Jacurso . Un Casale di Contadini in Lotta


 


Ecco, / io e te, Meridione, / dobbiamo parlarci una volta,  / ragionare davvero con calma, / da soli /, senza   raccontarci fantasie / sulle nostre contrade. "

 

Pativano già la fame durante il conflitto ma poi , i braccianti-coloni , braccianti-affittuari , mezzadri , bracciali, donne e giovani  finita la Guerra si trovarono ancora più in miseria e per tale condizione divennero soggetti a lavori estenuanti con  bassa retribuzione . Quella che all’inizio appariva appena una forma di ribellione , poco organizzata e dettata dalla miseria , diventava un movimento di masse contadine e bracciantili che , spinte ed educate dai partiti politici ( allora nascenti ) , prendono coscienza della loro identità e dei loro diritti e sono pronte a difenderli con azioni collettive.

 

 

Il Canto dei Nuovi   Migranti di Franco Costabile

Ce ne andiamo. Ce ne andiamo via. / Dal torrente Aron /Dalla pianura di Simeri. / Ce ne andiamo / con dieci centimetri /di terra secca sotto le scarpe/ con mani dure con rabbia con niente. Vigna vigna/ fiumare fiumare / Doppiando capo Schiavonea. Ce ne andiamo /dai campi d’erba /tra il grido/ delle quaglie e i bastioni. Dai fichi /più maledetti /a limite/con l’autunno e con l’Italia. Dai paesi /più vecchi più stanchi/ in cima /al levante delle disgrazie. Cropani Longobucco Cerchiara Polistena Diamante  Nao  Ionadi Cessaniti Mammola Filandari…

Era la fame e il  non avere nulla a spingere tutti verso un pezzo di terra da coltivare .Per nutrirsi. A Melissa le lotte durarono e furono cruente con cariche e persino qualche morto . Anzi a morire fu proprio una donna lavoratrice.

 

Premessa

Gli avvenimenti già riportati nella prima parte e questi che seguono , abbracciano principalmente un largo arco di tempo che va dalla fine dell’800 sino agli anni del 1950 quando , per le inevitabili difficoltà economiche del dopoguerra, la folta società artigiana e contadina si ritrovò in precarie condizioni di vita, spesso in situazioni di ristrettezze, e pertanto costretta a emigrare in cerca di lavoro .

Emigrazione anche per i proprietari terrieri alcuni dei quali tentarono le attività in altri settori ma quasi sempre senza successo. Capitò anche ai Bilotta che , a Maida , posero la sede per una Cassa di Risparmio con alterne fortune iniziali e  poi la definitiva rinuncia. Le proprietà ad Arcomanno e altrove passarono alla gestione del Cav. G.B Dattilo e successivamente divennero proprietà ai Pacileo. Ad Arcomanno le attività agricole continuarono , tuttavia, senza sosta ed in quei territori si portavano ogni giorno ed in ogni stagione donne ,uomini, ragazzi e giovanette . Numerosi da Maida,Cortale,Jacurso e Vena .

Nei racconti vengono narrati , ovviamente , anche fatti relativi a momenti precedenti al ‘900 , frutto della ricerca o perchè riferite da persone in età adulta o molto anziane che hanno consentito in tal modo la continuità della memoria storica . Con lo stesso criterio saranno riportate narrazioni relative a periodi successivi ma sempre in un contesto di verità storica

Questo piccolo contributo è stato pensato affinché rimanga traccia di quella che era a quei tempi la vita a Jacurso ( e nei paesi vicini ) e porti i giovani della vita odierna almeno a pensare a ciò che i loro nonni e i loro padri hanno dovuto e saputo sopportare nonchè alla tenacia che hanno messo nelle loro azioni per poter migliorare la nostra vita futura. Di alcuni personaggi sfugge il nome o l’identità e mi scuso da subito per questa negligenza, ma  più che le persone, penso sia utile riportare i fatti, proprio per testimoniare quanto avvenuto ed anche perché quegli individui nessuno sa chi sono stati mentre dei fatti si avrà almeno la curiosità della conoscenza che potrebbe già diventare un insegnamento che arriva dal passato. E in questi giorni si consumano fatti di cronaca con i giovanissimi protagonisti in negativo anche nei nostri abitati.

C’è da ringraziare tutti coloro che a loro insaputa sono stati partecipi di questa stesura, proprio per il fatto che in tempi anche molto lontani sono stati confidenti di racconti che in quel momento mai avrebbero forse pensato che sarebbero rimasti in modo indelebile nella mia memoria tanto da poterli poi oggi narrare per merito loro su jacursoonline. A volte il susseguirsi dei racconti non segue un ordine cronologico, proprio perché appartengono a conoscenze che ritornano alla mente perché sollevati da qualche evento del presente che li riporta ad essere importanti a prescindere dal tempo in cui questi avvenimenti sono accaduti. Ad esempio “La spagnola “ del 1918 rapportata con l’Epidemia tuttora in atto. Utili forse per comprendere meglio quel periodo storico se rapportato al vissuto dei nostri tempi per trarne qualche monito e accettare parecchio insegnamento.



