Giù a Sud del Sud
Giù a Sud del Sud
Scrive Pino aprile nel libro “ Giù a Sud “… che “ Mast’Pepp “ era un artigiano, maniscalco, uno di quelli apprezzati di una volta, quando , per dirla con il grande Nicola Zitara, “ il mestiere conferiva parecchio prestigio sociale . In bottega il mastro si circondava di un alone sacrale, come di persona addentrata in misteriosi saperi”.
Forgiava ferri per i cavalli. Aveva imparato sotto le armi. E sapeva curarne i malanni, se è vero che come “veterinario aveva più clienti lui di quello ufficiale del paese. Nelle nostre lunghe passeggiate, mi portava sul belvedere che da Troia si affaccia verso Sud .
Troia si affaccia verso Sud: “ Guarda ,” mi diceva “ da quaggiù fino ai monti era tutto un bosco. Piana delle Foreste , si chiamava”. Mi piaceva molto l’idea di questa Selva che si perdeva a vista d'occhio. “E perchè non c'è più? ” gli chiedevo; e lui, con uno sbuffo di delusione: “Mio padre diceva: l’ha bruciata Mazzè! L’ultimo pezzo, il boscariello di Giardinetto, lo ricordo, era grandissimo. Pensa com'era qui un tempo: un'unica, grande, distesa di alberi, da Troia al Santuario dell’Incoronata, fino a Bovino e a Montagutto; migliaia di ettari di querce.
Che peccato...”. E ogni volta,al termine del racconto, i suoi occhi di novantenne si rattristavano. “Nonno, ma chi era questo Mazzè che l’ha distrutta? E perche? ” Non Sapevo chi fosse, ma lo detestavo. “ Mah... pare che fosse un brigante che bruciava tutto per sfuggire ai bersaglieri ”.››
Curioso, gli dico, un brigante nella foresta si nasconde; se la brucia, si danneggia da solo. «Era la sua risposta e, per allora, mi bastava. A distanza di quarant’ anni, l’amore per la nostra terra e la sua vera storia, mi ha fatto scoprire chi fosse davvero il “Mazzè” nei racconti del nonno. Non era un folletto cattivo che dava fuoco ai boschi, non era di qui e non era brigante, ma………………. perché si dava fuoco a quel bosco ? Scrive ancora Pino Aprile nel suo libro verità “ Giù al sud “ … Cosa resta oggi dell’antica “Piana delle foreste“?
“ NULLA o quasi. I Francesi, al tempo di Murat, l`avevano abbondantemente disboscata per approvvigionarsi di legname. I Borbone, che tenevano in grande considerazione il bosco dell’Incoronata e della Piana, provvidero a far ripiantare nuovi alberi. E la foresta rivisse.
Le distruzioni piemontesi le assestarono il colpo di grazia.
Rimangono alcuni brandelli qua e la. Nel 1969, a Giardinetto, qualche chilometro da Troia, resisteva ancora qualche ettaro del " Boscariello " (quello che mio nonno ricordava grandissimo) ma l`Ente Riforma ne cancellò le ultime macchie per farne seminativo…
Era solo una parte del Libro di Pino Aprile che molti avranno anche letto.
A sinistra Lamezia e in fondo ai due contrafforti è Maida. Il contrafforte Rodio sta sul lato destro, opposto al " Vallini " sulla sinistra.Tra i due scorrerà il " Cottola " le cui acque si formano quì dalle sorgive appena sotto il terrazzamento in primo piano. Altre ancora sopra.
Agosto..di fuoco
Adesso cosa sarà dei boschi meridionali ?
Intanto le incertezze restano tante mentre di necessario bisognerà rimuovere il " legname non più in vegetazione " con l'insidia delle acque invernali . E' stata chiesta ..." la Calamità Naturale " che , accordataci , penseremo come sempre, di aver risolto il guaio che in termini economici ,paesaggistici e agricoli sarà ancora da valutare pensando ai non pochi giovani che in nuove attività ,revisionate dal passato , stavano assaporando un po di fiducia per continuare. I giovani ,infatti ,tornano a essere attratti dall’agricoltura ….«Ho studiato Architettura e lavoravo in uno studio , ma a Milano non si può pagare un fitto , un buco 800 euro , e percepire qualcosina in pìù per un mese di lavoro. Quello dell’agricoltore non è più solo un mestiere del passato o un lavoro da che “ vergognarsi “ perchè portato avanti unicamente dalle vecchie generazioni.
A San Floro, è stata colpita anche la Cooperativa “Nido di seta” , a Catanzaro la pineta di Siano e nel territorio del comprensorio non sono mancate zone sparse andate a fuoco.
