Il Pilla tra storie e Ricordi
Il Pilla - Il Fiume tra Storia e Ricordi
Ci siamo occupati del Fiume Pilla in occasione delle tante camminate lungo il suo corso ,agevole in alcuni tratti e difficoltoso in altri.
Le numerose sorgive diventano interessanti nella località Orticaro tra le alture site nel territorio di Jacurso e Cortale . Percorrendo i sentieri che vanno a degradare e attraversando le faggete , i boschi di ontani e castagneti , si incontrano anche non poche zone umide e paludose e spesso danno origine a rivoli d’acqua che prendono a scorrere scavando canali nel terreno .
Il Pilla comincia a scorrere in questo luogo ,prossimo alla Fossa del Lupo e Madama Laura, e si sbriga a scendere tra i tortuosi solchi che scava tra le sponde dei ripidi pendii .Questi a volte sono intensamente alberati ,qualche volta coperti di arbusti o spesso da scoscese parete rocciose.
Quando il corso del fiume è prossimo a finire ,altitudine prossima ai duecento metri, il Pilla comincia ad avvicinarsi ad un altro corso ,il Pesipe, nel quale confluisce che da li a poco cederà le sue acque all’Amato che arriva da tutt’altro territorio..
Il Pesipe ,come il Pilla , ha invece le sorgenti nello stesso territorio ma tra i comuni di Cortale e Girifalco. Pressappoco ha , anche , simile percorso e portata.
Nel luogo di confluenza dei due corsi d’acqua la portata del Pilla è interessante , scorre in modo vivace e va a ingrossare notevolmente la portata del Pesipe.
Nella località Orticaro ,territorio montano di Jacurso ,ritroviamo toponimi dal passato importante come la Fossa del Lupo , la Fossa della Neve , Il Passo della Rutta ,La fossa del Gelo, Madama Laura, Il Passo di Catanzaro, Serra Pelata,…ed altri ancora tutti importanti (almeno nel passato quando Jacurso era casale nel Feudo di Maida ).
Oggi può capitare di cercarli per svariati motivi e può verificarsi di riscontrare l’assenza di indicazione in specie nelle ultime carte delle varie amministrazioni .Non è una scelta motivata di nostra conoscenza soprattutto ritenendo che non poche associazioni , escursionisti o semplici amanti dei luoghi ancora “puliti “ vorrebbero trovare utile la conoscenza altimetrica e la morfologia della area .
Sapendo ,ad esempio, che il passo di Catanzaro segnava il tracciato verso l’attuale capoluogo per chi proveniva dalle Serre .Quì si “ prendeva “ un nuovo “passo “ mentre alle Serre si era arrivati dalle non lontane terre d’Aspromonte.
Nei comuni delle Serre,quando il carbone era ancora una risorsa ,i carbonai erano alla ricerca continua di faggeti da tagliare e bosco dopo bosco la distanza dalle terre d’Aspromonte si allungava.
Troppa al punto che ,cercando nuovi territori per fare le carbonaie ,spesso si “ stanziavano “ in baracche e che intanto che lavoravano mettevano su famiglia con donne del luogo. Stante i cognomi tipici del reggino non si può smentire che tuttora nella nostra comunità resistono queste radici d’Aspromonte. Dopo queste “aperture “ sui luoghi del territorio sembra opportuno riprendere sul Pilla.
L’ escursione di cui adesso ci occupiamo e che proponiamo in questo reportage, ci ha impegnati recentemente ( mese di febbraio ) in occasione dei lavori di bonifica che il Consorzio di Lamezia sta eseguendo con i suoi lavoratori dipendenti. L’altitudine è vicina ai trecento metri e il Pilla all’incirca ha compiuto la metà del suo percorso .La località è notoriamente chiamata “ Salica” e il Pilla qui interseca la statale ex 181 oggi provinciale 192.
Da sopra il ponte si può osservare tutto l’alveo oggi liberato dalle sterpaglie .Le sponde sono praticabili e percorribili e portano da una parte verso le prime due briglie e i ruderi del Mulino del Duca. Dal lato opposto , verso Nord , l’altra delle due squadre di idraulici forestali hanno ripulito e bonificato le due sponde dalle solite sterpaglie, ramaglie accumulate dalle acque nelle recenti piene e portano al mulino Maiolo del quale restano le due arcate in pietre ben assemblate e la stanza della macina priva del tetto.
Tralasciando le faticose attività svolte nel mulino ,in questa località si sono ripetute per tanti anni ,nei mesi di luglio-agosto e settembre ,le abituali incombenze legate ai prodotti delle tessiture in particolare quelle del telaio. Era la “cura “ dei tessuti ,prodotti ai telai, che necessitavano di alcuni particolari trattamenti da farsi in acqua corrente.
Le tele erano,infatti , ottenuti dalla lavorazione delle sole fibre del lino , della seta e persino della ginestra (per chi non poteva permettersi il lino ) .
Descrivere queste tradizionali procedure non è roba da scrivere in due righe anche perché il “ protocollo “ sarebbe lungo per la descrizione sufficiente della varie fasi in cui si articolava questa attività.
Il lavoro , impegnativo e gravoso ,non consentiva pause e solo la necessità e il desiderio di avere un corredo concedeva alle giovani protagoniste di portare a buon fine l’impegno che si protraeva per una quindicina di giorni. Per un attimo lasciamo ancora il Pilla per soddisfare la curiosità di raccontare quello che era un appuntamento aspettato per ogni ragazza che sognava di indossare l’abito bianco .
