Baliatico -Frutto di Amori il-Legittimi

Le Strategie degli Abbandoni

Nel precedente articolo sono stati affrontati i temi e gli aspetti della società jacursana , con più riferimenti all’ottocento, che per la maggiore riguardavano la società contadina .

Questo lavoro nasce dall'incontro di due temi e indirizzi di ricerca che ampliano, invece, le nostre conoscenze sul fenomeno dei figli abbandonati e delle condizioni economiche sociali che le generavano .

 

Alcuni aspetti dell’abbandono sono poco conosciuti e tra essi quello relativo alla identità degli espositori.

 

 

il-Leggitimi

Come appare nella parte finale del titolo Il – Legittimi è volutamente provocatorio. Dietro l'infanzia abbandonata ,infatti, nella prima parte del Novecento, non si nascondevano più, unicamente, il segreto di un figlio illegittimo e la difesa dell'onore.La povertà aveva già limitato la possibilità di sostentamento all'interno della famiglia prettamente agricola / artigianale di Jacurso e l’emigrazione era apparsa l’unica alternativa a quella vita che cominciava a manifestarsi insostenibile.

Si stava con le valige pronte per cui era necessario essere liberi e pronti a scaricare (se necessario ) sull’assistenza pubblica il peso degli elementi più deboli e ingombranti, i  neonati.

La manodopera femminile era più richiesta di quella maschile ; le briglie ,i canali irrigui, le case " utilizzavano " molto lavoro femminile.Le donne maritate speravano, emigrando, in un lavoro più leggero , meglio remunerato e più indipendenza. Lo sapevano ed emigravano allora per lavorare e non per crescere figli.

Anche per questi motivi si ricorreva ,pertanto, all'ospizio degli esposti, l'unica istituzione che le potesse aiutare concretamente a risolvere la contrapposizione tra la maternità e la necessità di vivere la vita.

 

Nel 1881 veniva istituito il Brefotrofio di Catanzaro con tre case subalterne a Nicastro – Monteleone e Cotrone. Fatta eccezione per Cotrone ,troppo lontana, gli altri tre ,in più circostanze, ospitarono i bambini abbandonati di Jacurso per indisponibilità degli altri Istituti.

Il comune era  inserito nel circondario di Nicastro e nel mandamento di Cortale per cui era designata all' accoglienza la casa di Nicastro. In qualche documento troveremo ,pertanto, citata la questura di Cortale o la Stazione Carabinieri di codesto Comune.

Nella struttura di Nicastro trovavano accoglienza tanti figli abbandonati che ,essendo il fenomeno molto diffuso , ospitava  quelli provenienti da un comprensorio legalmente deliberato .I proietti venivano abbandonati con la complicità del buio e preferibilmente alle prime luci dell’alba .Per facilitarne il ritrovamento e salvaguardarli da altre insidie che citeremo appresso.

Questo procedere denotava indubbiamente che l’atto , compiuto per necessità, non annullava la sofferenza della madre come in altri casi quando questi sfortunati ,abbandonati senza alcuna attenzione , venivano rinvenuti morti o peggio deturpati dagli animali.

Nel nostro comune riscontriamo che i ritrovamenti avvenivano sempre di buon mattino e pochi risultano quelli “ snaturati “ ( abbandonati alla perdizione ,cioè con poche possibilità di salvarsi ). Pochi ma ci sono stati e non sarà lasciato il "buio" su tali episodi ,anche se costa narrarlo.


E dopo il ritrovamento ?


Seguiva il riconoscimento all’anagrafe comunale e ,per norma ,il bambino/a veniva affidato ad una delle balie disponibili. Le Amministrazioni locali ,come si può osservare dalla documentazione, disponevano di balie temporanee al servizio del comune.

Per il loro servizio si provvedeva ad aggiornare un elenco nominativo di donne in condizione di allattamento che potevano assolvere per questo baliatico a pagamento.