Stavolta , da come appare , il fuoco non è " scappato " a qualcuno di loro . La regolarità degli incendi è apparsa così ben programmata , cioè assolutamente diversa dall’azione degli incendiari per svago , dei pastori , dei contadini e di quelli che sono morti per difendere quattro piante e la terra.
Magari contadini per caso ma non quelli veri persino vittime col torto di un estremo e disperato bisogno di salvare qualche pianta di ulivo . E’ difficile per quanti non sanno della Calabria capire quanto la terra vive da sempre in simbiosi con il proprietario.
Insieme alla Terra … la “ Casa “.
La sola proprietà disponibile passata tra le generazioni da padre in figli era un pezzo di terra ancora da spartire. Nei giorni passati , nella zona a Sud/Ovest , quella a 200 m s.l.m. del nostro territorio , riportato un tempo tra le Terre di Marina, l’ultimo proprietario ormai in età avanzata , mi descriveva la vita di quella terra , di quell’albero di pero, quelli di fico e quello di gelso ...la " Nucara " piantati da… e quell’altro …e poi ancora dell’uliveto , del “ Fosso della Gallina “ fonte di acqua irrigua o da dove e per come si bruciava “ la restuccia “ .
Eh.. se alla terra serviva l’acqua …lo sai che si difendeva e si curava anche col fuoco ! … Apprendo che i contadini di Jacurso , cioè tutti i contadini calabresi e con loro quelli di ogni regione agraria, al fuoco e alla terra bruciata erano abituati da millenni appunto perché il fuoco ha sempre avuto un largo uso in agricoltura.
Il fuoco viene impiegato ampiamente in periodi che coincidono spesso con quelli di maggior rischio per gli incendi boschivi. Esempi tipici sono quelli della bruciatura delle stoppie ( la restuccia ), dei residui vegetali provenienti da lavorazioni agricole, dei pascoli e dei terreni incolti .
Bruciando in anticipo quello che potrebbe essere una via di accesso per il fuoco è stato sempre l’espediente per difendere la proprietà privata che stavolta non è servita a nulla in quanto il fuoco non era lo stesso al quale si era abituati a domare con frasche e , in casi preoccupanti , con la sola forza della disperazione. Cinquantatrè anni e trentaquattro le due vittime nell’area grecanica, carbonizzati da un fuoco irruento e veloce che ha distrutto un modesto uliveto , le loro vite e quella di un ceppo familiare che si tramandava in eredità non solo la terra ma ancora quel poco che resta dell’antico mondo contadino calabrese.
Queste pratiche erano e sono abituali nelle aree di agricoltura “ nostrana “ , cioè di tradizione , meno avanzata per i costi , di collina o di montagna, dove gli appezzamenti di terreno “ lavorato ” o alberato sono spesso contigui o prossimi a boschi comunali o ad incolti che possono diventare facile preda del fuoco anche per interessi a volte anche manifesti. Fuoco che può “ scappare “ cioè non “ più governabile “ tanto che “ ad acqua e fuoco non dare …luogo “ era l’ammonimento degli stessi contadini. Con l’innesco, infatti , si genera una veloce vampata che avanza rapida , si stende e rende inabili all’inseguire o , peggio, potrà formarsi un cerchio di fuoco sempre più esteso nella cui circonferenza si può restare prigionieri come è capitato in alcune circostanze e magari anche in questi giorni.
Alla ricerca della ... scintilla
La campagna era la sussistenza e perciò i diradamenti, le ripuliture, il pascolo pianificato, le colture e spesso anche il fuoco controllato, facevano si che il sottobosco non fornisse esca e nel contempo, la presenza attiva dell'agricoltore e del pastore diventava garanzia e sicurezza per un rapido intervento anche qualora l'incendio si veniva a generare.
La Collina e la Montagna erano intensamente abitate e non vi e’ dubbio che la causa prima degli incendi boschivi venisse ricercata essenzialmente nell'alto grado di depauperamento e di forte spopolamento delle zone dell'alta collina e della montagna. Un simile evento ha determinato nel tempo I'abbandono di tutte quelle pratiche agronomiche e selvicolturali che di contro in passato venivano effettuate nelle campagne e nei boschi, con il risultato di rendere il bosco meno soggetto al pericolo del fuoco.
Cosi, anche quando gli agricoltori, involontariamente potevano essere causa dell'incendio, essi stessi provvedevano a spegnerlo direttamente; cio’ era possibile grazie alla cospicua presenza demografica nelle zone di campagna, oggi di contro, fortemente diminuita ed invecchiata. Il mutuo soccorso come il baratto della manodopera o lo scambio dei prodotti era indispensabile e tanto produceva rispetto per la roba altrui oltre che per i rapporti tra gli stessi agricoltori.
