Erano i Giorni della Merla

Il Platano di Curinga.

E' il platano millenario a rappresentare l'Italia nel contest "European Tree of the Year" con altri 13 alberi di tutta Europa. 31 metri di altezza ed una circonferenza di 20 metri. Votiamo per farlo conoscere ed eleggerlo " Albero Europeo " .

 

La tradizione e i racconti  popolari vogliono che gli ultimi tre giorni di gennaio (29, 30 e 31) siano attesi come i tre giorni più freddi dell’inverno.

In questo territorio, con tutto ciò , il clima è abitualmente mite e capita a farsi   sgradevole quando le temperature, pur se non eccessivamente basse, si fanno   accompagnare da  eccessivo umido che rende maggiormente percepibili le sensazioni  di fastidio . Stiamo tra i due mari e siamo abituati a intravedere le belle e le meno gradevoli giornate osservando quanto succede agli estremi dell’Istmo. Le fredde giornate o nevicate non sono mai mancate , sempre  però risolte  nel tempo breve di due giorni lasciando appena qualche disagio dopo la bella atmosfera dei fiocchi. Durante gli inverni, come altrove, si sono sempre ripetuti gli eventi meteorologici ai quali tutte le generazioni avevano da raccontare qualcosa . Nubifragi, smottamenti e piene restano ancora la logica del territorio che è parte  del pianeta che abitiamo  con il quale sempre ci si mette a litigare ma spesso senza ragionare.

I nostri contadini erano soliti dire che  …” se non vernijhia ..no statijhia “ e loro erano consapevoli della necessità della pioggia, del freddo , della neve e del vento. Oggi si vuole elidere la condizione iniziale di questo “ detto antico “ per fare spazio solo ad una lunga estate . Era dalla terra  che si “Buscavano “ i fabbisogni per  vivere e quindi ad essi, come agli animali e alle piante, stava bene questa regola della natura. C’erano, adesso di meno , giornate di freddo secco tanto che se capitavano stavano anche soddisfatti dall’ auspicio che  “ lu…Jennaru siccu…fha  lu massaru riccu “ . Oggi va bene diversamente tanto si importa grano ed ogni sorta di cerealida altre aree del pianeta. Magari contaminato o radioattivo ma è la logica dei mercati.

Scuola e Municipio sono stati gli edifici assenti nel passato di questo abitato.Per carenza di risorse e anche per uomini di “peso“ . Poi, in epoca fascista ,  Jacurso diventò un luogo crocevia di attività imprenditoriali e ,con  figure determinanti per quel periodo, nel ‘32 ebbe costruito un  Municipio degno del nome  costruito dentro uno spazio ampio , riservato e definito verso la superficie  esterna con un ingresso rispettoso del palazzo ed una recinzione stile impero come la facciata. I Figli nati per  la Patria erano tanti e le aule dell’edificio delle elementari cessarono ad essere sufficienti  tanto che una classe veniva ospitata proprio nell’edificio municipale di via Nazionale . E così, negli anni cinquanta, fummo in tanti in quella stanza a piano terra per frequentare la prima o la seconda classe.

La finestra era bassa e , dal primo banco , mi incuriosivano i passerotti gonfiati nel loro piumaggio immobili sui rametti di un arbusto e spesso davano anche una scrollata al loro piumaggio . Insoliti comportamenti  da come ero solito osservarli in altri mesi dell’anno oppure  aggrappati immobili sui travicelli di  un vicino orto o sui recinti dei pollai in attesa di rubare un granello o “ pizzuliare “ gli avanzi alimentari che si davano alle galline quando lo smaltimento degli avanzi alimentari faceva parte dell’economia circolare dettata appena dal buon senso e non dallo spreco odierno. Le galline neanche  litigavano per  spartirsi le esigenze alimentari con quei minuscoli pennuti che tuttavia rispettosi saltellavano, beccavano ,si allontanavano e tornavano.

Più tardi seppi che il rigonfiamento delle piume era un  comportamento classico di arruffare le penne per ridurre la dispersione del calore perché gli  uccelli hanno un metabolismo più veloce degli esseri umani , una temperatura più alta e quindi spendendo più energia avvertono più necessità di alimentarsi. A volte li vedevo quasi addormentati scoprendo che possono entrare in uno stato simile al letargo, detto torpore: abbassano la loro temperatura corporea anche di 10 o 15 °C e, in questo modo, ridurre drasticamente le proprie necessità.

