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Storie da un Matrimonio Riparatore

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Mancavano due ore all’ alba e Bruno  e Anna , con le rispettive mamme e due testimoni, sbucarono da sotto l’arco della Regina  e con passo forzato si avvicinarono al portale della Chiesa.

 

 

 

 

Premesssa

La guerra è finita da poco e si vive nelle ristrettezze che si è costretti ad ereditare . Jacurso è come i paesi vicini , una comunità che campa ancora di agricoltura ma non se la passano bene nemmeno gli artigiani e i commercianti.

Girano pochi soldi  ed è molto attivo il baratto . Le famiglie ricavano quanto possono solo per alimentarsi e poche sono le risorse in termini di  reddito pecuniario. La popolazione ha ripreso anche  a crescere dopo il periodo militare e quanti sono rientrati dalla guerra si sono affrettati a mettere famiglia.

I primi anni ’50 sono però difficili e passerà poco tempo per assistere all’esodo verso terre lontane.

Le bambine vanno a scuola poco, non oltre la terza classe ,aiutano le madri in campagna e imparano dalle mamme a diventare donne. Nel mondo rurale , limitato culturalmente e pieno  di pregiudizi , le mamme vigilano attentamente sulla crescita dei figli e delle figlie in modo particolare. Sono anche tanti i mezzi oscuri  con i quali  si cerca di regolare la vita sessuale dei giovani anche perché non si è preparati e le famiglie con più figlie femmine non è facile gestire .

Le ragazze sono vigilate quando vanno ad acqua , quando attendono a mansioni nelle campagne mentre  le mamme programmano i loro matrimoni con la testa volte alle risorse dell’economia famigliare che di fatto non regge a qualunque esigenza.

I ragazzi sono braccia di lavoro necessari per la conduzione degli animali e delle coltivazioni e non sempre  vengono sostenuti quando hanno in mente una figliola da sposare.

Tra quel tempo e quello di oggi che distanza potrà essere pensata ? Se dei genitori oggi si lasciano intenerire dalle lacrime delle figlie, questo poteva succedere anche in quegli anni ?.

Pur giustificando   sicuramente differenze culturali con i nostri antenati di quel tempo sicuramente  siamo uguali a loro biologicamente e questo dovrebbe farci capire che degli spazi di manovra dovevano e potevano  esserci anche allora.

Nella gioventù di allora gli incidenti di percorso,nel nostro jacurso come altrove, non mancarono a dire dai racconti  e furono pure tanti. Si riparò alla vergogna allontanando da casa le figlie , come voleva un certo comportamento sociale o più praticamente si ricorreva  al matrimonio riparatore.

“ Il matrimonio riparatore sarà fatto alle Cinque  del mattino, e la sposa non avrà diritto al vestito bianco.”

Ma non sempre era un matrimonio riparatore. Il più delle volte veniva proprio organizzato dalle famiglie consapevoli delle difficoltà concrete per sistemare più figlie.

E così con il malcelato “ riparatore “ si alleggeriva il gravoso peso di una famiglia numerosa.

Spettava al sagrestano organizzare la cerimonia religiosa o meglio era il sagrestano ad aprire la porta di accesso al cospetto di Don Vito e poi l’entrata “ piccola “ della Chiesa all’alba  alla quale seguiva quella  della Sagrestia.

 

francocasalinuovo per jacursoonline e kalokrio

 

Matrimonio alle cinque del mattino l dipinto è di  Jean Vignaud e rappresenta Abelardo ed Eloisa sorpresi da Fulberto.

 

 

 

Jacurso , anni cinquanta era anche così. Per Anna e Bruno è un luogo conosciuto

 

Un Matrimonio Riparatore, Don Vito e il Sagrestano

Mancavano due ore all’alba e Bruno  e Anna , con le rispettive mamme e due testimoni, sbucarono da sotto l’arco della Regina  e con passo forzato si avvicinarono al portale della Chiesa.

