la strina
Nell’ arco di tempo che va dall’immacolata sino all’Epifania , Natale significava un ciclo di momenti religiosi e festivi. Da quella data e sino agli inizi degli anni sessanta , cambiava l’atmosfera abituale in tutte le famiglie e diventava un periodo di attesa .Si aspettava Natale
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Oggi , come si annunciava in qualche comunicazione commerciale, Natale quando arriva … arriva. Cioè arriva o potrebbe essere Natale ogni giorno e con questa premessa cristianamente non arriverà mai. Perché ,per la Religione Cristiana, Natale è solo il 25 Dicembre. Ma quale atmosfera ?
La campanella all’alba,che annunciava la novena, chiudeva la messa mattutina con quel curioso e liberatorio “ ite missa est “ di Don Adolfo che dava il via a caricare le batterie…. Fatte di Tric- Trac e qualche Bomba a muro . Dato fuochi ai Tric- Trac e fatti Trichetraccare , specie all’uscita delle signorelle, queste restavano piacevolmente spaventate dagli ardimentosi amichetti innamorati. Faceva freddo e capitava spesso di osservare i “ Ghiaccioli “ in fila sotto le tegole della chiesa . Si correva verso casa , avvolte ‘ntà li fhorzalettuni , e poi la sera , in ogni casa , cominciavano a circolare le castagne ‘nfornate, i fichi secchi da preparare con le noci e le bucce di mandarino , il vino nuovo - spesso ancora “ agro”- . Si cominciava a preparare perché la fine d’anno era prossima e dopo qualche nota approssimata di zampogna , sarebbero apparsi li “ Strinari “.
Nel Jacurso di fine anni cinquanta , case e “ grupi di Case “ erano piene di gente e un po tutta la comunità contadina e artigianale non è che sfavillava di lire. Per essere stati Casale del Feudo non si potevano vantare né Casati e patrimoni terrieri nè tantomeno capitali monetari.
Qualcuno , per traversie favorevoli, poteva comunque aver credito sia dell’una che dell’altra risorsa e talvolta continuava rimanere brava gente mentre in qualche caso , raccontano, si allungavano le distanze . E ” Vasciati vrujhu ca passa la chjina “ era la rassegnazione di alcuni coloni spremuti da quei padroni. L’ultima dell’anno si confidava nel clima buonista dell’ Epifania, ancora a venire, e attrezzati di organetto , fisarmonica e qualche altro strumento battente si andava per le strade a segnare la fine dell’anno ed augurare il nuovo. L’allegria è sempre esistita dove la condizione umana dovrebbe portare alla tristezza.
Era il modo di esorcizzare il malessere e la maniera per procurarsi qualcosa per chi sentiva il bisogno mentre restava festaiolo per l’aitante gioventù propenza a vivere qualche distrazione.
Cos’e la Strina
La strina è un canto accompagnato da una melodia che si ripete uguale in ogni strofa e che si compie con strumenti molto semplici come la zampogna o la ciaramella, l’organetto e il tamburello. In seguito si aggregarono la fisarmonica con la chitarra e fu tipica in quella Calabria Citeriore che dall’istmo avanza sino ai limiti della Puglia e della Basilicata.
Dovrebbe trarre origini certamente latine e potrebbe risalire al periodo Romano quando Strenna interpretava la dea degli omaggi floreali e dei doni della terra. Era la fine dell’anno il momento propizio per queste regalie e , nel segno della bontà, si porgevano auguri agli stessi dei , tra amici e conoscenti.
Una canto beneagurante per allontanare le insidie del demonio e quindi del male . Riti antichissimi che , per quel che si legge, portano sempre a riti di origini pagane.
Ma com’era “ strutturata “ la Strina e come si attuava nell’abitato di Jacurso ?
Intanto il Gruppo (esiguo ) veniva composto da sonaturi e cantaturi . Come si diceva da qualche parte , gli strumenti erano quelli che abitualmente si imparavano nelle botteghe dei sarti e falegnami . Fisarmonica , mandolino , chitarra e strumenti a battito . Capitava abitualmente che al gruppo si univano altre persone ma solo per partecipare all’ascolto della serenata.
Nta l’aria fhridda si sentìa sonare
N’organettu , na pipitula e ‘ na ciaramejha
Che accumpagnavanu na vuce allegra e mungarusa.