Perché si fatigava ad Arcomanno

Cominciava un’altra giornata di fatica . Come altre e tante altre ancora. Su quei pendìì spogli,arsi e nudi che portavano ai Piani di vena dove quella parte di terra fatta di argilla e sabbia biancheggiante , riconoscibile da lontano, raccontava ogni giorno l’ultima aspra salita verso le case di Arcomanno . Da Castanò erano partiti nella penombra dell’alba e il pallido alone del sole che sorgeva quando già sotto Maida , a “ Lu Quartu” , nei pressi del Convento dove principiava la strada costiera per Jacurso - Cortale , il gruppo si infoltiva con altri uomini, lavoratori , bracciali e zappatori, giovani e garzoni, donne e giovanette , tutti alla pedona ma ognuno con l’attrezzo di lavoro al fianco , sulla spalla e alla cinta lu “ Stavajiuccu “.

Quella strada per Cortale che parte dal Convento e ,costeggiando il Pilla incrocia ancora più di un stradella per Jacurso, si alza sul finire e , abbandonando il Pilla , conduce sino al Cimitero di Cortale . Esiste e resiste solo sulla traccia del percorso pestato per lunghisimi anni da quelli che furono i lavoratori e le donne operaie di Jacurzo e Cortale adusi a sacrificare la loro esistenza per servire un padrone , spesso una famiglia di proprietari, per i quali il bisogno li faceva nascere sudditi da padre in figlio.

Per usi e costume, residui dal lontano medioevo, la maggior parte dei contadini non possedeva alcun podere di suo e quindi lavorava nella campagna di altri soggetti .

Erano affittuari o coloni e pagavano il terraggio a fine raccolto mentre restava di possesso al proprietario l’insieme delle alberature da taglio e da frutto . Con eventi naturali favorevoli , ovvero quando il raccolto diventava fruttuoso nel senso che permetteva di far fronte agli impegni assunti, tutto bene, altrimenti il contadino ci rimetteva tutto il fitto . Vento, nubbifraggi , feddo erano le insidie maggiori. Il padrone dei tanti terreni fittati li costringeva ugualmente a pagare in tutti i modi, rifacendosi anche sulle bestie allevate , la casa ed altro pretesto in garanzia . Non per niente , anche a Jacurso, i grandi proprietari terrieri erano padroni di molte casupole nell’abitato date in garanzia all’atto del contratto . Era così anche se con gli occhi di oggi può sembrare una “ balla “ riproporlo ma quando si vanno a scrutare quei contratti  al fondo un segno di croce e due testimoni…altro che balle !

Per fortuna storica dei contadini e del popolo che si andò a formare , a Jacurso non si realizzò mai una condizione sociale di proprietari in parte dovuto a quei primi che, risaliti dalla zona jonica, per essere pastori e contadini cercavano solo pascoli e terra irrigua per vivere e successivamente in quanto, quei pochi fuochi diventati un Casale , divennero possesso del vicino Feudo di Maida . Nella storia sul feudo si racconta di quanti notabili in cerca di gloria ruotassero attorno al potere delle famiglie del tempo (Caracciolo, Loffredo …). Questi personaggi in area della “ noblesse oblige “ azzardavano tanto pur di entrare nelle grazie del Feudatario anche perché la classe più elevata di questi fedeli veniva scelta e formata tra uomini o donne che attorniavano la Famiglia e , quindi , ne difendevano i suoi interessi oltre ai propri . Questi fedeli, avrebbero ottenuto dal loro Patrono il “ mantenimento “ e spesso anche regalie che dovevano però restituire se avessero rotto il rapporto di fedeltà.


Il rapporto privileggiato si istituiva e si ufficializzava con un giuramento ponendo le mani nelle mani del patrono, il quale dava un dono quale riconoscimento del vincolo che s'era così formato fra essi. Vincolo che importava per il fedele l'obbligo della lealtà e per il patrono quello della protezione. I doni che il patrono dava al fedele vassallo potevano consistere in oggetti mobili, ma anche in terre, che venivano concesse in donazione col nome di benefici.

