Mulino De Vito Giuseppe

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Mulino  De Vito Giuseppe
località “ Scannizzi “

Risalendo - per  pochi metri -il viottolo  privato ci  porta sulla strada comunale e  imboccando un lungo rettilinio si arriva al bivio del piano Morici. Qui l’area attrezzata del Struttura Mediabet  si colloca armoniosamente nel paesaggio .
Una pineta fa da cornice al campo di calcio  e l’area è fresca e profumata. Ampio parcheggio  in spazi aperti  o nelle viuzze della pineta  offrono  frescura e  tranquillità  tra le panche e i tavoli  in mezzo agli alberi.
Sulla destra ,la strada comunale porta verso la zona “Pilla “ ed a qualche chilometro del primo incontriamo il secondo Mulino.
Il mulino DeVito si scorge ,circondato  da  folta vegetazione nei pressi del  corso d’acqua   comunale.
Nella parte superiore una condotta in terra battuta sfiora l’arcata in pietra  collegata alla sajitta che non si alza eccessivamente  .
La struttura del mulino è sviluppata su due livelli e interessa esclusivamente gli spazi destinati alla lavorazione dei cereali con uno spazio limitato  ad altro uso.
Probabilmente era uno dei tre mulini con la maggiore lavorazione del grano .
Gli altri due appartenevano alla Famiglia Buccafurni a Valle di Camicia e ai De Vito al Piano di Maria


L’interno della galleria                                      Una veduta esterna

Località     Macchia    Chidone
L’acqua ,percorrendo il canale comunale in terra battuta ,arriva in questa  “macchia” dove era impiantata una notevole attività di trasformazione dei prodotti locali  (agricoltura e boschi).
Una notevole costruzione era adibita a macina delle olive e praticamente assorbiva gran parte delle olive prodotte negli uliveti della zona sud del territorio .
Ha smesso di lavorare negli anni 70 utilizzando  nell’ultimo breve periodo un sistema più moderno di spremitura .
Questo ammodernamento riguardava solo le presse perché il processo di molitura avveniva col vecchio sistema .
Dietro al fabbricato , l’albero di trasmissione vincolata alla ruota “purziana”-così la chiamavano  “ i  machinisti” - addetti alla lavorazione delle olive.
La ruota  “purziana” era grande ed aveva all’estremità i “ pennelli” –una sorta di gradini –sui quali cadeva l’acqua precipitata da una canaletta in legno. All’interno del fabbricato all’asse della ruota  purziana era ingranata la ruota principale che trasformava da orizzontale a verticale,il movimento rotatorio.



Sui tre assi verticali erano disposte le macine in pietra di granito che con vari compiti svolgevano il lavoro di frantumazione delle olive.
In basso una grossa trave ,poggiata  e ancorata alle estremità su due colonne in legno , permetteva la “pressa” delle “coffe” colme della pasta della  spremitura .
L’olio veniva “cresciuto “dalle abili mani dei macchinisti e raccolto in recipienti. L’avanzo della lavorazione era “catripolo” che prima di essere riversato nell’acquaro veniva “lavorato” nella vasca destra all’albero principale per separare gli ultimi residui oleosi. Nella vasca di sinistra veniva ,invece, depositata la pasta della spremitura che ,addizionata con acqua calda ,cedeva l’olio residuo  .
Sommariamente era questo il ciclo dell’olio prodotto in questa “ machina “.
A lato del fabbricato un modesto mulino utilizzava l’energia cinetica dell’acqua già utilizzata sulla “ruota purziana”