Il Baliatico

Potrebbe essere interpretato in almeno due modi

  • il bambino dato a balia.

  • compito della balia e salario a lei corrisposto


Nel primo caso poteva capitare che una donna, mamma da poco, si trovasse nella condizione di non soddisfare la fame del neonato e allora bisognava ricorrere ad altra donna ( che  già allattava di suo ) e disponeva di latte ,anche,a sufficienza . Si originavano ,così,i fratelli o sorelle di latte


Nel secondo caso , invece, la donna che nutriva ,oltre al proprio un neonato non suo ,svolgeva questo adempimento per essere poi remunerata .


Con il passare del tempo si andò sempre più diffondendo l’usanza dell’allattamento mercenario (balia), soprattutto come sinonimo di prestigio e convenzione sociale. E proprio in questo contesto che molte voci autorevoli si alzarono per sostenere, difendere ed elogiare l’allattamento.

Il fenomeno degli abbandoni era molto frequente ,però, e dopo i primi interventi delle Amministrazioni Comunali ,attraverso il servizio di Baliatico, si faceva ricorso alla disponibilità degli istituti idonei per il ricovero di questi sfortunati bambini/e .

Di Monteleone ,Nicastro e Catanzaro ,essendo quello di Cotrone (così prima ) troppo distante da jacurso ,erano gli istituti ai quali si procedeva per l’affidamento.

Poteva però capitare che si ricorresse direttamente alla “ Ruota “ ( Rota ) di Nicastro o Catanzaro. Si abbandonava cioè “ l’esposto” ricorrendo alla “Ruota degli esposti “ adagiando nel tiretto di questa il neonato e facendola  poi girare . Era l’addio per sempre. Muovendo, la ruota produceva uno scampanellio che informava l’addetta di un nuovo abbandono.

A volte, però, le cose non andavano a buon fine e si rischiava di perdere il viaggio. Già per Nicastro il percorso da fare non era agevole e per Catanzaro diventava ancora peggio.

Bisognava attraversare il Pesipe e solo nei mesi estivi , mediante larghi massi pietrosi era possibile il passaggio a piedi. Col carro o col calesse si guadava, invece, in determinati altri posti .Tra andata e ritorno per sbrigare “ un affare “occorreva un giornata per Nicastro. Per Catanzaro ,invece, due giornate ed un pernottamento.

Senza comunicazioni stradali e trasporti ,prima degli anni cinquanta la comunicabilità e gli scambi di qualunque sorta erano davvero complicati. La “vianòva era stata “ mbricciàta nei primi anni del dopoguerra migliorando la carreggiata della Consortile Borgia – Curinga “ mentre per il telefono stava per essere posata la rete interna insieme alla costruzione di altre due importanti opere: la rete idrica e fognaria.


Era il 1967 dell’Amministrazione socialista Dattilo – Dastoli che per un ventennio ininterrotto amministrerà il Comune come era già capitato, tra ottocento e novecento ,ai  Bilotta.

Fu realizzata la rete telefonica interna ,migliorata e ampliata la pubblica illuminazione e di seguito costruita una provvidenziale rete stradale che univa tutte le contrade e quelle montane in particolare .

Non fu un vanto politico ma un successo sociale che migliorò la vita nel centro abitato e quasi subito nelle zone rurali che con, l’ausilio delle nuove infrastrutture , i residenti acquisirono nuova dignità di cittadinanza potendo accedere a quei servizi essenziali quali l’acqua, l’energia elettrica, i trasporti e la mobilità ,gli scarichi fognari, la viabilità, l’uso del telefono e della televisione che di fatto mutarono il modo di vivere colmando antichi vuoti strutturali e le stesse condizioni di vita.

Più Igiene , Assistenza Sanitaria e soprattutto Servizi alla Persona che miglioreranno la condizione della donna in particolare .

Col senno del dopo corre l’obbligo morale ,dunque, di ricordare come eravamo e come diventammo .  Le donne continuarono a partorire ancora in casa ma con più igiene , sicurezza e meno rischio .

