2 Giugno '46
Il 2 giugno è Giorno di Festa ma , or che sono trascorsi settantacinque anni , il clima del ’46 era tutt'altro che festoso: la Repubblica , scelta dagli italiani, prendeva vita in mezzo alla macerie lasciati dai bombardamenti degli alleati e dei nazisti in ritirata.
In questo “clima” molto particolare, le immagini e i documenti dell’epoca mostrano in modo eloquente la fine di un incubo per gli italiani che , in tanti , molti anni prima avevano creduto al miracolo del Posto al Sole.
Fu quel giorno in cui gli stessi italiani, attraverso un referendum costituzionale e all'indomani della Seconda Guerra Mondiale, sceglievano, pare con tanti dubbi, la Repubblica Parlamentare alla Monarchia Costituzionale.
Repubblica o Monarchia
Le notizie del tempo dicono che Comunisti, Socialisti e Azionisti avevano manifestata una volontà contraria al Referendum.
Fu Alcide De Gasperi , Presidente del Consiglio in un ministero di cui facevano parte un po tutti tra i quali la Democrazia Cristiana (DC) , il Partito Comunista(PCI) , il Partito Socialista di Unità Proletaria (Psiup), il Partito Liberale Italiano (PlI) , a trovare l’intesa tra queste forze politiche .
Per opportunità politiche si decise, anche , di non allargare il voto alla Venezia Giulia , Alto Adige , Dalmazia ( con Tito ad osservare ) nonché alla Libia ancora Colonia Italiana .
Non va dimenticato di un'Italia ancora sotto il controllo di un Governo Militare straniero e d’occupazione mentre il Referendum si teneva senza tanta euforia in un Italia sconfitta che piangeva ancora i suoi morti e viveva in uno stato di grande malessere.
Tanta era l’incertezza quanto la propaganda Monarchica e Repubblicana.Tanti gli interessi di Stati Uniti e Inghilterra.
Il Sud
Pensare al nostro Sud sull’esito referendario non era facile ma i Monarchici erano favoriti per il risultato finale. Contavano sull’indifferenza delle masse , negati di alcuna informazione per pensare di proprio e principalmente perché restii da sempre ai mutamenti crogiolandosi nel loro indifferente analfabetismo.
A Jacurso , prima che gli ultimi testimoni se ne andassero per sempre , qualche memoria l’hanno a noi consegnato quando li ascoltavamo con interesse mentre sciorinavano da “ protagonisti “ i non pochi episodi del loro vissuto fatto principalmente di vita militare, prigionia, malattie e , finita la guerra , di tanta miseria.
“ jornati amari quando ormai si campava solo per volontà di Ddio e…si morìa de fhame ! “ Atru 'ca votu!.
Guardàti ! In questo canalone (riferito all’istmo ) e da questo muro abbiamo visto passare “ l’aroprani jire supra Catanzaru e pue quandu lu bombardaru “.
Jacurso e tutto il Sud era per lo più “ democraticamente monarchico “ e si confermò tale con il risultato del referendum anche se non mancarono le eccezioni nei paesi limitrofi con buone affermazioni per la Repubblica . Ma erano suffraggi riconosciuti più alle particolari capacità dei personaggi politici locali che ad una convinta idea popolare.
Il Sud più tradizionalista e abituato ad un concetto diverso della vita pubblica , lontano e avversato dal popolo padano, avrebbe mantenuto il suo attaccamento alla Monarchia.
Quando il Re venne a Catanzaro , fu compito dei gerarchi e monoarchici locali adunare contadini , giovani sempliciotti , scagnozzi e militi del sistema clientelare e riempire uno due cassoni dei camion della Locale S.A.C.A di G.B.Dattilo e portarli in piazza a catanzaro solo per fare “ Folla “. Al padre che chiedeva al figlio “ impacciato “a raccontare il viaggio e Catanzaro ebbe a rispondere che immaginava il Re “ de ‘natra manera …e ‘mbece avia la testa cuamu nu cristianu ! Immaginare quale idea poteva supportare la scelta al Referendum.