Non il portone di ingresso per le cerimonie ma la porticina piccola davanti a Piazza San Giovanni . Spinsero con decisione la porta e dopo un rumoroso cigolio  la porta si aprì. Il piccolo corteo di persone avvancalate  entrò titubante dentro quella enorme spelonca illuminata da due fiammelle a sinistra sull’altare maggiore  . Due miccioli di candele che , a stento , restavano accese per il freddo sulla cera.

L’aria che si introdusse  fece tremolare ulteriormente le fiammelle e  le ombre si spostavano con esse  sui muri appena bui. Gli occhi di ognuno cercavano il prete con i suoi paramenti . Come se il Prete stesse li ad aspettarli col sorriso e il benvenuto . Da dietro l’arco ,sollevando una tenda di velluto bleù ,vicino  dove c’era l’organo, si intravide a stento , la figura piccola del sacrestano che con gesti eloquenti sollecitava invitando   i due giovani e le altre persone a prendere posto.

Il freddo che avevano lasciato fuori e che per un momento sembrava avessero abbandonato  lasciava posto al calore di quelle due candele che,  sempre con difficoltà maggiore,  cercavano di illuminare senza riuscirci , l’immensa chiesa vuota  .

Bruno ed Anna ,non sapendo cosa fare in modo goffo  si sedettero dietro un inginocchiatoio  , lasciando dietro a loro   due sedie sgangherate e non due poltroncine  che di solito venivano usate  durante questa  cerimonia. Abitualmente una cerimonia normale  con tanta gente e tanti addobbi  . Per terra nessun tappeto ma il cemento del nudo pavimento scuro e freddo come la cupa atmosfera  che si respirava. Cercarono senza trovarli , occhi amici,  In attesa che entrasse Don Vito  di cui temevano lo sguardo.

Perché Don Vito era uno di quei Preti all’antica , dicevano le bizzocche, che solo  guardando in faccia i fedeli, riusciva a leggere i peccati  che avevano dentro  l’anima e , cosa ancora peggiore , che per sua natura non  era propenso a dare assoluzione.

I più per questo motivo restavano in peccato mortale e prigionieri dello sguardo  ammonitore di quel prete venuto da Filadelfia. Quella mattina , vuoi per il freddo ,vuoi perché doveva unire in matrimonio chi il matrimonio lo  aveva consumato , il suo umore era più nero del tempo che si era lasciato dopo aver chiuso la porta della Chiesa . Portato li , per mediazione del sagrestano,  c’era un solo chierichetto a servire che , dopo aver incrociato lo sguardo di assenso di Pasquale , aveva impugnato un campanello dando forza a uno scampanellio  quanto bastava a  dare attenzione ai pochi presenti che la cerimonia stava per cominciare .

Dalla Sacrestia una palla enorme , una  “ palla de sivu “ dicevano le malelingue , si diresse verso l’altare per celebrare la funzione.

Si fece il segno della croce ed iniziò. “ Introibo all’all’altare deo “ e fu il chierichetto a rispondere “   Ad Deum qui laetìficat iuventùtem meam.  A cui seguì il salmo  …. ... Anna e Bruno  non aprirono bocca ! Perchè non sapevano rispondere  e  per paura che don Vito si accorgesse  di loro  che , gratificati per la loro ingenua felicità, guardavano San Sebastiano  che dalla sua posizione centrale dominava l’altare e il vuoto immenso  della navata dove si stava celebrando Messa . lo guardò certamente Anna che in quel momento cominciava a vedere l’inizio che avrebbe portato alla fine anche il  tormento di Bruno .

Con il capo il sagrestano faceva segno ogni volta che dovevano alzarsi , sedersi o inginocchiarsi ( e lo faceva con gesto accurato  , forse con timore  , conoscendo  “ i rimproveri di Don Vito “ quando non venivano osservati dai fedeli i comandamenti e le liturgie della Chiesa.

