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Ce Ne Andiamo

Ce ne andiamo

Può succedere e  capita di dimenticare qualcuno che è stato importante nella vita pubblica . Il mondo della cultura ad esempio , abbonda  di protagonisti trascurati .Persone che hanno dato molto in un determinato periodo storico  e poi  accantonate, colpevolmente, con il passare del tempo .


 

Il poeta Costabile è uno di loro . Testimone del dramma della povertà nel Sud del secondo dopoguerra, vive nel ricordo di pochi nonostante  l’indiscutibile valore delle sue opere .

Chi è franco Costabile.  Un poeta di Sanbiase . Era un po triste , bassino …qualcuno lo ricorda così...   E’ normale associare Costabile  all’epopea dell’emigrazione . Ad essa dedicò versi di rara  potenza espressiva intrisa di tristezza , commozione e rabbia . Ma, Franco Costabile ,  era tanto altro ancora ….

E’ nei momenti di stanca, di inquietudine interiore, di amarezza per un paese in declino e che si va sbriciolando o nelle giornate di sole che ti aprono il cuore alla speranza improvvisa che questa terra possa davvero cambiare .Che mi metto a conversare ad alta voce con i poeti che si sono nutriti della carne e del sangue della mia, della nostra Calabria.


Ce ne andiamo.

Ce ne andiamo via.

Ce ne andiamo

con dieci centimetri

di terra secca sotto le scarpe

con mani dure, con rabbia con niente. […]

Senza

sentire più

il nome Calabria

il nome disperazione. […]

Troppo

troppo tempo

a restarcene zitti

quando bisognava parlare, basta. […]

Addio,

terra.

Terra mia

lunga

silenziosa. […]

Cento volte

ce ne siamo già andati

staccandosi dai rami, […]

Siamo

un’altra volta

la fantasia

degli dei.[…]

Addio terra.

Salutiamo,

è ora.


E’ come se Costabile specchiasse se stesso, la sua storia e la sua poesia nel continuo martirio degli ebrei. « ... Il grido d'angoscia del suo popolo che si è staccato da Geova, dietro al quale essa invoca il ritorno dell'infanzia della sua terra, alla saggezza dei profeti, alla conciliazione, alla pace. E' qui la sabbia dorata dove la sua gente può ritrovarsi una volta per sempre, rifarsi l'anima appesa a brandelli sui fili spinati dei campi di concentramento» : questo scriveva Costabile e come non scorgervi una lontana eco che riporta toni di tragica assonanza con la sua vicenda?

« L'inserimento di colui che abbandona la sua comunità nel piano orizzontale storico - scrive  Magris - è sentito non come potenziamento dell'individuo affrancato da ogni costrizione bensì come indebolimento e lacerazione del singolo, strappato da un contesto di legami e valori sovraindividuali e minacciato nella sua stessa persona, esposta alla solitudine, alla mercificazione, e allo stesso annientamento» .

Non a caso ha osservato il pittore Enotrio che Costabile « ha vissuto in un'epoca di lacerazione e soprusi che profanavano la dignità umana, unica ricchezza allora custodita negli squallidi interni di paesi cariati dagli insulti del tempo e delle calamità naturali, non meno che dalla protervia e dal lenocinio politico» .

Da qui la calabresità profonda e consapevole nella poesia di Franco Costabile e non nel senso "pittoresco" del termine ma nella dimensione poetica di chi sa dare una voce alla storia amara di una gente da secoli sopraffatta ed emarginata e conferire, nello stesso tempo, a questa voce « quella universalità e quella freschezza - come scriveva Cesare Pavese in un suo saggio su Sherwood Anderson - che si fanno comprendere a tutti gli uomini e non soltanto ai conterranei » .

In questo senso la poesia di Costabile, anche se legata profondamente alla storia, alla gente, ai volti, alle sofferenze della Calabria, sa trascendere, grazie alla dimensione lirica che riesce a far emergere dalle immagini, dal fatto concreto o dal dato occasionale.

La grandezza di Costabile, per riportare un'osservazione di Cacciari riferita alla "genialità" del poeta austriaco Trakl, morto suicida a ventisette anni, nel 1914, «sta nel mostrare nella stessa parola e nello stesso colore che essa evoca, nell'articolarsi della forma [ ... ] l'infinito indicibile oltre questa parola e questi colori» .

Anche nel linguaggio di Costabile si rinviene « l'unità inscindibile di parola e silenzio, di visibile e invisibile, di vita e morte - e pertanto - se nessun accento supererà i limiti di questo linguaggio, allora potremo essere certi che questa unità è stata mostrata nella sua perfezione.

Il massimo realismo del « nome delle cose » scopre qui la sua oggettiva disperazione: il non poter sperare di possederle » .

