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Ovare Lattaie e Zappaturi

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Zappaturi

Fhranciscu e Fherdinandu , zappaturi di professione, appartengono all’ultima generazione di questa categoria ormai estinta. Questi contadini specializzati hanno resistito sino ai primi anni del ‘900 ,poi , una congiuntura organizzata li ha messi in disuso per sempre  nell’arco di pochi anni. Finiva l’era dei Bilotta , l’età esauriva tanti di loro mentre  l’emigrazione allontanava dalla terra i giovani rincalzi mai divenuti zappatori  veri.

Il boccaglio riservato a Michele B . , guardiano tuttofare. Disponeva di un " mezzo cavallo " . Un mulo.

Quella locale è sempre stata una società  contadina e l’agricoltura l’attività che ha reso stanziale quel primo nucleo di  jacurzani. Per avere frutti e prodotti dalla terra fu necessario coltivare i campi , avere inizialmente un capanno e disporre di un terreno “legittimato” nelle forme  più semplici .Tutti ,o quasi , disponevano di “ un’anta “  di terra.

 

Arcomanno e Bilotta

Sorsero le prime abitazioni in pietra e quell’agglomerato diventò Casale. L’arnese principale fu la Zappa. Quasi certamente non tutti potevano disporre  di larghi appezzamenti  cioè di un reddito agricolo sufficiente al sostentamento del nucleo  e in tanti diventarono zappatori a giornata.

 

Gli uomini andavamo a zappare le terre dei Bilotta ad Arcumannu. C’era tanta miseria  : Ma chi ‘ssapiti ! Diceva con occhio convincente Fherdinandu. Fherdinando, assieme al fratello Fhranciscu, erano zappatori e basta. Assieme a loro non sfigurava Vicianzu  e nemmeno un’ altro Fhranciscu. Gli altri erano sempre zappaturi ma i primi erano mastri zappaturi affidabili.  La terra non veniva  zappata sempre alla stessa maniera e , per mestiere ed esperienza , i primi   sapevano interpretare bene questo primordiale concetto. Un’anta di terra poteva essere destinata a qualche “ prova “  o per  una diversa semina che, sovente, era necessaria   quale  conseguenza delle “ male annate “  o per la necessità di impostare nuove colture come gli uliveti o i vigneti.

Quella che si riporta è una delle trasformazioni  raccontate da Fhranciscu e il lavoro a farsi necessitava di almeno sei zappatori a coppie. Tre coppie , sei persone di zappatori de puzzu  e avanti un giovane  aspirante Zappatore appaiato ad  uno anziano . Su un terreno da “ Scorciare “ questo tipo di lavorazione era abbastanza faticoso e pertanto la forza giovanile,  che affondava  la zappa per venticinque centimetri , veniva affiancata  dalla maestria dell’anziano che iniziava e completava quella  fase. Era la pelle della terra che si andava a pulire . Tra gli addetti , scorciare la terra voleva dire eliminare le erbacce, le radici di qualche infestante ,rimuoverla il giusto per consegnarla alla forte fibra delle seconde file.

Zappature di seconda fila . " Uamu de Puzzu"

La coppia posteriore , zappatori esperti nonché  “ omani de puzzu”  , sciorijavanu le zolle rimosse ancora più in profondità rimescolando i vari strati . Tanto serviva a migliorare la composizione del terreno dove si sarebbero meglio diffuse le radici delle viti. Perchè dell’impianto di un vitigno mi sta parlando..

Nelle famiglie povere c’era almeno  un uomo zappatore mentre il trasporto di frascame era un tipico lavoro  femminile. C’era un forno e un focolare in ogni casa, l’inverno lungo e bocche da sfamare. La costruzione di una  casa necessitava di un grande massa di pietre che bovari  e carrettari estraevano dal Pilla , dai valloni e dalle zone pietrose. Serra , Pizzi , Giardinello , S. Maria erano luoghi con cave di materiale arenario che ormai , nascoste dal tempo,  esistono ancora  ma non si vedono più .


 

Trasportate con i carri , le pietre venivano “ servite “ ai muratori dentro ai pittari. Ed erano le stesse donne addette a questo tipo di trasloco , negli intervalli tra i carri.  Chissà il collo delle donne  a fine giornata !

Il carro trasportava  le pietre dalla fhiumara e li fhimmini  l’ ammassavano  “ a lu sàrmacu “

Così ci raccontava  tanto ..ma tanto tempo fa   Fherdinandu …

Gli uomini a zappare . Le donne  a trasportare. Il lavoro pesante, l’alimentazione scarna  e magra  .La vita breve.

