco (per chi la possedeva ). Nessuno aveva denaro ,infatti,  e chi coltivava  faggiola e  lupini , fave o ceci , non trovandola da vendere, poteva almeno  barattarla con altri prodotti  da “ fame “. … “ Si,è veru  no girava ‘nu sordu “ .Per fare ‘na lira erano necessari “ venti Sordi ( Soldi ) “.Ricorrente  era il detto …” ma si ti mancanu … diciannove sordi ‘pe na Lira ! “ per dire che eri proprio in miseria. Perché per fare una Lira servivano ...venti sordi

Nei grossi paesi e in quelli di montagna, dove poteva anche mancare quasi del tutto la cultura del grano, il baratto era a volte persino impossibile e la fame si leggeva sui volti.Tutta la nostra montagna era coltivata a grano e cereali e non c’era casolare con almeno la vacca , il maiale , la capra ,le galline…………..

Poi la guerra ebbe una svolta e anche a Jacurso cadde il Fascismo. Tanti  tirarono un sollievo ma altri si passarono le mani nei capelli ! Ohh ddio !! E mmo cuamu fhacimu !  Ma salirono e presto sul nuovo carrozzone della cuccagna !

Queste sono le immagini , purtroppo vere, comuni a  tutte le guerre nel mondo.


«Noi, le donne, ci riparavamo in campagna e , a volte perché prese dalla paura , ci nascondevamo per non farci vedere, perché da Jacurso sono passati i tedeschi in ritirata e per chi aveva la campagna vicina al paese …. Perché comunque si trattava di “uomini” e noi con i mariti  e fratelli lontani in guerra dovevamo stare attente ….si trattava di uomini e a noi avevano detto che in certi posti avevano violentato le donne ….sempre soldati erano, che ne potevamo sapere, che cosa ci potevano fare» . Andavano nelle campagne anche per i loro bisogni  o per trovare qualche frutto…

Qui, i Tedeschi  si sono fermati e accampati aspettando “ la colonna “ dicevano quelli che capivano più di noi  che non sapevamo cos’era .  La colonna in ritirata  che risaliva l’Italia e che,  aspettando gli altri ancora dietro, si appartava a Santa Maria ( ancora periferica campagna) per nascondersi agli inglesi e americani  . Passavano gli aerei , inglesi e americani e noi … “aropranu americanu jietta bumbi e…si ‘nda vaà  “ . Perché mitragliavano e scaricavano le bombe. In quei due giorni , i  tedeschi entravano nelle nostre case  per “ farsi  dare  da che  mangiare “  …ma non furono cattivi … Poi riprendendo verso Catanzaro Marina  , gli ultimi della colonna minarono i due ponti tra Maida e Cortale. Quello che stanno combinando i Russi in Ucraina … i Tedeschi furono meno brutali…almeno qui…o forse allora non c’era la televisione… e abbiamo dimenticato… non abbiamo capito granchè … oppure sarà capitato che i russi di oggi siano diventati più nazisti dei tedeschi di allora. Gli stupri addirittura sui minori , la violenza sugli anziani e la devastazione dei centri abitati fanno rabbia perché riportano a memoria lontane sofferenze

 

 

 

..............

Lo stemma del nostro Comune . Come risulta anche dalla carta intestata del '42 - XX  anno dell'Era Fascista .  Altro che non è mai esistito !

 

francesco  casalinuovo  - ass cult  KaloKrio     jacursoonline

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