Volendo , con la nuova viabilità, anche in ospedale. Sempre le donne divennero ,poi, protagoniste in alcuni momenti di delicati mutamenti sociali e politici e in questo periodo le giovanissime acquisirono più conoscenze , utili a gestire anche la propria sessualità.

Da tempo , ormai ,erano finiti anche gli abbandoni e le gravidanze non volute.

Avevamo lasciato lo sventurato infante in balìa del destino a Nicastro .Da dove accompagnatrice e bambolo avrebbero fatto ritorno in attesa di un nuovo tentativo mentre a sera , già faticosamente, si mugugnava al focolare per come sbarazzarsi di quel fardello a cui restava, come unica via d’uscita, l’esilio.

Capitò che ad accompagnare una neonata alla Ruota fosse la mamma della ragazza . Comprensibilmente, adirata per l’onta subita a seguito della gravidanza della figlia che ,in una società ancora mentalmente chiusa , non le consentiva di procrastinare quella sofferenza con il frutto della discordia tra le braccia .

Poi ,di buon mattino, la scorsero ripartire con quell’unico postale per Catanzaro . Quanti la videro salire impacciata ,non mancarono di osservare lo scialle ingombrato e il pensiero si diresse verso quella creatura infagottata .Con un filo di pietà seguirono quel “postale “che li portava via.

Una delle due sicuramente sarebbe tornata con le stesso postale .Dell’altra non si sarebbe saputo più nulla, forse .

A Catanzaro, disse , bastò adagiarla in un specie di tiretto e dare una manata al piccolo battente di quel congegno. Chissà dov’è ,chissà la vita che avrà fatto! Commentò la commare ... senza commozione  e tanta curiosità!

E per un altro caso non si sa se …Andò male o andò bene ! Non si saprà mai dare una risposta giusta …ma a vita fatta …ora che ha tanti anni da raccontare …pensiamo le sia andata bene.

La ragazza-mamma, fidanzata da sposarsi ,si ritrovò ad aspettare Lei… concepito/a (allora non si sapeva) ,purtroppo, quasi tra le mura amiche. Tra liti ,tragedie familiari e abbandoni , la situazione dolorosa si consumò alla fine con il matrimonio.

L’illegittimo/ma sarebbe finito/a alla ruota. Niente abbandoni. L’anonimato stavolta non era possibile. Era spuntato ,si disse, un fucile  per mettere a posto le cose ...  o    ..... o  ...'regulatti !            Venne al mondo una bambina (Lei ) e ,come concordato, fu spedita tra gli illegittimi a Catanzaro. Ma quel giorno la ruota ........non girava …per tutto esaurito !.

L’accompagnatrice non tornò sola , si riportò la bambina e la riconsegnò…alla mamma della ragazza …che la tennero per decidere .

Non seppero più che fare e quella bambina restò in casa cioè in famiglia. Furono deposte le armi  e poi arrivarono altri figli.


Cosa erano i Brefotrofi

Questi “ soccorsi “ erano sorti inizialmente come “assistenza caritatevole “ gestite da religiose, monache di casa , balie monache e con tale impostazione si protrasse sino al 1924 quando, con l’avvento del fascismo furono modificati i regolamenti interni nonché il tipo di educazione promossa da quel regime per educare la gioventù fascista.


Chi erano le monache di casa o le balie monache .

Le prime potevano essere quelle donne che ,non avendo contratto un matrimonio ,con l’avanzare dell’età vivevano un’esperienza sui generis di vita religiosa nella propria casa. Erano indubbiamente votate alla bontà ,caritatevoli , disponibili all’assistenza di bisogno e il più delle volte si dedicavano a insegnare l’arte del ricamo o robe simili .

