La Citatejha ...amore mio
La Citatejha –
Raffrontata ad altri centri storici, la nostra Citatejha torna alle lontane sembianze di un casilino , persino in ombra , se confrontata alle opere d’arte o di pregio che non ha mai avuto . Il “ Casilino “ però lo ha avuto per davvero e gli ultimi che abitavano questo spazio “ unico “ sapevano bene dell’esistenza e l’uso a cui era poi stato relegato.
La Citatedra
La citateddra è nu postu ‘ncantatu,
lu luagu cchjiù bellu de la terra;
‘nta la ‘mpetrata ni criscimmi tutti,
aviamu cazi curti ripezzati,
scarpiciaddri pisanti,,,,,.
cu li pì’atti rimporzati
de tacci e de puntiatti.
Lu mundu nuastru era tittu ddrà,
a lu timpune……
‘nta li scalinati,
supa li mureddra,
à la hhfuntanina,
‘nta li carriari,
supa lu mignanu
e sutta lu timpune,
de la sira a la matina
si jiocava sempre tutti ‘nsema;
de ogne cantu si vidìa lu chjiuppu/rande,
la conza e lu troppitu;
si scorgìa puru lu mulinu e
la prisa chi pportava l’acqua;
cchjiù luntanu……..li chjiani de Vina,
lu Riventinu cu li cruci supra,
la muntagna de Tiriolu cu l’antenna,
e li muntagni de la Sila rande,
chi bbanu de Santa Hhfemia a Catanzaru.
Ede cuamu si ffusse nu teatru,
nu palcoscenicu a colori naturali,
chi tti inchjie lu core de bellezzi;
nu postu bellu cuamu chissu ccà
no lu trovamu mancu……
….mparadisu……
e nui l’avimu sempre ccà davanti,
no l’apprezzamu pe
cchiddru chi bbale.
La sira, de tutti chiddri rami,
suprastanti, arrivanu li canti de oceddruzzi;
li rindiniaddri, doppu na jiornata,
disegnanu lu cialu de volteggi,
e bbolano, volanu, volanu……
si ‘ncurzanu, cuamu hhfanu,ciarti vuati,
li hhfigghjiuali/à mmianzu la via,
senza mancu nu pùacu de ripuasu;
sulu cull’umbra tarda de lu scuru,
vanu…..cercandu lu povaru nidu,
chi, ammucciatu, sta…….
duve su’ li ceramidi
de li casi, cadianti e abbandunati.
di Mario Dastoli
Il Casilino della Citatejha ...
si apriva alla campagna ,verso Sud . Nelle immediate vicinanze una cava di sabbia....proprietà dei Derro. Con le pietre e l'acqua..... La risorsa principale che darà luogo alla piccola Civitas del tempo....
Fu la porta di ingresso delle prime pietre, la prima sabbia ,la prima calce e le prime travi.Oggi resta dimenticato in un groviglio di spine e di infestanti , poco si scorge della muratura mentre il cancelletto in ferro assicura ancora una discreta protezione dall’esterno.
Nell’insieme questo pezzo di storia è ormai privo di vita e rimane simile ad un guscio vuoto che , a difesa del tempo che lo incalza , aspira , da solo, a sopravvivere quasi nell’indifferenza di chi non c’è più . Stenta ormai a mantenere una difesa contro lo scorrere del tempo che lavora inesorabilmente per logorare e consumare quel che può.Tranne le pietre si scriveva , ma solo dei muri e delle scale mancando da tanto tempo quelle che furono nei vicoletti ciechi , angusti , irregolari e tutti in pendenza . Perché prima , proprio “ prima “ per decoro e praticità venivano ricoperte con le felci , almeno d’inverno , sino a quando le pietre del luogo andarono a formare le impietrate. Improntate a grande essenzialità , prive cioè di geometrie estranee alla cultura povera ed alla forma del contesto storico .
Sono,invece , affidati ai ricordi i canaletti di scolo che , pare , corressero al centro dell’impietrata in qualche stretto vicolo dove non poteva essere diversamente .In altri l’impietrata distribuiva lateralmente lo scolo delle acque e per essere meglio compattata era pure intervallata da fasce di pietre orizzontali.
Queste poche riflessioni fanno parte e sono il frutto di lontane attenzioni poste a questa parte di Jacurso quando ancora anche un “ Buco di Casa “ era abitato , la gente non era poca e c’era la “Ruga “. Cos’era ? Un basso e una stanza sopra , la scala esterna per guadagnare spazio e i servizi igienici ancora da venire. Questa la tipologia di impostazione grecanica con il Mignano e il Catoio come riparo per gli animali , gli attrezzi agricoli del contadino e il frutto del lavoro nelle campagne. Comunque sempre locali angusti abitati da una famiglia a volte anche numerosa . Per stare tutti dentro indubbiamente complicati da abitare ma a tali ristrette condizioni si era abituati .Il focolare aperto stava nell’architettura primordiale di queste anguste abitazioni ed appare chiaro quanto lo spazio davanti al fuoco fosse limitato. D’inverno era necessario stare riparati ma solo per freddo e pioggia. Fuori sul vicolo , bastavano , invece , due pietre e un travicello per farsi spazio e appogiarsi al muro di casa . Messi insieme, tutti questi travicelli sembravano come i fili della luce con le Rondini in fila . Tutti a parlare , a barattare , a ricamare . La Ruga era , dunque , l’adunanza del vicolo. Sarà facile capire “ La Ruga " osservando qualche immagine “ .