La situazione e’ ora davvero cambiata, tanto che le operazioni selvicolturali tradizionali sono molto trascurate quanto le pratiche agronomiche e pastorali, nelle quali si fa uso anche del fuoco. Oggi assumono, per i boschi limitrofi ai campi ed ai pascoli, un pericolo costante, poiché l'esodo da tali zone, in particolare quello giovanile, e’ stato massiccio. Ma, se questa e’ la ragione prima di certi tipi d'incendio, non diverse sono le considerazioni da fare per quanto concerne l'incendio boschivo determinato dalla presenza di altri potenziali utenti. Magari occasionali come capita , oggi ,di osservare.
Anche tali casi interessano l'uso del territorio ma non più ai fini agricoli essendo oggi richiesta la sola superficie libera e accessibile . Superficie Libera un tempo impensabile ! Territorio, il nostro , molto carente di strutture e vigilanza . Di servizi atti ad assicurarne il mantenimento, dal punto di vista fisico ed economico, in funzione dell'uso e non dell'abuso piu’ intenso che se ne stà facendo.
Ma è necessario conoscere e voler bene al territorio ,come l'uccello carbonizzato vicino alle sue uova.
I boschi ricoprono gran parte del territorio nella zona montana mentre nella zona bassa esposta a Nord prevalgono piante di Querce e Sugheri , il Leccio e il Castagno e arbusti come la Roverella , il Corbezzolo , il Mirto e la Ginestra …ma tantissime altre specie. Nel bosco si avverte la freschezza delle foglie , il profumo della resina il canto degli uccelli e qualche volta un ghiro che salta ,una volpe affamata, un riccio ed anche un serpentello impaurito.
Esposto a Sud il territorio montano annovera boschi di Pino , Castagno e persino alberi di Teak o Douglass impiantati con il Cantiere Sperimentale degli anni 50 . Ginestra spinosa o Ginestrone di Spagna insieme ad altri arbusti resistenti al freddo,al vento e alle basse temperature spalleggiano sui limiti dei boschi e lungo le strade adiacenti.
Terra , Acqua, Aria e Fuoco un tempo rigeneravano questi luoghi ben governati da pastori o contadini che su questi spazi per generazioni traevano il fabbisogno per vivere consumando la propria esistenza.
Ho letto di tanti verbali e contravvenzioni del “ Guardiabosco Comunale “ che se la faceva a piedi ogni giorno che certamente barattava o chiudeva gli occhi ma controllava e , come risulta , comminava contravvenzioni e verbali. Contravvenzioni e denuncia comminate per taglio non autorizzato di alberi , per pascolo abusivo o uso improprio delle acque . Ho saputo di greggi con più di trecento capi al pascolo e composto da pecore , capre , porci e asini .Oggi le siepi hanno reso intransitabili le stradi comunali mancando la presenza di questi animali e di quella umana in particolare che quelle strade conoscevano e mantenevano agibili.
I Verbali del Guardiabosco e i Reclami dei Don ...
Don Provenzano da Cortale
…prestando fede al guardaboschi si venne nella conoscenza a codesto decurionato che il suo gregge venne fatto pascolare nelle tenute comunali : 700 o più pecore e capre circa 300 o più porci
Considerando essere meramente insufficienti e cavilloso il reclamo di Don Pietro Provenzano di cortale cui gratuitamente asserisce non essere vero….sentiti i testimoni…….. affermano di avere visto per giorni e giorni pascolare in Timpe Rosse e Madama Laura almeno 200 mamme di pecore ….
Reclamo per TASSA - pascolo foraggioso - Don Michele Mangani ed altri
"Senza Riguardu " si pagava la contravvenzione e si accomodavano in Pretura . Michieli -Maiolo -Serratore e Marcantonio
Prodotto da Michieli Mangani al ruolo 350 pecore e capre …che colle medesime mai fece uso nei boschi comunali ma solo nelle sue vaste tenute
Maiolo non vuole pagare per il suo gregge che appartiene a Chiriaco di Maida
Serratore per le sue vacche
Mar.nio Devito per le pecore
Verso le Serre
Madama Laura – Timpe Rosse - Cefay...........
Oggi quegli alberi “ sperimentali “ hanno chiuso in gran parte il loro ciclo vita stesi o poggiati su altre piante. Le radici hanno smesso di nutrirli già da anni , marciti al suolo, mentre nuovi virgulti non li hanno sostituiti . Gli altri ancora in vita appaiono come inquinati da questi scheletri pesanti e loro stessi appaiono poveri di nutrimento rispetto alla mole imponente da sorreggere mentre quegli esseri silenti , ormai caduti , dal lungo tronco marcio-scorticato e le radici secche, non hanno avuto voce quasi per chiedere aiuto, per mostrare la loro età e la necessità di essere " Martellati " .