Le balie monache potevano essere ,invece, quelle donne sposate con uno spirito religioso , caritatevole , molto aperto e pertanto disponibili ad allevare un bambino abbandonato (unitamente al proprio, nel caso si trovassero con un figlio/a  da allattare ).

A Jacurso ,come altrove, alcuni sono stati ( e lo sono ancora ) fratelli /sorelle di latte .Nutriti con il latte della stessa mamma ,simbolicamente diventavano fratelli .

Non esistevano ovviamente i prodotti alimentari alternativi per i neonati come il latte in polvere o sterilizzato in bottiglia. Quando si era fortunati si poteva far ricorso anche al latte di asina ma in un paese con più asini che persone ,le femmine di questo animale saranno state un paio.

Trovarle poi col puledro da allattare significava essere fortunati . Il latte di asina era compatibile con quello delle donne. Così dissero.

Oggi nascono pochi bambini, a Jacurso neanche pochi , gli anziani non possono “ farli “ e neanche riescono ad accettare questo stato ricordando che “ in quell’anno ne erano nati quasi cinquanta “.


Prima di essere ospitati in una di quelle strutture i bambini abbandonati dovevano essere registrati all’anagrafe del Comune . Il bambino/a veniva portato dall’ufficiale di anagrafe e più o meno il cerimoniale e la dichiarazione era del seguente tono :



Atto di Nascita


Numero di ordine: venti


L’anno mille ottocento cinquantasette il di Decennove del mese di Agosto


alle ore undaci avantidi Noi Francesco de Vito Sindaco e ufficiale dello stato civile di Jacurso ….Provincia di Calabria Ultra Seconda , è comparso Giuseppe Tassone …. Figlio di/fu Francesco… di anni trernt’otto di professione Eremita ..


domicialiato in Jacurso.. quale ci à presentata … una bambina proietta secondo che abbiam ocularmente riconosciuto, ed à dichiarat che la stess è nata da madre incerta di anni -------------------domiciliata ---------------- -------- e da padre incerto di anni ----------------- di professio- ne ---------------------------- domiciliato ------------------------------- nel giorno Dicedotto del suddetto mese alle ore due di notte nella casa uscio della porta della chiesa di Santa Maria ov’ agli casa d’eremita sita vicino l’abitato di questo Comune ,ravvolta fra laceri cenci venne esposta


Lo stesso inoltre à dichiarato di dare alla bambina Proietta il nome di Maria Devito


La presentazione e dichiarazione anzidetta si è fatta alla presenza di Domenico Graziano di professione bracciale regnicolo domicialiato in jacurso e di Giuseppe Antonio Limardi di professione bracciale regnicolo domiciliato in Jacurso Testimoni intervenuti al presente atto e da esso signor Giuseppe Tassone prodotti .

il presente è stato letto al dichiarante ed ai testimoni,ed indi si è firmato da noi ..mentre l’altri intervenuti dissero non sapere scrivere .

Francesco De Vito sindaco



Nota


Questo Atto di Nascita documenta che a Jacurso esisteva un romitorio dalle parti dove sorgeva l’antico Convento dei Padri Carmelitani che ,a quel tempo, non aveva presumibilmente ancora le navate laterali.


L’ora in cui viene rinvenuta la bambina abbandonata corrisponde al tempo in cui l’eremita abitualmente si alza e mette in essere le sue attività. Nella stesura dell’atto si nota la grande diffusione degli analfabeti ,le professioni più diffuse e il posto conveniente per l’abbandono.

Un luogo appartato, l’ora adatta e la certezza del ritrovamento.  L’abbandono ,in questo caso, poteva essere anche un atto di amore .


'romitorio' deriva da 'romito', cioè 'eremita' detto di persona solitaria che si isola volontariamente per concentrarsi nella meditazione e/o nella preghiera. Il romitorio è dunque il luogo dove dimora l'eremita.