Dentro ogni Feudo è da immaginare , allora , come i salotti del conte o del principe, tra il vorticare di drappi e mantelli, venissero sempre frequentati da adulatori ove si consumavano passioni e ripudi e , a volte , anche tra        " puzze " e profumi si progettavano promozioni e si concepivano eredi , lasciti e regalie. E così , ancora nel presente , le carte catastali riportano a testimonianza come in quel passato non lontano, tante proprietà nell’odierno territorio di Jacurso siano appartenute a famiglie di Maida , dove per famiglia si potrà intendere sia il maschile che il femminile che si annidava tra quei legami parentali datisi forma in quel periodo storico.

La sorte del Casale cessò solo nel 1811 quando fu Gioacchino Murat a concederci l’identità comunale e quindi un territorio. In queste poche considerazioni dovrebbe stare la lettura della mancata esistenza a Jacurso di proprietari e possidenti e quindi il difetto di palazzi e portoni patronali che si riducono a pochissimi casi.

Ecco perché il contadino di jacurso restava curvo sugli ossequi e sulla schiena piegata dalla zappa e quanto “ rociava nella sua testa la preoccupazione assillante di una vita corta, consumata dal lavoro e trascorsa ogni giorno allo stesso modo come di seguito si tenta di esporre . Doveva allevava qualche animale , capre e pecore, galline e conigli , la vacca e il maiale, e lo faceva unicamente allo scopo di integrare il magro reddito che riusciva a realizzare nell'arco dell'anno lavorativo. Le poche pecore gli servivano per la lana e per il formaggio .                           Il Formaggio ,in parte , poteva essere venduto mentre la lana grezza e poi cardata, filata e fatta tessere sarebbe stata necessaria per vestirsi .

Le uova prodotte o covate dalle galline erano destinate al mercato e alla riproduzione come pure qualche verdura che di ritorno ogni sera portava in paese, quando ce n'era. A primavera le chiocce covavano e , al mese , venivano nidiate di pulcini che nell'aia e tutt'intorno non si sentiva che il pigolio di una massa di quei pio-pio dai variopinti colori, in continua agitazione e sempre in cerca di chicchi, vermi e insetti da mangiare. I gatti osservavano sornioni e qualche volta qualcuno dei imprudenti veniva accoppato, reo della complicità per esser andato troppo vicino a quei “ faccio finta di dormo non dormo “ alla ricerca anch’essi di che nutrirsi.

Molti di quei pollastri venivano venduti a chi intendeva allevarli. Altri, i galli, si lasciavano crescere perché si trovassero a Natale col peso ideale per essere venduti o regalati al padrone , al medico … . I colombi facevano comodo come carne tenera per i parenti ammalati e soprattutto per le donne che avessero partorito da poco.

Il contadino , pertanto, li alleva, li avanza a crescere e difficilmente ne mangerà qualcuno. Quanto ai pochi maiali , in autunno sceglierà chi più si presta ad essere ingrassato e dopo averlo fatto castrare , lo metterà all'ingrasso, perché a Novembre arrivando col peso giusto per essere macellato e venduto, diventerà utile a mettere da parte qualche soldo per la famiglia e , in particolare, per le figlie da “ ndotare “o maritare. Altri ,invece , “ Salvati “ appena prima o dopo natale , sarebbero diventati oggetto di vendita o il supporto alimentare alla famiglia per un intero anno.

Quanto al lavoro le condizioni erano pesanti perché non veniva escluso quello notturno che, in aggiunta al giornaliero si rendeva necessario per esigenze particolari come per irrorare le colture erbivore o mietere l’erba al chiaro di luna per le vacche senza sudare quanto surante il giorno.

Al tempo dei raccolti

Al tempo del raccolto i poveri contadini consegnano il grano al proprietario e , quando la raccolta è florida essi riescono a trattenersi parte del prodotto per la nuova semina e per il vitto .Cederanno qualcosa ai commercianti di grano per liberarsi dai debiti contratti durante l’inverno, per vivere e seminare. Orzo , avena , ceci, fagiola , lupini faranno comodo per il consumo alimentare ma buona parte sarà utilizzata per l’alimentazione degli animali. E della famiglia.

A volte, per il risicato bilancio familiare, si doveva ricorrere all’allevamento del baco da seta ma le fronde dei gelsi non erano nella disponibilità del colono essendo le piante possesso del proprietario che poteva vendere le fronde o barattare con il suo affittuario. Quando si rendeva possibile , il colono – contadino preferiva , pertanto farsi una giornata “ alla scarsa “ per altri proprietari compiendo lavori come la potatura , il rincalzo dellvigna , la zappatura, la mietitura , la trebbiatura .

Tra la fine dell’800 e i primi anni del 900 si ripetono , purtroppo , eventi climatici che comportano ai contadini annate rovinose e quando diventeranno più frequenti, causeranno il fallimento di non pochi coloni che rinunceranno anche alla mezzadria dei terreni.