So che il bosco ceduo va tagliato ogni 10 15 anni , aspetto molto ambito dai privati , non solo per un tornaconto economico ma per rigenerare il Bosco. Dovrebbe essere molto necessario alle nostre Amministrazioni che di entrate sono pure in sofferenza .Sarebbe necessario per far spazio a nuove piante , per l’incremento della produzione legnosa , per la difesa del suolo e la sistemazione idraulica-forestale , per la difesa dei boschi dagli incendi oltre che per la biodiversità e per tutte quelle funzioni ecosistemiche e paesaggistiche delle aree forestali delle quali il Comune è proprietario. Una ricchezza !
Un serpentello steso su una lastra di pietra ,un volpino morto di fame e un granchio
Il Golfo di Santa Eufemia - da Capo Vaticano a Capo Suvero
Tutt’ attorno, molto più alte, si ergono ancora più in alto le torri affusolate …. la pala eolica 32 poi la 33 e così avanti sino alla “ Fossa del Lupo” e poi ancora avanti verso altri Parchi Eolici verso le Serre . Arriveranno senza forse anche i Parchi del Fotovoltaico e certamente sarà necessario disporre o creare nuovi spazi , magari agibili o resi fruibili senza difficoltà mentre ancora avanza nell’indifferenza e senza alcun provvedimento la devastazione paesaggistica con l’ampliamento del piccolo eolico .
Le Strade esterne nel territorio
Ho riportato su un lucido questa carta delle strade comunali esterne. Per conoscerle e per percorrerle .Sono tante ed in larga parte abbandonate .Se i proprietari dei fondi lasciano da anni i terreni incolti le strade sono diventate impercorribili e pertanto difficoltose nel caso si presentassero eventuali azioni di intervento in caso di incendi. Ritengo che le Amministrazioni oggi dispongono di mezzi e personale alle dipendenze per perlustrare il Territorio , per marcare cioè la proprietà e l'interesse collettivo con la presenza sul campo di una autorità delegata.
Nei nostri percorsi abbiano trovate alcune strade comunali " sbarrate " - diciamo per comodità - , altre incorporate in fondi privati " fresati e recintati " Sarebbe opportuno ripristinare il Corpo Forestale e localmente la " figura " del GuardiaBosco , magari sulla moto o apposito fuoristrada di servizio. Di più non si può..?
Le strade comunali o vicinali sono tante , ben sessantadue per complessivi 92.300 metri cioè 92 chilometri e trecento metri.
La Strada Grande la più lunga con 8.500 metri
La Jancarella 3.500 metri
la Chiusa – Cortale con 2.050 metri mentre tra le più corte quella per il Pilla con 250 metri
da meridionale e non della Mala Unità , preferisco chiudere questa prima parte ancora ricorrendo con il dire dello scrittore meridionalista Pino Aprile :
Che peccato...”. E ogni volta,al termine del racconto, i suoi occhi di novantenne si rattristavano. “Nonno, ma chi era questo Mazzè che l’ha distrutta? E perche? ” Non Sapevo chi fosse, ma lo detestavo. “ Mah... pare che fosse un brigante che bruciava tutto per sfuggire ai bersaglieri ”.››
Curioso, gli dico, un brigante nella foresta si nasconde; se la brucia, si danneggia da solo. «Era la sua risposta e, per allora, mi bastava. A distanza di quarant’ anni, l’amore per la nostra terra e la sua vera storia, mi ha fatto scoprire chi fosse davvero il “Mazzè” nei racconti del nonno. Non era un folletto cattivo che dava fuoco ai boschi, non era di qui e non era brigante, ma………………. perché si dava fuoco a quel bosco ?
Un percorso dentro il Bosco di Madama Laura
Un Campeggio a tenda dentro la pineta.
Un Pescatore nel Pilla ove è presente la trota salmonata
La nostra Montagna nel periodo invernale. I colori si sono appropriati delle basse temperature e si contrastano come mai si potrà descrivere.
Nel colore celeste il territorio di Jacurso e tra quella segnata in verde alcuni Toponimi importanti.
Passo della Rutta - Serratura - - Passo di Catanzaro - Madama Laura - La Palazzina - Serra del Gelo - Fossa della Neve - Serra Pelata
La posizione di Jacurso e Territorio. L'ombelico della Calabria
Una " Stagliata " per la regimentazione delle acque invernali ma sarà un presidio al fuoco quando il campo sarà coltivato a grano e resterà la " restuccia "
Le briglie sul Pilla e una rinfrescante cascata estiva
Una pista verso la Fossa del Lupo
Seguirà la seconda parte.............
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da leggere .
francesco casalinuovo Ass.Cult. Kalokrio - www. jacursoonline