Sapevamo della esistenza di un romitorio in questa parte di territorio e l’atto di cui sopra è stato volutamente proposto alla attenzione del nostro lettore che saprà cogliere in poche righe aspetti interessanti del tempo che fu. Saperi  che aggiungono un mattoncino in più alle conoscenze poco note e quindi utili per recuperare memoria ed accrescere le conoscenze, anche antropologiche, che ci toccano da vicino .


Quanto all’Eremita ,per le nostre conoscenze frutto delle ricerche ,non risulta, tra i nati o residenti , alcuna persona nata in passato dal cognome simile . Si deve pensare ,allora , che l’eremita provenisse da fuori e con attendibile ipotesi dall’entroterra jonico con il cui territorio il nostro era ben collegato da almeno due strade montane. Strade che ,a quel tempo ,risultano molto trafficate con vetusti resti di case ,anche imponenti , e da dove l’associazione KaloKrio sostiene siano arrivati i primi Jacòssani.


Con il Dott. Notaris e L’Arch. Conte ( Assoc. Cult.di Cortale) , l’associazione locale Kalokrio sta portando avanti un interessante studio che interessa le vie di comunicazione verso l’istmo e dal territorio montano verso la zona jonica che, alle spalle di Monte Kalokrio ( Contessa ),apriva a Sud un consistente comprensorio ricco di nuclei abitati.

Le Serre in particolare che venivano collegate sulla fascia jonica (Satriano , Soverato,) con diramazioni verso l’Aspromonte.

Taluni luoghi ,in particolare ,destano ancora interesse per certi ordini che hanno lasciato traccia di chiese ,conventi ,romitori realizzati secondo una logica geografica.

L’eremita ,pertanto, non si trova a caso nell’ eremo vicino la chiesa di Santa Maria né tantomeno stupisce l’origine del suo Cognome, estraneo al luogo.


scritte in Latino nei libri e registri della parrocchia agli atti di nascita

 

Anno duimillesimo ottigentesimo quinquagesimo sexto die 3 octobris jacursiis Ego babtizavi infantem natum ex incognitis genitoribus,cui                                                                               impositum nomen Ernestus Franciscus deVito : Matrina Marianna caliò et at fidem                                                                  // Rephael Torchia Archip.v Curatus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ad accogliere un nuovo nato ,nel passato ,non erano sempre carezze, tenerezza e amore . A volte divenivano lacrime o vergogna, o essere motivo di miseria e abbandono.

 

 

È questo il dramma che ebbero come protagonisti i “figli di nessuno”, gli esposti, i trovatelli, i bambini abbandonati che, tanto tristemente, caratterizzavano la popolazione del passato.

L’esposizione dei figli indesiderati, vale a dire l’abbandono dei neonati alla carità religiosa e alla pietà pubblica, era molto diffusa nelle società dell’ottocento e del primo novecento tanto che si resero necessari sia gli istituti di accoglienza che l’interessamento delle amministrazioni locali per le prime necessità.

A jacurso ,come altrove, l’abbandono di neonati era normalità ma ci siamo imbattuti ,anche, in un caso di infanticidio mentre non si sa quanti altri siano rimasti sconosciuti o taciuti.


La mamma (che riesce a pensare a cento figli ) …tu! Siediti a lu” fhocularu”,    tu a lu scàlune            …A’ttìa nu pajhùne de minestra          …a ‘ttìa ‘nu pìazzu de casu      e a ttìa la fhrìittàta de arzira

 

  • I proprietari (padri e figli) vigilavano il lavoro dei coloni , i guardiani dei grossi proprietari stabilivano e decidevano turni,pause ,trasporti ,luoghi , tipo di lavoro e nel contesto, si creavano comprensibilmente complicità , preferenze e favori.

    In particolar modo ,ad esempio, la raccolta delle olive o la mietitura del grano erano le circostanze favorevoli acchè si creassero situazioni di particolare convivenza come quando si dormiva in “pagghjialore “ nei pagliài .

    Come poteva ribellarsi una faticatrice al figlio del padrone .E la bella povera contadinella osservata speciale del guardiano.