Abituati alla figura del Re , con buona causa , non sapevano ,pertanto , cosa potesse essere la Repubblica . Sapevano che c’era il Re ! Di altro, a quel tempo, conoscevano i figli o i fratelli morti in guerra, tanto lavoro dall’alba al tramonto e ,con la Repubblica , la triste via delle Americhe .
Abituati e costretti a sottostare a chi dava loro da vivere , sentivano in tanti solo la voce “ del padrone “ mantenendo una sorta di abitudiniareità e di accondiscendenza.
Tra i ricordi consegnateci resta da citare, ancora per capire , come l’abitudinarietà , la disinformazione e la rassegnazione avevano portato quasi il rifiuto per la nuova moneta. La Lira. Ai cortei dei matrimoni, che si era soliti animare di allegria lanciando soldi e confetti ai bambini che li raccoglievano , si incominciavano a recuperare “ li sordi mali “ (fuori corso ) scambiandoli con quelli buoni solo perché abituati a lanciare quei loro soldi con la “testa del Re “ !
Nell’Alta Italia
dominava la propaganda repubblicana e non fu accennata una minima azione monarchica stante la paura per la presenza e il predominio politico delle sinistre. E in queste Regioni si affermerà, infatti , il voto per il cambiamento in favore della Repubblica . Strano che il Nord potesse rivoltarsi ai Savoia !
Tra le cose nuove ,le donne esercitavano il voto per la prima volta e, a Jacurso , manovrare questa massa di elettrici fu anche facile. Allora si poteva parlare di “ numeri “ perché la gente era tanta e non era ancora andata via solo perché non poteva ancora farlo.
De Gasperi al Quirinale
Nella mattinata del 5 giugno, così pare sia accaduto , De Gasperi annuncia al Re Umberto II che la Monarchia era in testa .
In quelle due notti si svolse anche una vera e propria guerra tra i servizi segreti americani favorevoli alla Repubblica e quelli inglesi favorevoli alla Monarchia.
A quel punto, il governo, proclamò in fretta la vittoria della Repubblica e nominò Alcide De Gasperi (monarchico !) capo provvisorio dello stato.
il 10 giugno 1946 la Corte Suprema di Cassazione proclamo’ i risultati del referendum, mentre il 18 giugno integro’ i dati delle sezioni mancanti ed emise il giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e i reclami concernenti le operazioni referendarie:
• Repubblica: 12 717 923 voti • Monarchia: 10 719 284 voti • Nulli: 1 498 136 voti
I voti validi in favore della soluzione repubblicana furono circa due milioni più di quelli per la monarchia. Immediatamente scoppiarono rivolte in molte città italiane contro i paventati brogli del Referendum. Particolarmente gravi furono i disordini a Napoli monarchica.
Alle 10,30 del mattino una lunga macchina nera, lugubre, fa il suo ingresso nel cortile del Quirinale. De Gasperi che viene ad annunciare la strana, improvvisa vittoria della Repubblica. Nell'anticamera si incontra con il ministro Falcone Lucifero col quale ha un vivace colloquio. Poi entra nel Gabinetto del Re, ove si svolge un colloquio freddo ma corretto. Il Re prende atto delle cifre non ufficiali comunicate da De Gasperi. Però dichiara subito che egli si atterrà solo ed esclusivamente alle cifre che la Corte di Cassazione pubblicherà. La Corona non si affida al Governo, cioè all'altra parte in causa, bensì si affida alla Corte di Cassazione.
De Gasperi promette: «Subito dopo la proclamazione ufficiale verrò da Vostra Maestà, accompagnato dal Presidente della Corte di Cassazione, S. E. Pagano. per la comunicazione del caso. Sarà mio dovere accompagnare Vostra Maestà al luogo che avrà stabilito per la partenza».