In fondo , al centro, Vena

Dintorni de " La Vota Tunda " . Il nostro Pilla si immette nel Pesipe e questo nell'Amato

Arcumannu sta sopra  il Pesipe e sotto Vena di Maida . In linea retta    4 Km ma , a piedi , tanto cammino. Almeno il doppio tra  scendere e salire. A piedi nudi. Al Pilla  o al  Pesipe , dove stà la  Vota Tunda   si incontrano i due fiumi, era necessario passare da una sponda all’altra. Le acque non erano alte o eccessivamente  turbolente ma , comunque, in movimento . Due " tratturi "  per attraversarle . Uno per i carri  e , in zona più conveniente, una sorta di passerella per la persona. Lu Travu de Piasipu.

Due file parallele di pietre convenientemente piatte , larghe e sommerse per i carri e una trave, sistemata su pietre, adibito al passaggio delle persone. Si poteva scivolare e finire  in ’acqua", dice Fherinandu . Li “ cazi “ si potevano pure asciugare. Camminando sculavanu , i piedi al massimo si ammollavano ma cadere ,del tutto , in acqua diventava un dramma. Non che che si aveva " il cambio ! " Già  li cazi eranu ripezzati . Chi sapiti li cotrari de 'mò! Il fiduciario dei Bilotta era Michiali B. . Tipo estroverso , un po artista e pure cattivo e traditore. Che arrivava  ad Arcumannu su “ un mezzo cavallo “ che voleva dire Mulo. Certe volte ,non per bontà, ma per farsi " garbu " de lu mestiari che fhacìa  ....regalava un paio d'uova a qualcuno di noi. In Silenzio .A l'ammucciata ! Traditure !. Ogni tantu passava e dicia : " Attìa de l'uavu ". Volendo dire zappa lestu ..lestu . Così gli altri erano costretti a tenere il ritmo !  Malu e traditure !

I Bilotta arrivavano ,invece , su un cavallo vero. Capitava che le donne andassero pure ad Arcumannu quando per la vendemmia  o per le olive. Se dentro lu “ Stavajiuccu “  finiva qualche fico da portare a casa, immancabilmente l’estroso Guardiano si faceva dare il misero panno annodato , lo apriva e faceva scivolare a terra quei due , tre fichi. Qualcuna , intraprendente , metteva a sfida  i fichi  ‘nta lu pìattu “. “ Vidimu si ha lu coraggiu mu mi tocca !.

 

Palazzo Bilotta a Jacurso. E' ancora agibile anche se attaccato dalla ruggine.I Bilotta attaccavano la corda del cavallo

Il Monte Galiano. Sopra  l'altura "brilla " una notevole Torre Eolica. A sinistra  Arcomanno e  , nei paraggi ,  la " Pipizza "

La paga ? Misera come la miseria e lo sfruttamento. Due lire ! E , nel ’50 diventarono cinque.

Eravate tanti bambini e a cosa giocavate ? Abitavo alla Citatejha e da li non si usciva. Ognuno nella propria ruga . Giocare ? Pascolavo la vacca e le capre già da bambino. Ma andavo a scuola ed eravamo trentottto . Il paese era pieno di gente e de Ciucci. Mi sono sposato con …che mi era pure parente . Non sapeva scrivere che a scuola non andava quasi mai. Cioè guardava i bambini , dava da mangiare alle galline e tagliava erba.

Che vita era cioè come si viveva ?

La mia casa aveva l’astracu de terra . La porta  a metà per la luce che di sera per mangiare si faceva col lume a petrolio o la lumera .Ad arcumannu o ai serratore si andava a piedi mentre i più fortunati avevano l’asino o il mulo.

 


LE OVARE


LE OVARE.

Un lavoro fragilissimo . Non era più di un viottolo anche se la Strada Grande , nell’immaginario, prometteva qualcosa di importante. Era una carrabile,  sconnessa dappertutto e in posti particolarmente avversi le ruote dei carri ci stavano appena .Nel mezzo correva un profondo solco scavato dalla  irruenza delle acque  che scendevano veloci e turbolente.

Rafhela

Al ritorno Bettina e la sorella , con il cestone pieno di uova fresche  , avanzavano  in punta di piedi consapevoli di dover mantenere in equilibrio …la testa e il fragile carico .

Jacurso ha appena solo due contrade importanti ma le donne devono raggiungere ogni singola casa di montagna dove le galline, allevate veramente a terra, producono ottime uova.Non solo Bettina e la sorella ma anche  “ li Fhruanzi, che arrivano da filadelfia, commerciano le uova.

La prima a farlo fu Rosalia Pilò , imparentata e prima a piazzare le uova a Catanzaro che raggiungeva a piedi passando per tutte le scorciatoie.

Dopo queste fatiche , quanto doveva costare un uovo a Catanzaro ?

 


Le lattaie


 

Le case di campagna erano abitate più che quelle  del paese. Tutte avevano una stalla con almeno due mucche da latte. I vitelli si allevavano per venderle ai macellai.

Due erano le donne che “ alimentavano di buon latte “ la vicina Maida. Assunta e  Angiluzza .

 

Si  passava casa per casa col misurino a distribuire il latte ancora caldo  dentro un bidone di alluminio.

 

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