    L’abbandono maggiormente diffuso era comunque dovuto alle origini illeggittime cioè bambini nati da madri nubili o da “donne libere “.

    I bambini venivano abbandonati nei primi giorni di vita ma quasi sempre subito dopo il parto e siccome a jacurso non esisteva una ruota per l’acccoglienza ,il più delle volte l’abbandono veniva attuato durante la notte o le prime

    Le cause dell’abbandono ? Erano molteplici e potremmo riassumerle così:


    • Malformazione fisica

    • Frutto di una violenza carnale

    • Frutto di una relazione illecita

    • Frutto di un incesto

    • Problemi economici (povertà, angustie abitative)

    • Problemi patrimoniali (per non frazionare il patrimonio famigliare)

      Il destino degli esposti era variabile e riassumibile in questi modi:

    Adozione, per i più fortunati.

    • Manodopera nelle campagne.

    • Morte durante l’esposizione (fame, freddo, eventi naturali, animali randagi)

    • Sparizione con l’emigrazione

    • Prostituzione

      Giorni fa in una di quelle trasmissioni con buoni indici di ascolto, si parlava di figli abbandonati e a farlo era una signora che , trascorsi cinquanta anni, sapeva solo ora della mamma in clinica per mettere al mondo un figlio/a .

      Tornando a casa disse all’allora bambina che purtroppo la sorellina ,tanto desiderata , era morta .

      Qualche anno fa ,diventando nonna ,in un attimo di particolare emozione confidava alla figlia che quella sorellina non era morta ma non si era sentita di accettarla e quindi l’aveva abbandonata.

      Lei è riuscita a rintracciare questa sua sorella (adottata da altra famiglia ) che al cospetto della mamma vera ha sfogato i suoi sentimenti molto travagliati rimproverandole con veemenza quella decisione.

      Il bambino abbandonato

      Questa storia ha inizio nella notte dei tempi e a tutto oggi il fenomeno non è regredito anzi è divenuto ancor più brutale quando vengono ritrovati nei cassonetti “dei rifiuti “. A distanza di secoli, pertanto ,ancor oggi il bambino è vittima di ogni sorta di violenze anche se non mancano severe leggi internazionali che lo proteggono e sanciscono i suoi inviolabili diritti.

      In una comunità piccola come Jacurso ,le ragioni degli abbandoni non erano difficili da comprendere in quanto i rapporti interpersonali non erano sempre rose e fiori ,carezze , tenerezza e amore.

      Divenivano lacrime ,solitudine, indigenza , disonore o potevano peggiorare alcune condizioni già critiche . Accudire un nuovo “ intruso ” in una famiglia numerosa significava, ad esempio ,sfamare un’altra bocca e allora il ricorso all’ abbandono poteva essere solo ritenuto un figlio legittimo e non voluto.

      Si viveva in spazi limitati , si dormiva in una “ jhiacìna (leggiamo letto ) abitualmente tra testa e piedi e a volte la casa era appena un monolocale ( leggi una stanza ). Nella zona antica del paese esistono ancora quei vicoli .Brevi , stretti, bui ed umidi . Anche sei in una stanza era la normalità.

      In campagna era ancora peggio. Si dormiva nella “ pagghjialora” ,per mancanza di spazio .

      La misera condizione di tante famiglie trovava sostentamento lavorando tutti nei campi dove la promiscuità tra uomini , donne ancora giovani e ragazze in età giovanissima stavano alla base del fenomeno di cui si tratta .

      Si diceva “…che a diciott’anni si la fhigghjia ..’no la mariti la scanni “ che tradotto sta a significare che a diciott’anni si doveva essere ( per la donna ) già maritata e con figli o l’avevi a carico per la vita e non si sposa .

      Vivendo in una famiglia numerosa (nove figli ) ci raccontava uno degli ultimi…che a mezzogiorno lu pitittu lampàva “ e ognunu “ rundijiava “ (ronzolava ) aspettando un pezzo di pane.