Dietro l’organo faceva questi segni con le mani che…. sembrava  uno di quei direttori di banda  che si vedevano dirigere sul palco della Festa alla Salvazione  . Gli mancava solo la bacchetta !. Le altre quattro donne che assistevano alla messa  sedute con il vancale mantenuto  stretto stretto … sulla bocca ,osservavano, con occhi severi , i due scomunicati che avevano sfidato con i loro comportamenti peccaminosi e scirrijavano invidia e compassione .

La cerimonia fu breve e senza passione. Il prete , al momento della omelia girò gli occhi verso la balaustra  dove erano seduti Anna e Bruno e senza  nemmeno guardarli , alzò le braccia e senza un briciolo di umanità  … che vi devo dire !

Che gli doveva dire…  e  con gesto imperioso..in piedi ! E continuò a sermonare in latino. Bruno e Anna si guardarono negli occhi e si rallegravano per lo scampato pericolo ma non con  quegli occhi che avevano accompagnato la conoscenza dei propri corpi ma come quelli  in cui le fiamme dell’inferno avviluppavano le anime dei bestiammatori  e dei peccatori  incalliti .

Ma loro non avevano fatto niente di tutto ciò si stavano e si erano solo amati nel rispetto delle regole che Dio aveva enunciato quando disse : Andate  e moltiplicatevi . Al momento della Comunione Anna avvertì come  un dolore , una fitta che saliva dalla parte del cuore , ma fu solo un attimo  perché  poi, nella sua testa e nelle sue orecchie, sentì cantare il Te Deum  che lei e le sue amiche cantavano nelle cerimonie importanti.

E la Chiesa che fino a quel momento era vuota e fredda  divenne il luogo della sua felicità e sentì la presenza calda delle sue amiche che dietro quelle due sedie  cantavano le lodi al Signore  e c’era pure qualcuna che si preoccupava del suo velo bianco. Il suo velo bianco !!   E  Anna si svegliò dalla sua fantasia che ormai aveva riempito quella spoglia Chiesa con dentro  tutte le persone che Le volevano bene e che  erano andate li per festeggiarla , per augurarle una vita felice e si preparava a risponderle con il suo splendido sorriso.

Non la turbava più quel vuoto immenso della  Chiesa .Lo aveva riempito Lei insieme a  Bruno . La suocera arcigna ,vedendo  il suo sorriso e quella faccia distesa  piena di luce si domandò senza sapersi dare una risposta ! : Chi catinazzu si ride sta disgrazziata ! Ca si pigghjau li miagghjiu vrazza  de la vita mia ! La rabbia per non aver potuto organizzare un matrimonio come era crianza “ prevaleva su tutto e Anna era in quel momento una peccatrice che aveva “ ncatturatu “ il cervello  de Brunu e gli avevano appannato la vista con  la sua accondiscendenza .

 

Ci vollero tempo e na “ greciamagna “ de neputi  per far dimenticare tutto ciò e fu la capacità di Anna a farsi amare  per riuscire a  cancellare da quella testa acida i pensieri  ricorrenti di quella giornata .

 

 

Le giovani figliole vanno all'acqua

 

 

Il Sagrestano ,

Pasquale il sagrestano non era molto alto, di corporatura robusta, coppola o berretta perennemente sul capo, colorito olivastro e la pelle del volto solcata tanto da sembrare “arripicchiàtu”. Caratteristico era il suo naso ,grosso e pronunciato che certamente contribuiva a dare,quando cantava, un timbro inconfondibile e rispettoso ai salmi in latino . Si accompagnava con l’organo a pedale e la sua voce cupa ,potente e vibrante riusciva a dare un senso austero alle funzioni.

Di nascita non era jacursano ma squillacioto da Squillace e tutti lo chiamavano Pasquale lu schijhaciutu. Era capitato in paese nell’immediato dopoguerra  sulla scia dei tanti che si spostavano  a cercare lavoro. E a Jacurso aveva trovato lavoro e formato una bella famiglia.