Quanto alla frenesia di agitarsi scoprivo che  Alcuni uccelli, soprattutto durante la notte, rabbrividiscono per aumentare il calore del corpo. Il tremore causato dal brivido di freddo accelera il metabolismo del corpo e genera spontaneamente calore. Purtroppo tremare non è una strategia che funziona a lungo e soprattutto richiede molte calorie che vanno reintegrate attraverso il cibo. Oggi queste esperienze o conoscenze appartengono al passato e non interessano né la prima né la seconda gioventù di questi anni. In molti non conoscono le galline ed il pollo magari lo intendono rannicchiato in quel vassoietto di polistirolo portato dal supermercato.

Quel che resta è soltanto   rivivere le tradizioni e le usanze raccontateci dalle passate generazioni come quando in montagna , spinti dalla fame , arrivavano i lupi vicino alle stalle o recinti e allora si usciva a tenerli lontani , a spaurirli com i tizzoni ardenti tra le mani strappati al focolare.

La " Citatejha " - Se non la prima, quasi. All'interno le pareti erano " alzate " con i blocchetti che si vedono al centro. Si nota una prima manutenzione mentre a lato un particolare ingrandito . Si notano chiaramente  i fili di paglia  ( comunemente     " Brescie " - residui della trebbiatura del grano  ) che facevano parte dell'impasto .

Oggi questi pochi  figli conoscono poco gli animali , confondono con le frazioni  le contrade e non sanno  di quelle case fatte di pietre e di “ brescie “ che mancavano di acqua , luce , strade ed ogni forma di comunicazione minima . Quelle case che, tra le pietre dei muri , mantengono ancora (assai nascosta dal tempo) una fessura verticale dentro che passava una canna di fucile quando si rendeva necessario per difendersi non solo dai lupi che razziavano per fame ma da “ Altri Lupi “ che di notte rubavano i sogni e il sonno ai poveri cristi  . Oggi questi figli , a Jacurso come ovunque , sono sempre più soli e , mentre per loro  mancano gli amichetti, le tradizioni divengono  sempre più scarse nel paniere dei ricordi per i   padri che non cercano più a chi raccontare.

Noi , di quelle stanze alle elementari , in questi giorni che allora erano più freddi , ricordiamo tutto e in questi periodi  ci “ ingiostravamo “ ad “ armare le “ Tagliole “ che mastru Vicenzino Pizzola ci vendeva a venti lire e si andava subito a caccia “de cacentari “ quale  esca opportuna per provarle “ immediatamente “. Per noi la tecnologia di allora era la molla che scattava e la corsa alla tagliola.

Che si armava “all’ammucciata “ e poi ogni tanto si “ addunava “ . Duve vai ?  “ Vau mu mi sarvu la tagghiola “. Frasi e gesti che appartengono alla generazione  che giocava alle tagliole. Salvare la tagliola perché a quella età si entrava in competizione …si appostava …e scoperto lu  “ mundizzaru “ dove abitualmente si armavano le tagliole … si guastavano quelle  degli amici concorrenti per accaparrarsi più possibilità di prede.

I Giorni della Merla per noi erano questi ma oltre ai pettirossi , spinzi, passarri I giorni freddi del 29 -30 e 31 restavano anche quando si vedeva passare non uno e non pochi   bambini scalzi e con i pantaloncini appena corti anche a Gennaio. Perciò quasi non ci appartengono le storie della Merla scritta altrove al tempo ove chi le scriveva stava magari al calore  delle stufe a legna che da noi non erano usuali. I merli stavano ancora a vivere nelle campagne insieme agli altri uccelli dove  sapevano proteggersi come i nostri contadini, donne o artigiani. Al tempo , però, è da dire che queste storie che arrivavano da lontano sui libri delle elementari  li commiseravamo davvero  per la tenerazza dell’età  .Ci intristavamo del mendicante che riceve un pezzo di Lana dal mantello del Principe buono o dello Spaccapietre sotto il sole dell’estate.