     

    La complicità della “ Mammana “ cioè della “ Levatrice “ non potevano evitarsi ma queste persone erano state assunte

    Come capitò alla sig,.ra Bilotta che sentendo i vaggiti tipici del neonato ,aprendo la porta ,lo trovò adagiato sul gradino della scala .

    La madre ( o chi per lei ) lo aveva posato avvolto in povere fasce ( stracci nella descrizione ) e tra questi una medaglietta della Madonna . Piccoli segni,cioè oggetti simbolici ,con l’illusione di un futuro ricongiungimento o “un filo d’arianna “ per seguirlo. Di certo un abbandono doloroso.

    In un atto di nascita che interessa un abbandono viene descritta la testimonianza del Sagrestano del tempo …che portatosi alla chiesa per suonare la campanella dell’alba ( la campana de lù matutinu ),trova questo fagotto con dentro un neonato abbandonato.

    In altro documento, al primo mattino, quando il colono tira il secchio da un pozzo scopre ,invece, il corpicino senza vita di un bambino. Nella documentazione si scrive che ….è stato presentato un bambino di sesso maschile e siccome è stato presentato “morto” a questo ufficio non si procede a dargli un nome e si provvede a registrarlo “ Senza Nome “ .

    I posti preferiti per gli abbandoni.

    Tutte le mamme salvo qualche “snaturata “ ( o chi per loro ) come sopra ,compivano questo gesto certamente con la pena di una mamma e si affidavano alla speranza del ritrovamento in caso di un possibile ripensamento .

    Le prime luci dell’alba come orario e poi un posto frequentato. La porta di una casa ,il portone di una Chiesa ,un viottolo di campagna ,la casa di due “sposati” senza figli .Erano ,come detto,gli “indirizzi “ preferiti.

    La Campana de l’arva / sonàu matutìnu

    Avevano un ruolo importante in questa triste vicenda le rispettive campanelle delle due Chiese .

    All’alba era il segnale per i foresi contadini che era il tempo per l’inizio di una nuova giornata in campagna . Per gli artigiani quello di portarsi sul posto di lavoro mentre per gli zzappatòri la campana del l’arva l’acchjiappava a ‘sipendìna ‘ntà li corini ‘de Gàlìànu.

    Qualche ora prima qualche bambino era stato forse pietosamente lasciato al davanzale di una casa o alla porta della chiesa .

    Chi rinveniva il bambino era tenuto a farne denuncia al Comune con la dichiarazione del ritrovamento.

    Appena il tempo per l’apertura del municipio e già la voce si era diffusa in ogni casa.

  • Tutti avevano udito , tutti sospettavano ma nessuno sapeva. Ma tutti sapevano e tacevano .Oggi a te domani a me . Tenere nascosta una gravidanza non era cosa facile e ,in un ambito pettegolo come i nostri paesi, tutti sapevano e aspettavano .

  • Forse ,però, non si è detta la verità più semplice ,normale e naturale. Siamo nati per procreare e nella giovinezza gli ormoni lavorano al massimo. Avviene per istinto nel mondo animale mentre negli umani il raziocinio scompagina il senso dell’esistenza

    La ragazza che ,fuori dal matrimonio aveva portato disonore alla famiglia ,pur nella sua chiara condizione di gestante, veniva allontanata dalla famiglia. Riparava da qualche parente o si ritrovava sola con il supporto della solidarietà e della comprensione.

    Non era facile affrontare il parto e quando questo avveniva la levatrice portava il neonato/a in comune per la comunicazione e l’iscrizione nel registro di anagrafe.

    La levatrice dichiarava in questi casi il nome che magari era il desiderio della mamma. Quanto al cognome ,essendo di padre “incerto o “ignoto “ spettava all’ufficiale di anagrafe dare un Cognome.