Tempi di Raccolti e Mietitura. Noblesse , a volte finte o vere , si portavano al sole del mare

 

L'Agricoltura nella Storia Locale

La campagna ha bisogno di bracciali e contadini e le famiglie sono abitualmente numerose e composte da sette-dieci figli cosicchè in ogni parte, non soltanto cresce la popolazione ma crescono anche le esigenze elementari come il mangiare e vestire. Due principi basilari per vivere nel sollievo di una autogestione famigliare che potesse consentire di lavorare e di vendere i prodotti della terra sul valore del possesso del podere . La terra ,sino a tutto l’800 diventa e potrà ritenersi una sicura sorgente di ricchezza. Anche perché non è che si conoscessero attività produttive alternative all’agricoltura cioè ai beni che la terra potesse offrire almeno nella nostra società di quel periodo.

Rimarrà , pertanto , fondamentale il concetto che la libertà personale o familiare non potranno non poggiare che sulla libertà economica, garantita, principalmente, dalla proprietà della terra. E così sembra essere stato sino ai primi anni del ‘900. A Jacurso un ruolo importante lo svolgerà il “ Monte Frumentario “ e la “ Cassa di Prestanza Agraria dove , in entrambe , non mancheranno gestioni poco corrette a carico dei Rispettivi Presidenti e Segretari .


Sipendinii  -  I pendìì per i Piani di Vena - Terra di Lavoro


I Contratti Agrari

 

 

 

 

Per conoscere la realtà di quel mondo contadino è stato necessario ricorrere ad alcune nozioni sui Contratti Agrari . Contratti ben pensati e articolati dai possidenti e proprietari che quella moltitudine di contadini, per campare , era costretta ad accettare nei ruoli di generico contadino , mezzadro , fittavolo, campagnolo , forese…

Tra le diverse condizioni basta riportare quelli dei contratti più consueti quali : Affitto – Mezzadria – Colonìa parziale e la Soccida. La soccida era poco praticata al vezzo di rapporto coi proprietari mentre abbastanza diffusa era la pratica del pascolo nella zona montana , spesso abusivo , a volte tollerato ma controllato dalle guardie campestri che conoscevano a palmo il territorio nei i limiti della proprietà comunale e di quella privata spesso per ragione di opportunità personale.

L’AFFITTO: gli elementi più rilevanti consistono nella concessione in godimento del terreno e nel pagamento del canone da parte dell’affittuario, che deve mantenere la destinazione produttiva agricola del fondo. ´

Con causa associativa è LA MEZZADRIA: il proprietario concedente ed il mezzadro si associano al fine di coltivare un podere, per poi dividersi gli utili secondo quote stabilite dagli usi. Il Padrone del fondo accorda al contadino la conduzione del podere con annessa l’abitazione ( per il mezzadro e la sua famiglia) , che invece garantiscono il solo lavoro. ´

LA COLONIA PARZIARIA: anche in questo caso vi è un intento sull’utilizzo del terreno in cambio del lavoro, anche se in forma più elementare, poiché il concedente non concede un’abitazione al colono che , pertanto , non ha l’obbligo di abitare il fondo da coltivare. A jacurso saranno chiamati “ Foresi “ rientrando ogni sera all’abitazione di paese .

LA SOCCIDA con conferimento di pascolo: contratti pertinenti l’allevamento di bestiame, in cui il soccidante concede il terreno per il pascolo mentre il soccidario aggiunge il bestiame e il lavoro . Non erano numerose ma esistevano mandrie di animali misti. Pecore , capre , asini e maiali allo stato libero col mandriano.

Ci eravamo lasciati ai primi anni del novecento e quelli a seguire (dell’ultimo dopoguerra ) per diverse concause cominceranno a segnare la decadenza delle attività agricole sopraffate da nuovi modelli di economie. Crescerà il deterioramento dei fondi ed oltre alla povertà anche l’alta mortalità, causata da una serie di malattie infettive che si ripeteranno per le poco igieniche condizioni in cui si vive.Tifo, polmoniti , vaiolo e malaria saranno malattie mortali in giovane età anche se la vita media era ancora segnata prossima ai cinquant’anni.

Ai contadini non basta mai la fatica che la terra richiede cioè non sono più in condizione di condurre i fondi in mezzadria ,fitto o altra forma i terreni altrui e di fatto saranno costretti a lavorare alla giornata per le terre dei proprietari come nelle terre di Arcomanno . Durerà all’incirca sino agli anni cinquanta . Poi la speculazione e lo sfruttamento all’origine dell’occupazione delle terre più lontane del crotonese ma anche quelle vicine di Arcomanno nel Lametino .

 

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Seguiranno : I lavori ad Arcomanno e la Comunità Contadina -

Le Lotte per la Terra  ad Arcomanno.  I lavori femminili





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Red.    Dastoli- Casalinuovo - Notaris -  Mazza