L'Istmo : 52 Km - Un corpo nuvoloso, " entrato " dallo  Jonio sta per giungere nel golfo del Tirreno ( S. Eufemia ).

Storie delle  Elementari abitalmente redatte altrove e da autori con altre residenze lontane dalle nostre . Personalmente mantengo la memoria , come si scriveva , di ragazzi, ragazze e donne che vedevo passare a piedi scalzi anche sulla terra nuda , sulla “ Mbricciata “ dell’allora Strada provinciale ( ex Consortile Catanzaro Lido– Curinga ) o sul selciato di pietre, bagnate e scivolose, del nostro paese che troppo in fretta sono state considerate vecchie lasciando posto alla viltà del  bitume.  Ai merli invece ,la natura aveva predisposto risorse naturali e , siccome preferisce spazi suoi,lo inconravamo appena subito a Cinque Canali, alla “Machinejha “, sotto Castanò… .

Comunque  queste giornate , da noi che si andava anche a piedi scalzi , sono conosciute e narrate come  “Giorni della Merla“ ?

Le leggende al riguardo si perdono nell’onda del tempo e raccontano storie che hanno infinite varianti, di luogo in luogo. In questo territorio le varianti a dire il vero scarseggiano già che tutto il mese di gennaio era temuto , più che dai merli , ancora prima dalle famiglie, contadine maggiormente ,  che vivevano di speranza  e  di apprensione  per i raccolti , per le precarie condizioni abitative e tanto per i limitati rimedi disponibili a fronteggiare il freddo, la neve, l’acqua , il vento…

A Jacurso , come altrove , in quei giorni di Gennaio  erano i tempi dei camini. Le “ Ciminie “ fumavano alla grande che passando nei pressi si annusava il legno  che si bruciava al focolare mentre  era abituale accorgersi di qualche  “ Ciminiera  “  in straordinaria turbolenza con  rumorosi risucchi e alte fiammate rossastre  fuori dalla canna . I paesi del profondo sud si riconoscevano dai comignoli fumanti che però non inquinavano come altre ciminiere . La sera, tutti a casa, riuniti intorno al focolare a scaldare  le gambe  che era un piacere fin quando  abbandonare la postazione era un dovere per far posto ad altre gambe da scaldare .

Le  sorelle ,  le femmine , stavano a guardare perché loro , guardinghe, dovevano rinunciare  a quel calore che bruciava sulla pelle evitando le postume  conseguenze  sulla  pelle delicata delle gambe quando, lontane dal focolare, si aveva poi vergogna di mostrare certa sorta di macchie rosse che  chiamavano “ Fhucili .  Non si è mai compreso perché veniva così definito quel rossore variegato ma  in questo modo si esprimeva  questo affare ed oggi lo chiederei al mio amico Mario , affermato Dottore Specialista Dermatologo.

Eravamo ancora troppo ragazzi  e i giorni della Merla arrivavano per tutti senza farcene una ragione. In certe case della parte più remota , “grupi “ impropriamente dette case,  e quando in quella primordiale zona vennero   accesi i primi fuochi ,i muri interni furono alzati con blocchi   fatti di Fango e Brescie lasciando le pietre per i muri esterni . Mattoncini resistenti e buoni quelli di argilla rossa con le brescie dentro .Resistenti , duri e buoni isolanti al caldo/freddo della  parete interna . Il tetto vanificava però  il calore del focolare all’aria dei “ceramidi “ . Perchè in quei “grupi “ di abitazioni mancavano i soffitti e gli spifferi combinavano il resto. Dietro al focolare, cioè dietro le spalle di chi sedeva, abbiamo tovato tavole predisposte a riparo  dal vento le spalle  che fischiava da dietro  infiltrandosi dagli sgangheri della porta  o un pertuso  di finestra. I più piccoli, come alimento serale, consumavano  fette di pane arrostito sulla brace dei  “ Tizzoni “ del focolare , i grandi invece, “ rociavanu ” masticando qualcosa tra posa e minestre di campo, raccontando o parlando tra loro. Quanto ai merli si arrangiavano anche loro certamente .

