Natale di Oggi
Natale torna ogni anno con l’inverno. Si presenta emblematicamente come un raggio di amore che spunta , spesso , anche nel gelo del rancore e dell’egoismo e invita ad amare.
Natale di ieri , Natale di oggi
Sarà Natale anche quest’anno ma non si può tacere quel filo di tristezza senza nascondere che da troppo tempo non si percepisce l’atmosfera dell’evento. Ormai, quasi dappertutto, Natale è divenuto solo una data dedita al consumismo e dove il clima per la ricorrenza religiosa “ deve forzatamente” apparire gioiosa.
Tutti si diventa erranti e frenetici , buoni e gentili ma in fondo alla giornata poi si resta un po tristi perché ogni rito sacro deve essere pieno di fascino per quello che è e quando , come accade, il divino e l’umano non si incontrano più , aleggia qualche sconforto che diventa tristezza. E’ bello ricordare il Natale d’altri tempi per mettere qualche pezza alla coscienza ? Forse che si. Intanto diamo peso alle Associazioni , alla Chiesa , al Volontariato Parrocchiale , a quegli adulti che fanno trovare il Presepe dedicando la serata dopo una giornata di lavoro ed anche alle Amministrazioni che incassano qualche merito per non slacciare la collettività. Ma quei Natali “ poveri “ cosa erano ?
Il clima Natalizio si percepiva quando in due, tre…quattro amici si andava a cercare l’erbetta , le felicette e il muschio necessarie per l’allestimento del presepe . Ma non bastava . Si andava a cercare nel bosco anche il sughero che bene si prestava a simulare le increspature delle montagne e i dirupi assieme alla preziosa carta dei sacchi di cemento. Non si aveva un’idea definita , si procedeva con inventiva e il più delle volte il paesaggio si tirava fuori da solo tra montagne , ruscelli , laghetti, recinti e stradine, ponti e staccionate. Una giornata di lavoro. Il clima Natalizio si percepiva con l’ approntamento del Presepe e , per esso, cominciava la ricerca dei materiali.
Jacurso e, sullo sfondo , Lamezia
Don Guzzo , invece, si chiudeva in chiesa per interi pomeriggi sin dall’inizio di Dicembre. La contadinella col fazzoletto in testa, il fabbro e il “ pecoraio “ ( non lo chiamavamo pastore) e lo Zampognaro, che “Suonava “ mettendo dieci lire, erano i personaggi che facevano tenerezza e quasi ci veniva da domandare dove erano stati quieti per così lungo tempo. L’atmosfera del Natale incominciava più o meno così mentre l’odore dell’olio fritto si spandeva in ogni strada , in ogni vico e in ogni “ grupu “ di casa. L’olio non mancava a Natale e nemmeno la farina con le uova e il miele.C'era la solidarietà dicendo appena in silenzio..." fhacitivi Natale " .
Prendevano così il via , persino con un piatto povero, anche le tradizioni gastronomiche per questo appuntamento che riusciva a restituire le atmosfere e il senso delle feste mentre gli ingredienti pignolate e “ zippuli “ non difettavano in nessuna delle case jacursane.
Poveri e contenti.
Nelle cucine nascevano i piatti e i dolci della tradizione che non potevano mancare. Niente Panettore , non si parlava di Pandoro e per il pesce non si aveva alcuna necessità. Paese di montagna conosceva poco il pesce e tanto capra e pollame. Baccalà e sarde arrivavano , invece , da Pizzo durante tutto l’anno. Le “Prime Donne “, quando le famiglie erano ancora famiglie unite , restavano comunque le nonne così abili a spianare la pasta , dosare gli ingredienti, regolare il fuoco. Il resto, per chi le aiutava, veniva relegato a mansioni di “ bassa manovalanza “. Rompere e sguazzare le uova , pulire le sarde dalle spine , sgusciare le noci , selezionare e lavare le verdure , pestare il sale nel mortaio . Perché il sale era quello a “ toppa “ , quello minerale di Lungro e si vendeva solo al Tabacchino. Sale e Tabacchi che , ancora, c’è l’insegna. Mi incuriosivano una sorta di gnocchetti , ritorti , passati nel vino e poi fritti ( turdulijhi ) mentre fichi , noci, castagne , nucijhii e torroni riempivano la “ tafharejhuzza”.