Le giovanette ,dai quindici , diciotto , venti anni preparavano il corredo soprattutto in questo modo e al Pilla iniziavano il trattamento delle “ lanze” che dal telaio si trasferivano nelle acque del fiume . Successivamente sarebbero diventate soprattutto lenzuola , tovaglie ,fazzoletti e sottane. Di primo mattino si portavano ,dunque ,al Pilla e da Jacurso si partiva a piedi con le ceste in testa. Si stava una giornata a “ curare “ e per molto tempo soprattutto in acqua. I teli venivano “assambarati “ ( messi in acqua ) dove stavano un certo tempo per poi essere stesi ad asciugare sulle siepi . Poi ancora in acqua e poi di nuovo ad asciugare .
Si cessava con questo andirivieni quando l’arrivo della sera era segnata dalla luce del sole e si tornava con le ceste ripiene come all’andata . Stavolta ,con la strada in salita e le cesti in testa ,la fatica si avvertiva con più stanchezza nelle gambe ma appena si riprendevano i piacevoli argomenti del mattino si dimenticava spontaneamente . Con queste distrazioni la strada si accorciava e il peso delle cesti diventava sopportato.
Le donne “curtalisi “ curavano di sopra (sud ) mentre le jacurzane dalla parte opposta del ponte (lato Nord ).
In questa località erano presenti anche delle buone cave di pietra necessarie sia per l’edificazione delle case che per opere pubbliche quali le stesse briglie. Gli infortuni erano un’abitudine per quei lavoratori .Se non giornalieri comunque capitavano.
Ci scappò anche un infortunio mortale negli anni ’50 e i pericoli insidiosi si procuravano durante lo “sparo “ della pietra e per gli inevitabili smottamenti del pietrame . Si dice che qualcuno del luogo era solito persino utilizzare i fili della “luce “( linea elettrica) per trasferire oggetti e se stesso da una sponda all’altra utilizzando una tavola a modo di slitta. Strana testimonianza ma riportata da più persone.
Riprendiamoci il Pilla spostandoci da sopra il ponte (dove ci siamo raccontati questi episodi e ripresi tanti ricordi ) .Adesso stiamo quasi in acqua e portandoci sul letto del fiume ,attraverso un breve e comodo viottolo ,optiamo dirigerci verso Sud dove a quasi cento metri si incontra la prima briglia. L’avevamo già incontrata qualche anno addietro e da allora è caduta ancora qualche altra pietra .
Se non si interviene verrà giù tutto visto che le leggi della fisica non fanno deroghe. Ma di interventi neanche a fare ipotesi e ,quando le amministrazioni sono disinteressate , nessuno dispone ,per dovere o per amore , il controllo del territorio il successo della fisica,assistita dalle forze della natura, e lì dietro lo spallone della stessa briglia. Ci è parso di avvertire la tristezza della struttura e la rassegnazione per il disamore di quanti potrebbero palesare qualche interesse. Per farlo bisogna ,però , avere dentro l’attenzione per il territorio , l’ambiente e la loro salvaguardia motivo per il quale in tempi ,ormai passati , questi doveri sono stati osservati.
Oltrepassato questo imponente sbarramento , il fiume tra le pietre e il terreno, ha formato nel tempo un breve “canyon “ed è interessante ascoltare il gorgoglio dell’acqua mentre si incurva producendo tanta schiuma.
La briglia ,a guardarla ,da la sensazione di un’opera ferita, indifesa e offesa , sventrata com’è nella parte centrale. Sarà alta più di sei metri e ci vien da pensare quanta acqua imprigionava e poi precipitava da tale sbarramento ancora in piena salute . Utile alle colture come buona riserva idrica ma soprattutto all’ambiente per il “ freno “ al rapido e voluminoso scorrimento delle acque. In verità era proprio questo il motivo della sua costruzione come la prossima che si incontrerà tra un centinaio di metri.
Man mano che si prosegue ci si imbatterà in alcuni salti interessanti. Osservati con interesse da una società per la produzione di energia e, ritenuti produttivi positivamente, erano stati predisposti i due progetti per la produzione di energia con la posa di piccole turbine già in essere e produttive altrove ma sul versante opposto al nostro.
Come succede spesso nel nostro meridione le disattenzioni sono, tuttavia , una ’consuetudine” ,la sconvenienza e la cecità una dimestichezza e quando la collaborazione a tali iniziative diventa pure scarsa , il più delle volte non succede nulla .Può capitare di non reputare un buon investimento ma per l’eolico è pur vero che tutto è andato avanti come il “vento “..
In un passato non lontano un’altra notevole progettazione era stata avanzata per interesse , amore e promozione allo sviluppo di questo territorio. Progettazione proposta da un nostro quasi concittadino Ingegnere Augello da Cortale.
Scrivi di qua e promesse di là non si trasformò in pratica neanche questa lusinghiera proposta ingegneristica che avrebbe portare acqua sino ai terreni dei “ Piani di vena “ allora molto a regime produttivo dove “ i Zappatori “ di Jacurso si portavano a piedi prima dell’alba e a piedi tornavano dopo il tramonto . Da Sole a Sole
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