Sacrestano, portinaio, campanaro, meno che chierichetto, era il guardiano della chiesa. Confratello di tutti i jacursani era benvoluto da tutti per la sua indole mite e taciturna in  un paese dove la vita quotidiana era  ritmata dal suono delle  campane con le quali Pasquale conviveva  dall’alba all’Ave Maria..

«Suono a mano, per 30 minuti ( mezz’ora calcolata senza orologio ) era  un’usanza che risaliva ai tempi in cui le persone non avevano ne orologio ne  il telefono: uno scampanio significava che ad essere morto era un bambino, due scampanii una donna (‘ndin…’ndon ) e tre un uomo ( ‘ndin…’ndon ,’ndon ). Di solito, appena ho finito di suonare,diceva, devo stare in chiesa perché  la gente viene a vedere chi è morto».

Per il funerale, bisognava suonare un’ora prima della messa. Una volta, a Jacurso,  erano quasi tutti contadini ed era necessario avvisarli in tempo per permettere loro di rientrare dai campi e di cambiarsi d’abito.

Predisponeva il tutto in quella piccola anticamera quasi come fosse una vetrina. Dentro quegli armadi pianete e piviali e missali  erano sempre in ordine. Come il Vino e le particole

Anche l’incenso abbondava tant’è che quell’aroma era percepibile anche da fuori. E,  già fuori , si percepiva odore di Chiesa.

Abitava a quattro passi dalla Chiesa ma quella Chiesa e Sagrestia per lui era divenuta la seconda casa.

Gli introiti da sacrestano erano troppo scarsi e gli  scarsi gli imponevano di non abbandonare il suo antico mestiere di “Scarparo “, che non era proprio un calzolaio, cioè a fare  scarpe, ma che si limitava a ripararle, ricevendo molto spesso un compenso fatto di poche uova, un poco di lardo, qualche capo di salsiccia, una  pezza di formaggio, una pagnotta spesso accompagnate da cento duecento lire  che erano quasi una ricompensa giusta.

Era però un uomo di non comune intelligenza e sapeva industriarsi in mille modi per sbarcare il mese. Dopo la prima messa del mattino si recava in giro per il paese facendo gli auguri a chi quel giorno festeggiava l'onomastico.

Pasqual fa ancora parte di quelle  persone, umili, incolte, non prospere  di quel piccolo mondo antico del dopoguerra che hanno saputo   entrare con forza  nelle simpatie e nella memoria di tutti. Perché Jacurso, nel contesto  ,  restava ancora, un mondo circoscritto, senza distrazioni, che ti faceva prestare attenzione alle vicende, belle o brutte, di chi ti stava vicino e che oggi invece nemmeno conosci.

Agli anziani  sessantenni di oggi è toccato di assistere al crepuscolo rapidissimo di questo piccolo mondo colmo  di tradizioni, di valori e di significati. Siamo stati testimoni, più o meno consapevoli, della scomparsa progressiva di questo nostro  piccolo mondo paesano , dapprima tormentato dalle rovine della guerra, poi per sempre trasformato  dal lento e faticoso risorgere del dopoguerra e , quindi  , dall’emigrazione .

Forse è stato il tributo che abbiamo dovuto pagare per giungere, come si vorrebbe giustificare oggi, a una migliore qualità della vita che , se effettivamente è pervenuta a livelli migliori ( pochi per il meridione ), costa un salasso troppo caro  .

Ecco perché mi è gradevole scrivere queste poche  righe, che ritengo siano abbastanza sufficienti a premiare l’ opera meritoria di questa significativa figura  , conosciuta  negli anni da chierichetto , a cui riconosco  un ruolo umano nella vicenda di Anna e Bruno che neanche l’anima caritatevole di un Prete sa porgere al loro sguardo smarrito..

Affinchè  , allora , venga ricordata e considerata nel suo sereno valore.

Di Pasquale si tornerà a dire delle tante storie mentre a  don Vito Provenzano  e don Adolfo  Guzzo , Arcipreti a Jacurso , sarà dato ampio spazio nelle prossime pagine.

 

 

 

francocasalinuovo jacursoonline

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