E mentre la fiamma ondeggiava nel camino, alta e ampia che era una goduria fare le  “ Fhocate “ , la nonna o la mamma  raccontava, ai figli e ai nipoti, la favola della sera che poi era il racconto della propria vita.

 

Ma a scuola si leggeva (sull’unico libro dell’anno scolastico ) del cavaliere che  dava un pezzo del mantello al mendicante povero o di altre storie che a noi non appartenevano … ma quel disegno del cavaliere che taglia il mantello …ci impietosiva quanto il merlo rannicchiato sotto i due Ceramidi che nel libro chiamavano  comignolo… ed allora  la nonna o la mamma si inventava raccontando  che ….“Durante un inverno poco freddo  di tanti secoli fa una merla bianca, che doveva far nascere i suoi piccoli e desiderava un pò di riparo, se la prese con il mese di gennaio che era troppo freddo . Allora un Mago,  per ripicca ,chiamò i venti più freddi e fece pure nevicare. Povera merla !

La merla non gradiva il freddo fino a quel punto. Allora per far nascere meglio i suoi piccoli si mise accanto ad un camino fumante (la cimiìa ). Proprio sotto quei due “ ceramidi “ messi a protezione dalla pioggia e del vento . Al tempo girandole e cappelli non erano in grazia ai muratori . Due ceramidi , sistemati a contrasto in punta, tra Levante e Ponente stavano a governare il vento dall’una o l’altra parte.

Ma quando capitava un vento storto la ciminia faceva fumo e sicuramente fu così, “ Il fumo annerì a tal punto le piume dei merli , continua e finisce la nonna , che da allora questi uccelli hanno le penne  nere come il carbone.”

Nel 2021, previsioni alla mano, non sarà così ,dissero gli esperti  secondo i quali , infatti, è probabile, dissero, che il 29, 30 e 31 gennaio saranno ricordati per altro. Tutta colpa, come sempre, dell’alta pressione che proverà a conquistare l’Italia regalando giornate piacevoli,  con il termometro fermo su valori superiori alla media del periodo. L’asticella della colonnina di mercurio segnerà un + 8 (rispetto alla norma) anche se sono previste alcune piogge al Centro-Sud. E fu così che merli , passerotti, pettirossi, fringuelli, verdoni e cardellini e ancora colombi, gazze e tortora se la son scialata a cantare che è stata primavera sentirli. Ma attenzione ad abbassare la guardia, l’inverno non è ancora finito, e già dal mese di febbraio potrebbero arrivare nuove sorprese. Dissero ancora i meteo.

Arriva l'inverno in queste ore  di sabato 13  e avvertono ,  con lui arrivano anche la pioggia, il gelo e forse  la neve.

In questo territorio dell’Istmo , scriccioli e cince, merli e pettirossi , “ passarri e spinzi “ sono i frequentatori abituali del paese e delle campagne durante l'inverno  e se le basse temperature, la neve o il gelo possono rappresentare per loro un problema, il modo migliore per aiutarli è installare una mangiatoia nell’orto  o sul davanzale di casa.Si può fare beneficienza in tre modi: quelle "aperte" per tutti , quelle coperte da un tetto ,quindi protette,, che tengono lontani alcuni ospiti come le gazze , le tortore e i piccioni, e infine quelle "a rete", specifiche per Cince (Cicarriajhi ) Passeri , o Cardellini . Basta mettere cibo dentro qualche contenitore a rete e si aggrappano a " pizziluijare" .

Il menù: fringuelli, verdoni e cardellini preferiscono semi di mais o di girasole. Merli, pettirossi e cince sono ghiottissimi di briciole dolci, senza disdegnare semi grassi e frutta secca. Se poi trovano una bustina  di arachidi e noci, non è affatto esclusa la visita di altri uccellini " beccatori ".

Gli ultimi tre giorni del mese sono i giorni più freddi dell’ anno: ” i giorni della merla” . Fa freddo solo da Domenica . Secco, a zero gradi (serali)

Oggi si va avanti senza proverbi e noi vogliamo raccontarveli ancora anche se quest'anno è andata come è andata !

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francesco casalinuovo            ass cult Kalokrio          jacursoonline