Le famiglie non venivano scelte in modo avventato ma, comprensibilmente , con una certa oculatezza di intenti e dinnanzi l’ingresso si intonavano le piacevoli e ironiche strofe di quel canto . Rimanendo il tempo opportuno davanti l’abitazione si aspettava l’invito ad entrare e stornellavano allegre frasi di augurio.. Quasi sempre erano accettati e fatti entrare con gioia e allegria e , allegramente , si entrava suonando , cantando e , augurando, si indirizzavano lodi e bellezze della padrona di casa .
L’approccio vicino casa
Ohi fhà… ohi fhà
tu ‘a strina’ m’hai de fhà
e si ‘a strina no mi fhài
un mi muaticu di ccà!…
ed ancora
ma nui restamu finu a la matina,
si prima no mangiamu e nun vivimu.
Chi Diu vi manda tanti buani anni
quantu a lu mundu si spandenu panni…”;
“Chi Diu vi manda tanti buani misi
quantu a lu mundu nce sordi e turnisi…
Un bicchiere di vino, na zzippula e il resto ‘nta a “ viertula “ che andava a ingrossare le tasche laterali con formaggio , salsicce , castagne , fichi…a volte una bottiglia di olio e di vino . Prodotti assolutamente locali frutto del benessere di quella famiglia. !
Il tempo restava limitato a quelle poche mansioni come un bicchiere di vino , gli auguri ,i regali e via per altra casa.
E se di quella “ casa “ non si apriva la porta ?
Capitava , alcune volte, che quella porta o portone non si aprivano e che faceva il gruppo dei sonaturi e cantaturi ?
Modificava la strina augurale dando voce e melodia alta a quella di sdegno e gli auguri , cantati maleauguranti ironicamente, presagivano sfortuna a tutta la famiglia:
Sientu nu sgrusciu de lu tavulatu
chi a lu patrune l’avia affucatu…
Sientu nu sgrusciu de lu tavulinu
ca lu patrone s’impiccau a nnu pinu…
Ammianzu a sta casa pende nu lazzu
Chimmu cadi e mu ti smienduli nu vrazzu !
Parole di “ ringraziamento “ , intonate in modo burlesco e ridicolo, mantenevano rima con il clima festaiolo .
E nelle case ? Nelle case si viveva questo momento di euforia collettiva preparando Zzippuli e Turdulijhi , Pittiajhi e Vrasciuali , cucinandu carne de puarcu ancora fhrisca , arrustiandu sazizzu , affejhandu fhormaggiu e inchjiandu fhiaschi de vinu.
Ai crocicchi de li stradi e a lu muru de l’acquaru , a lu strittu o avanti cicciu si sentia nu sulu adduru !
Li Zzippuli su fhatti , la limba è puru chjina, Betta pigghjia li piatti ca fhacimu na bbona strina.
Si spalancava la mezza porta . In casa, rimbalzando da fuori , entrava il suono e il canto dei li Strinari che osannavano e auguravano , Ringraziavano e Vantavano quella casa e la famiglia .
Focolare e braciere ospitavano quei giovanotti infreddoliti e poi una tavolata di bicchierini di Alchermes, Anice rigorosamente preparati in casa insieme all’offerta di Zippuli , sazizzi e formaggio che finivano in una confortante “ Viertula “ .
Poi i saluti scanzonati in rima , gli auguri e via verso altra casa….
Senza esseri chiamati simu vinuti
e li patruni avimu bon trovati
chjini de gentilezza e cortesia
Fhazzu la strina chi ti suolu fhare
si no tieni nente dunami n’amaru
Fhammi la strina e non mi la negare
Ca cu ssu fhriddu no puazzu chjiù campare
Fhammi la strina e fhammila de dinari
Ca ti auguru mu fhai nu fhigghjiu cardinale …..
Stà canzuna è vecchia e vui la sapiti
Speriamu ca v’è piaciuta e puru gradita
Canta lu gajhu e scuatula li pinni
mo vi dunamu la bonasira e iamuninde
E poi finiva tutto con la viertula chjina !
Lu tiampu sta passandu e mo è matina
Tra puacu nui fhinimu puru la strina
Cos’era la Strina ?
Semplicemente la natura innata della gente di Calabria con il senso della Ospitalità e della Solidarietà.
A Jacurso l’ultima Strina , senza sonaturi , venne fatta da Pino Casalinuovo e , forse, qualcun'altro.. Poi più nulla come le farze... .
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