Per l’occasione , a noi ragazzi , si beneficiava di qualche monetina in più che , sinceramente, non si sapeva dove spendere e finivano ad impinguare il piccolo tesoretto di qualche centinaio di lire. Per quei giochi desiderati per mesi ( il mio desiderio ” una Lampadina Tascabile” ) si aspettava la Befana e , se arrivavano, si scoprivano per terra posati ai piedi del letto . Giochi scelti 'dal vero' , attesi per mesi con trepidazione e non come accade oggi. Svogliatamente e senza entusiasmo.
In questo modo il Presepe e quelle tradizioni raccontavano il Paese di quei tempi e raccontando l’ingenuità infantile ci facevano venire dentro una gran voglia di crescere per imitare i grandi...
Oggi che si è cresciuti per davvero ci sentiamo forse tutti () un po scontenti perché quella voglia ci è stata accordata e magari si voleva crescere meno velocemente . Non per il tempo che si è lasciato alle spalle ma forse per quando il Natale lo si faceva anche in pantaloncini corti e di più perché le riflessioni di oggi ci lasciano con qualche tormento , una o più delusione e , di certo , troppe nostalgie osservando le generazioni del momento. Il confronto tra due mondi troppo diversi e troppo lontani . Per strada non si correvano pericoli e , semmai, c’era spesso un adulto che ti stava osservando per evitartelo. Si andava a piedi a scuola ( a Maida ) maschietti e femminucce insieme e, mentre tra noi ci si fidava, i nostri potevano fare affidamento sulla responsabilità dei più grandi che, allo scoperto dei genitori, sapevano allungare una mano per proteggerti e non per metterla da qualche altra parte …..
I compagni di pallone si andavano a chiamare a casa . Poi due chilometri a piedi in direzione Morici. Io in porta e Salvatore a tirare i rigori. Non ne sbagliava uno . Si giocava sino allo “ spasmo “ che non faceva mai buio e si tornava a piedi spongati di sudore , “mbrattati “ di terra con le gambe rigate di sangue per le spine sul bordo del campo. Poi arrivava anche Natale. Si frequentavano le funzioni , qualcuno faceva il chierichetto e si andava a casa dei parenti. Per gli auguri e per stare un po con loro. Il nostro Natale era anche suggestivo per le alzate mattutine della novena ed anche allora più di oggi c’era tanta dedizione e un po di povertà. Di alberi non c’era ombra. Nessun albero di Natale . Noi si conosceva l’immagine del Presepe e basta. Il consumismo lo avrebbe imposto da li a poco come Hallowen in altra data. L’albero e Halloween: feste popolari di origine celtica.
Oggi non serve tanto ricordare come eravamo e bisogna pur dire che, nonostante gli egoismi, qualcosa nelle difficoltà del momento si continua a fare. Per iniziativa dell’Amministrazione le gite e i pranzi sociali , più di un Convegno per una necessaria attenzione sulla salute, L’Incontro con la Cittadinanza , la promozione della Pro Loco per sensibilizzare e aiutare , con la ricerca , chi soffre di malattie rare ed infine soprattutto la Parrocchia che con Don Giuseppe e Don Angelo riescono a far sentire Il Natale per quello che è e non per il “ carrozzone “ commerciale in cui è stato dirottato .
Amministrazione Comunale
La Pro Loco
La Parrocchia
Grazie per questa testimonianza di interesse per la collettività di Jacurso.
Grupu : ambiente piccolissimo quanto un buco- era casa un locale 3x3
Guzzo : Arciprete don Adolfo Guzzo - a Jacurso da '49 agli anni '70
Lo stromboli in questi giorni di "attività"
Il golfo di S Eufemia, l'aeroporto , ex SIR. Curinga
franco casalinuovo jacursoonline Ass. Cult. KaloKrio