L’architettonico di pregio qui non fu mai pensato .Solo pensieri poveri ma risolutori, accorti e funzionali . Come i gradini delle scale e quelle delle porte . Gradini dove la prima pedata col sinistro o col piede destro era obbligatoria per salire al secondo gradino. Scale che portano a tre abitazioni diverse e scale col “ Mignano “ a far da smistamento . E poi “ Lu Cocipani “ persino sotto il tetto o il focolare “ ad aria de ceramidu “ che vuol dire un piccolo lastrico di pietre piatte “ ferrigne “ ma senza canna fumaria e due tegole aperte… E poi “ Boccole “ in ferro battuto, ai muri per legare l’asino e la conca scavata nella morbida arenaria incastrata nel muro . Dove il calzolaio ammorbidiva la suola , l’immancabile buco per il Gatto o l’altro appena sopra per le galline…..
Ricordi e immagini che si vuole mandare a memoria solo per i valori storici, culturali e architettonici rappresentati fisicamente nella continuità di una immagine che riesce ancora a difendersi nonostante le offese procuratele negli anni .
Interventi poco accorti come la rimozione dell’impietrata e , nel corso degli anni , per buona sorte anche limitati. Considerando che anche l’incuria , l’abbandono e il tempo stanno ormai erodendo la voglia di resistere a questi inarrestabili erosori , siffatto originario primo pezzo di storia locale continua , però , a mantenere il suo fascino nostalgico. Perché qui è nata e poi cresciuta tanta gioventù che ha voglia di non dimenticare.
Poi fu chiamata Via Belvedere. Perchè , scendendo dai vicoletti , si apriva una visione da mare a mare. Dal Reventino a Catanzaro . Dal Tirreno allo Jonio da dove eravamo ... arrivati i Jacusani
Si potrà anche comprendere come queste poche testimonianze possano essere di non straordinario valore architettonico in assoluto, ma di forte valenza ambientale e culturale, che sarebbe utile ricostruire e testimoniare ancora oggi per trasferire alle comunità future come esempio di sacrificio e di semplicità del modo di abitare e di convivere in questa zona dalla quale originava , poi , l’abitato di Jacurso . Purtroppo tutto cambia nell’arco degli anni, ed ancora cambierà repentinamente con le nuove generazioni (quali ?) , sotto l’incalzare delle nuove esigenze di vita e secondo concezioni giustamente moderne e diverse che però hanno oramai creato il deserto umano nel nostro abitato. Riguardo all’edificato sopravvissuto e relativamente a quanto avvenuto nel recente passato e in quello presente ,senza che vi sia la cognizione e la conoscenza dei luoghi e delle realtà in cui oggi si trovano, si ha pertanto da pensare che non sarà più percorribile un futuro di sopravvivenza come risorsa di conoscenza .
Il mondo di un tempo, le comunità del Jacurso di una volta, non esistono più e le nuove condizioni economiche e socio-culturali , profondamente influenzate dai mutamenti di vita , si affacciano da decenni ad una interpretazione amministrativa confusa e non strutturata. Disattenzioni e impreparazioni anche affettive che hanno già delineato un quadro futuro di trasformazioni radicali certe, tra immissioni e rifacimenti non più coerenti con il contesto paesaggistico e costruttivo dell’esistente e con una grave mancanza di ponderata riflessione.
La Citatejha s’è ormai svuotata , è vero, e Jacurso, ancora peggio, appare inaridito di Teste e di Presenze. Perchè “ le Teste “ sono andate via e le poche ancora presenti restano ai margini, ancor meno ascoltate o peggio si negano . Quanto in tema di presenze si potrà già sigillare tale verità e prendere coscienza che oramai non c’è più gente. In dieci anni abbiamo perso una fetta troppo grande di residenza . La mortalità interessa una fascia di età dai sessanta agli ottanta e poi , a inseguire restano gli ultra novanta. Nascite poche o zero quanto i matrimoni , Zero impiego locale per i laureati. Sfiduciati e costretti a partire .In tale condizione si stanno spendendo anche soldi. Male e per chi ? Per quale finalità se non si è in grado di concepire un progetto di vita ? In dieci anni si sono consumate o quasi le poche prospettive e ,peggio , la nostra stessa storia . Jacurso è ormai un vuoto a perdere. Un guscio vuoto come lo definisce qualche amico capace alla riflessione senza i soliti se e ma. Il Paese è ormai un Guscio Vuoto senza autista! Fermiamoci un momento e discutiamo sul serio !
" La sera si giocava a nascondino nelle viuzze mezze buie e questi sono i Ricordi di fanciullezza e di Gioventù. Una scorribanda di ricordi tra prosa , poesia e acquerelli per amore della Citatejha e solo per una rievocazione nostalgica di ciò che è stato e che più non sarà. "
Note -Mignano : Un piano, avanti la porta , immediatamente dopo l'ultimo gradino - Catojo : anch'esso di origine greca. Il basso che funge da magazzino, stalla , deposito di attrezzi o,cereali,olio... - Ceramidu : Tegola , coppo ...sempre della stessa origine
La citatejha
Ogni “tic-tac” è un secondo della vita che passa,
fugge e non si ripete. E in essa c’è tanta intensità
e interesse che il problema è solo saperla vivere.
Frida Khalo
Gli Acquerelli. Colori tenui ,tratti essenziali e delicati per comporre angoli remoti e figure di persone. Uniche come il tempo in cui sono vissute insieme a noi e sulle quali sembra aleggiare una esile eternità.
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francesco casalinuovo --- jacursoonline Ass. Cult. KaloKrio