Insomma al Re che se ne va ponti d'oro! Tanto più che Umberto promette a De Gasperi: «Intendo sciogliere dal giuramento alla Corona tutti coloro che lo hanno prestato. Quanti hanno creduto fino ad ora nella Monarchia devono essere i primi a dare esempio di concordia e di buona volontà. Intanto come segno del mio proposito oggi stesso i componenti della Famiglia lasceranno il Paese. La Regina e i Principi si recheranno a Napoli per imbarcarsi subito; andranno in Portogallo».
De Gasperi esce dal colloquio vivamente commosso. Nell'anticamera incontra Bergamini, Nitti e Orlando che attendono alla loro volta di essere ricevuti. De Gasperi allarga le braccia in un gesto evangelico, quasi voglia abbracciare tutti ed esclama: «Che brav'uomo! Che grande Re!». E va via leggero come una libellula.
Uscito De Gasperi, Umberto chiamò il generale Infante. «Oggi stesso», disse il Re «la Regina e i Principi lasceranno Roma. Si imbarcheranno a Napoli sul Duca degli Abruzzi. Predisponga ogni cosa».
Maria José non voleva partire
Considerazioni
A seguito della prima deliberazione della corte riguardo i risultati del referendum, a Napoli, citta’ con un elevata percentuale di popolazione di preferenza monarchica, la contestazione si accese in battaglie per le strade. I monarchici attribuirono la sconfitta a presunti brogli e scorrettezze nella convocazione dei comizi e nello svolgimento del referendum.
Le anomalie piu’ rilevanti secondo i monarchici furono: - molti prigionieri di guerra si trovavano ancora all’estero e quindi impossibilitati a votare. - parte delle province orientali (trieste, gorizia e bolzano) non erano ancora state restituite alla sovranità italiana e quindi il risultato sarebbe stato da considerarsi soltanto parziale.
I primi risultati pervenuti indicavano una netta prevalenza di voti a favore della monarchia, in particolare i rapporti del corpo dei carabinieri reali provenienti direttamente dai seggi elettorali. - nel disordine generale seguito alla guerra, pare possibile che un numero di elettori abbia usato documenti d’identità falsi, per votare più volte.
Tuttavia i reclami giudiziari presentati dai monarchici, vennero respinti dalla corte di cassazione il 18 giugno 1946 in quanto anche tenendo conto delle schede bianche o nulle, la Repubblica aveva conseguito la maggioranza assoluta dei votanti, rendendo ininfluente ogni discussione sotto il profilo giuridico interpretativo. Il divario fra le preferenze espresse per la Repubblica e quelle per la Monarchia fu una sorpresa, in quanto lo si prevedeva in un’entità anche superiore a quello di circa due milioni, poi risultato dallo scrutinio ufficiale.
Le cause di un’Italia divisa in un Sud monarchico e un Nord repubblicano hanno radici nella differente storia delle due parti dell’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 dove per le regioni del sud la guerra finì appunto quello stesso anno con l’occupazione alleata e la progressiva ripresa del cosiddetto «Regno del Sud». Per contro, il nord dovette vivere quasi due anni di occupazione nazista e di lotta partigiana e fu l’insanguinato teatro della guerra civile. Le forze più impegnate nella guerra partigiana facevano capo a partiti apertamente repubblicani mentre una delle cause che contribuì alla sconfitta della monarchia fu probabilmente una valutazione negativa della figura di Vittorio Emanuele III, giudicato da una parte corresponsabile degli orrori del fascismo;
La sua decisione di abbandonare Roma, e con essa l’esercito italiano che venne lasciato privo di ordini, per rifugiarsi nel Sud subito dopo la proclamazione dell’armistizio di Cassibile, fu vista come una vera e propria fuga che fece perdere la fiducia verso la Monarchia da parte degli italiani.
Ai giorni nostri non va dimenticata anche l’ultima ostilità per il Re nella circostanza del rientro in Italia della sua salma .
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francesco casalinuovo jacursoonline Ass. Cult. Kalokrio