    Si trattava, in genere , di cognomi troppo espliciti del passato di bambino abbandonato e abitualmente a jacurso furono assegnati cognomi di fantasia, che facevano riferimento a oggetti, piante, fiori, mestieri, luoghi geografici, mesi, ricorrenze, personaggi storici.

    Tra quelli incontrati ,presi a caso, si possono citare …..Macedonia – Giulio Cesare – Tersite – Americo – Giardinello - Villa – Spoletta – Benito .

    L’estro dell’ufficiale di anagrafe era condizionato ,a buon credere, sia dalle sue condizioni psicologiche mattiniere che dal periodo storico. Qualche volta per rifilare la paternità vera, sarà per un cruccio o quale altro motivo, veniva assegnato il cognome del presunto padre che si vociferava dai tavoli della bettola ai pettegolezzi della ruga.

    Qualche anziana del paese confessava che ad una certa età “ ognùna volìa mu si marìta “ e perciò “si dunàva de fhàre” …. a ddìo de la fhortùna ! Nel senso ..ca ddio mi la manda bbòna.

    Nel 1865, con la promulgazione del Codice Civile e con il decreto per lʼordinamento dello Stato civile, interviene un importante mutamento per quanto riguarda lʼassegnazione del cognome ai bambini abbandonati, poiché viene prescritto il divieto di assegnare cognomi ridicoli o tali da lasciar sospettare lʼorigine e sono disposti appositi elenchi di cognomi da assegnare ai bambini abbandonati.

    Na Fhegurejha, na Gugghjiata de fhìlu, un segno, un simbolo per seguire dove andava a finire

    I bambini abbandonati erano spesso accompagnati da un biglietto, dove con grafia il più delle volte incerta si chiedeva di mettere un determinato nome. Ancora più spesso avevano con sé “segni” di riconoscimento: medagliette, nastri, figurine di santi , pezzetti di stoffa, ecc. quasi sempre tagliati a metà e che rivelano la speranza di chi li abbandonava di poterli un giorno riconoscere e magari riprendere.

    Questi bigliettini, questi “segni” lasciati tra i cenci di questi neonati sfortunati ci inducono a chiederci se lʼ abbandono  non sia stato molte volte un estremo gesto dʼ amore.

    Proprio per lʼ importanza che era attribuita ai segni in funzione di sapere che fine avrebbe fatto e magari osservarlo da lontano.

    Per lo più erano povere cose, oggetti che facevano parte del vivere quotidiano (oggetti ) : bottoni, chiavi, medagliette ,un fazzolettino cucito a mano con due iniziali.

    Spesso si ricorreva anche alle immagini devozionali, talvolta tagliate a metà, di San Sebastiano o Madonna della salvazione .

    Più decisa era la volontà di recuperare o inseguire il destino del proprio figlio, tanto più particolare doveva essere la scelta del segnale per rendere possibile il riconoscimento

    Le porte dell’Istituto Vittorio Emanuele ,detto brefotrofio in italiano e impropriamente la “ rota “ a Jacurso , concepito originariamente come rifugio per le madri nubili e per i loro bambini, si aprirono nei decenni centrali dell'Ottocento più spesso per i figli legittimi che per gli illegittimi: "molto di più della metà dei bambini accolti si possono ritenere frutto di nascite legittime o di legami legittimi , abbandonati da improvvidi genitori unicamente per sottrarsi al sacro obbligo del matrimonio e di mantenerli . E di tanto siamo noi, la componente maschile, ad aver commesso il torto.

 

 

Seguirà la seconda parte :

Vorrei conoscere quegli snaturati genitori -  Cognomi estroversi - Dopo gli anni vissuti al brefotrofio


 


 

 

 

 

 

 

tra testa  e piedi

 

Emigrazione .Alternativa per gli illegittimi

registri del 1600 . Expositus

questo Registro conta ben 49 nascite . Più della metà moriranno

Istituto Vittorio Em. di Nicastro

La Balia - Allattamento per danaro