 

Cancellateci

Cancellateci dall' esattoria.

Dai municipi

dai registri

dai calamai

della nascita.

Noi

vivi

Noi

morti

presi

e impiccati

cento volte

ce ne siamo già andati

staccandoci dai rami

dai manifesti della Repubblica.


Costabile è dunque la voce del secolare dramma collettivo della Calabria e dei suoi figli ma senza che ciò, tuttavia, lo porti a perdersi in un'ottica provinciale e datata. Giancarlo Vigorelli, nella prefazione al volume collettaneo, dirà che il Canto « entra di colpo tra i più spietati ed ispirati inni civili dal 1945 ad oggi ».

E come non poteva essere spietato quel Canto se l'esodo biblico, nel quale Costabile si riconosceva come parte di un tutto, aveva ripreso la sua marcia, continua, cupa, instancabile come un fiume in piena?

Basta scorrere le cifre: dal 1952 al 1964 erano emigrati dalla Calabria oltre 545.000 suoi figli diretti verso l'Europa ed il centro-nord italiano .

Come non indignarsi di fronte a quella drammatica epopea che sconvolgeva la vita della nostra gente costretta perennemente a vagare se, anche dopo l'esodo dal paese, « in seguito alla difficile congiuntura attraversata dall'economia nazionale nel 1964-65, molti lavoratori calabresi, licenziati dalle imprese settentrionali, invece di ritornare in Calabria, hanno proseguito il loro viaggio verso il Nord dell'Europa» ?

Grida con asprezza la sua collera e chiama per nome, inchiodandoli alla croce della storia, uomini e istituzioni: i Gallucci, i Ruffo, i Lucifero, i Cassiani, i Foderaro, la Cassa per il mezzogiorno ... La sua rivolta è vibrante ma sorretta dalla comprensione dei processi politici, allora in atto, perché Costabile colse benissimo la portata delle trasformazioni del sistema economico nazionale che aveva bisogno (anche) dei calabresi « bene legati a una vita / a una catena di montaggio ».


Calabria infame

Un giorno

anche tu lascerai

queste case,

dirai addio,

Calabria infame.

Solo

ma leale

servizievole,

ti cercherai

un'amicizia,

vorrai sentirti

un po' civile,

uguale a ogni altro uomo;

ma quante volte

sentirai risuonarti

bassitalia,

quante volte

vorrai tu restare solo

e ripeterti

meglio la vita

ad allevare porci.

(da La rosa nel bicchiere )

Franco Costabile con Ungaretti



Franco Costabile (Sambiase 1924-Roma 1965) è cer-tamente uno dei più rappresentativi poeti calabresi.
Pur essendosi trasferito dopo la guerra a Roma dove
insegna in un istituto tecnico, mantiene con la Calabria un rapporto di profonda "identificazione" che alla fine risulterà determinante nel condurlo al suicidio. Apprezzato e stimato dai critici e dai letterati più autorevoli del tempo, pubblica poesie su riviste di prestigio come Letteratura, L'Europa letteraria, Tempo presente, Botteghe Oscure.

Fra le sue raccolte di poesie, «La rosa nel bicchiere », pubblicata nel 1961, è quella che maggiormente esprime lo spirito più vero del poeta che pur amando intensamente la sua terra, ne scorge con lucidità i segni del degrado e ne denuncia le diverse responsabilità.

E' sepolto nel cimitero di Sambiase e sulla sua tomba sono incisi dei versi scritti da Ungaretti subito dopo la sua morte.

 

 

"Con questo cuore troppo cantastorie"/dicevi ponendo una rosa nel bicchiere/e la rosa s'è spenta a poco a poco/ come il tuo cuore, si è spenta per cantare/una storia tragica per sempre

(Versi di Ungaretti stampati sul ricordino, ora anche sulla tomba e sulla lapide posta sulla facciata della casa natale del poeta).

 

Francesco, Adornato (Cittanova 1952), ricercatore
presso l'Istituto di legislazione agraria "A. De Feo"
in Roma, collabora a QuaderniCalabresi e Città calabria dove ha scritto anche su Franco Costabile mentre, sempre sulla figura del poeta, ha elaborato  un "trattamento" televisivo per la Rai
.

La Calabria ,I Calabresi

Terra di Cristi, terroni messi alla croce. È questa una terra da odiare e amare. Una di quelle che ti prova, ti sconforta, e quando agonizzi, è lì, in quel momento che ti chiede di amarla un’altra volta. Ancora. E ti prende sempre il doppio di quello che dà. Quaggiù, al Sud, si gode e si soffre. Si anela. Si gioisce..... Si vive, appunto, al Sud.

 

 

 

franco casalinuovo   per  jacursoonline  e  Ass. Cult. Kalokrio

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